Questo non è il primo titolo legato all'Egitto che compare su questo blog: di autori egiziani ho già scritto in proposito di "Fame" di Muhammad Al-Busati (la recensione la trovate qui) e del sorprendente "Voci" di Sulayman Fayyad (la recensione la trovate qui).
Autrice: Yasmine El Rashidi
Anno della prima edizione: 2018
Titolo originale: Chronicle of a Last Summer
Casa editrice: Bollati Boringhieri
Traduttrice: Costanza Prinetti Castelletti
Pagine: 150
LA STORIA
La protagonista di questo romanzo è dapprima bambina, poi studentessa universitaria e poi adulta, intenta a girare documentari e a scrivere un romanzo, rimasta per tutta la vita insieme alla madre nella elegante casa di famiglia.
Attraverso i suoi occhi vediamo l'Egitto ed i suoi cambiamenti nell'arco di trent'anni e di tre estati: quelle del 1984, del 1998 e del 2014. L'Egitto si trasforma in questi trent'anni, passando da un Paese reduce della decolonizzazione ad uno dove si avvicendano le dittature, i grandi progetti, le rivoluzioni e le repressioni.
Della protagonista non conosceremo mai il nome, così come non conosciamo quello dei suoi genitori ai quali fa riferimento chiamandoli semplicemente Mama e Baba. Quest'ultimo si è arruolato volontario per combattere contro l'esercito israeliano, per non fare più ritorno a casa; Mama invece è una donna legata all'epoca coloniale, che desidera che la figlia frequenti la scuola inglese del Cairo e che considera la religione ed i suoi simboli un fatto da riservare alla sfera privata.
Man mano che cresce, la ragazza coglie sempre di più l'importanza della politica e del risentimento che cova sotto la cenere dell'apparente tranquillità; diventa una studentessa di cinema, lascia che il cugino Dido le spieghi cosa le accade attorno. E ciò che accade sono le rivoluzioni, le torture per mano della polizia, i giovani che spariscono uno dopo l'altro, in una costante ripetizione delle fasi della storia, che sembra incapace di portare in Egitto un vero e proprio cambiamento.
COSA NE PENSO
Yasmine El Rashidi è una giovane autrice egiziana che nel suo romanzo non dà nome alla protagonista perché possa rappresentare una generazione intera, quella che ha animato la rivolta del 2011, quella che si è vista scorrere accanto, Presidente dopo Presidente, sempre la stessa corruzione, gli stessi fallimenti, la stessa propaganda.
Sono molti i silenzi della voce narrante, molti gli elementi che sceglierà di non raccontare mai, prima tra tutti la ragione della prolungata assenza del padre, che definisce spezzato al suo ritorno. Ciò che la protagonista ci racconta è avvolto dalla nostalgia, da un senso di malinconia che pervade l'intero romanzo, privo di qualsiasi slancio di ottimismo o illusione; l'atmosfera che incombe sulla casa della ragazza e di sua madre, segnata dai lutti e dalle perdite, è tutt'altro che accogliente e rasserenante.
L'Egitto emerge prepotente da queste pagine, descritto nei suoi abitanti e nei suoi paesaggi, nello scorrere del Nilo, nelle architetture che si modificano, nelle strade sempre caotiche, nei mezzi pubblici troppo affollati; dalle pagine emerge il profumo del cibo, la dolcezza dei manghi, il pungente delle spezie; emerge un affresco vivido ed immaginifico, in contrasto con l'emotività dei personaggi che rimane in qualche modo sommersa, sempre controllata.
Non si tratta di una lettura semplice e scorrevole: nonostante sia un romanzo breve e suddiviso in capitoli, richiede un certo sforzo da parte del lettore, richiede a mio parere soprattutto un profondo interesse verso la tematica principale, quella della storia dell'Egitto negli ultimi quarant'anni. Gli appassionati di politica dei paesi arabi in particolare saranno conquistati da un ritratto dall'interno di un Paese assai complesso, attraversato da tumulti e schiacciato dalla repressione, nel quale la generazione dei trentenni di oggi si trova ad affrontare la tortura ed il carcere per aver manifestato la propria opinione e nel quale le sparizioni sono purtroppo all'ordine del giorno. Quello che il romanzo dell'autrice ci mostra in profondità come nessun articolo giornalistico potrebbe fare è il senso di perdita e l'acquisizione di consapevolezza che la generazione della protagonista (e della stessa scrittrice) si trova a vivere, ed è a mio parere il punto di forza del suo libro.
L'ho trovato una lettura estremamente interessante, che ha arricchito la mia conoscenza su un'area del mondo che è stata al centro della mia formazione universitaria; tuttavia lo consiglierei soltanto agli amanti degli autori arabi, per il suo stile molto asciutto caratterizzato dai periodi estremamente brevi, e per via della centralità della situazione storico-politica che rende i personaggi simbolici e marginali nella loro individualità.
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