lunedì 26 ottobre 2020

Riparare i viventi

Ci sono romanzi che scovi all'usato e le copertine sono così attraenti che non sai resistere quando leggi l'etichetta del prezzo e scopri che ammonta ad un paio di euro. È così che ho acquistato questo romanzo, e stranamente l'ho anche letto prima che passasse un'eternità! 



Titolo: Riparare i viventi
Autrice: Maylis De Kerangal
Anno della prima edizione: 2013
Titolo originale: Réparer les vivants
Casa editrice: Feltrinelli
Traduttrici: Maria Baiocchi, Alessia Piovanello
Pagine: 218




LA STORIA

Simon ha diciannove anni e la passione del surf; ha una sorella minore, due genitori separati, una fidanzata amorevole. È di Simon il cuore che aspetta, all’ospedale di Le Havre, di essere trapiantato all’interno di un altro torace: perché di Simon ormai restano solo i suoi organi, il suo involucro, e a poca distanza attende Claire, in lista per ricominciare a vivere.


COSA NE PENSO

Maylis De Kerangal racconta la donazione degli organi, in particolare il trapianto di cuore. Lo fa dando voce a tutte le persone che ruotano attorno ad un’operazione così delicata e complessa: i familiari del donatore che devono acconsentire all’espianto, i chirurghi e il personale infermieristico impegnati nell’intervento, e naturalmente la ricevente e la sua famiglia
In 24 ore seguiamo il cuore di Simon: lo facciamo nei più minuti dettagli, con la terminologia tecnica della medicina, ma anche con l’umanità di chi ci si trova davanti senza avere alternativa alcuna. 
Sarebbe così facile adesso mollare la presa, lasciar scappare un punto o due, velocizzare le ultime cure, liquidare l’affare, in fondo che cosa cambia? Thomas resiste in silenzio contrastando lo sfinimento generale, o la fretta di chiudere, non lascia niente: questa fase del prelievo, il restauro del corpo del donatore, non può essere banalizzata, è una riparazione; adesso bisogna riparare, riparare i danni. Rimettere quel che è stato donato come è stato donato. Altrimenti, è la barbarie.

“Riparare i viventi” è un romanzo colmo di dolore, dal lutto di chi circonda Simon fino alle esistenze di medici e infermieri che sono tutt’altro che personaggi realizzati e soddisfatti -ma trovano un senso alla propria vita nella professione, in quel ridare la vita a partire da qualcuno che l’ha persa. 
poi un passo e si abbracciano, una stretta di una forza folle, come schiacciati uno dentro l’altra, teste talmente compresse da spaccarsi il cranio, spalle frantumate sotto la massa dei toraci, braccia doloranti per la stretta, si amalgamano nelle sciarpe, nelle giacche e nei cappotti, il genere di abbraccio che si dà per far roccia contro il ciclone, per fare pietra prima di saltare nel vuoto, a ogni modo una cosa da fine del mondo
Il grande pregio di questo romanzo è lo stile: pluripremiata in Francia, Maylis De Kerangal è una scrittrice capace, dalla lingua ricercata che spesso sfocia in una sorta di flusso di coscienza, dal ritmo trascinante e dalle molteplici citazioni letterarie
nel suo ufficio, sul retro della porta, ha attaccato la fotocopia di una pagina di Platonov, una pièce che non ha mai visto né letto, ma quel frammento di dialogo tra Voinitzev e Triletzki, trovato su un giornale lasciato al Lavomatic, l’aveva fatto trasalire come un ragazzino che scopre un tesoro, uno Charizard in un pacchetto di carte Pokemon, un biglietto d’oro in una tavoletta di cioccolata. Che fare Nicolas? Seppellire i morti e riparare i viventi.
Non si tratta di una lettura che consiglierei, perdonatemi il gioco di parole, a cuor leggero: personalmente l’ho trovato sì ben scritto, sì ben costruito, ma non davvero appassionante. A lettura terminata non ho provato dispiacere nel chiudere il libro, né particolari emozioni; tuttavia mi è rimasta una grande curiosità nei confronti di questa talentuosa scrittrice, della quale approfondirò di certo la produzione. 

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