mercoledì 14 settembre 2022

Uomini e topi

Ho letto per la prima volta questo racconto lungo di John Steinbeck quand'ero adolescente, e solo oltre quindici anni dopo ho trovato il coraggio di riprenderlo in mano, con l'intenzione di approcciarmi di nuovo all'autore di cui non ho ancora letto null'altro.


Titolo: Uomini e topi
Autore: John Steinbeck
Anno della prima edizione: 1937
Titolo originale: Of mice and men
Casa editrice: Bompiani
Traduttore: Cesare Pavese
Pagine: 139


Pubblicato per la prima volta nel 1937, e diffuso in Italia attraverso la traduzione di Cesare Pavese (quella che ho letto anch'io nella mia vecchia edizione Bompiani; oggi lo trovate tradotto da Michele Mari nelle copie pubblicate dopo il 2016), uscì negli Stati Uniti quando Steinbeck aveva già raggiunto il successo dovuto a "Plan della Tortilla" e prende il titolo da una poesia dello scozzese Robert Burns: "the best plans of mice and men", i migliori piani (per quanto spesso fallimentari) dei topi e degli uomini.

Proprio di piani fallimentari racconta l'epopea di George e Lennie, braccianti agricoli stagionali, che si spostano in California da una fattoria altrui all'altra senza nulla che appartenga loro. Non sono però soli al mondo, o privi di scopo, perché si hanno l'un l'altro, si prendono cura l'uno dell'altro: in particolare George si preoccupa di Lennie, grande e grosso quanto ingenuo come un bambino, che non sa controllare la propria forza e non si rende conto della propria pericolosità, che spesso lo spinge ad uccidere cuccioli che vorrebbe solo accarezzare. George e Lennie sognano una terra che sia loro, dove vivere tranquilli, coltivare la terra, allevare gli animali; Lennie sogna di dar da mangiare l'alfalfa ai conigli, di ascoltare la pioggia che cade sul tetto. Ma sin dalle prime pagine gravano sul lettore la mancanza di controllo di Lennie, i guai che ne derivano, e il sogno di quella terra sembra una favola amara che non avrà mai un lieto fine.

Steinbeck racconta gli umili della terra: coloro che non possiedono nulla, che lavorano alla giornata. Uomini discriminati perché neri, che non possono dormire con gli altri nelle baracche; gli uomini menomati dal lavoro, che attendono con angoscia il giorno in cui diventeranno del tutto inutili, e verrà tolta loro la vita come al loro cane ormai troppo anziano. 

Steinbeck mi ha fatto malissimo. Ho letto questo romanzo con angoscia, con il magone costante, sentendo il peso incombente della tragedia, soffrendo per l'innocenza tradita, per le vittime incolpevoli (anche gli animali in questo libro non se la passano bene, sappiatelo). Nonostante lo abbia chiuso con una sensazione di profonda tristezza, non posso però che consigliarvelo, per la poesia che Steinbeck sa mettere in queste poche pagine, un concentrato di intensità e altissima letteratura.

E ora... mi resta solo da decidere quale sarà il prossimo romanzo dell'autore che leggerò!

Quali libri di Steinbeck mi consigliate?

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