Termino "Il libro della scomparsa" di Ibtisam Azem, portato in Italia dalla casa editrice Hopefulmonster, con un nodo in gola: perché questo testo è straziante, e colpisce come uno schiaffo in pieno volto, nonostante scelga la chiave del realismo magico per raccontare il presente.
Al centro di questa storia ci sono i palestinesi che Israele definisce "arabi israeliani", cittadini dei territori occupati della Cisgiordania. Ci troviamo a Giaffa, città inglobata nell'area dell'attuale Tel Aviv dopo la Nakba, la catastrofe del 1948, in cui i palestinesi furono cacciati dalle proprie case, espropriati dalle proprie terre: a Giaffa vive ancora Alaa, la cui nonna non ha mai lasciato la sua patria, nonostante le immense difficoltà (tra cui l'abbandono del marito, che avrebbe voluto lo raggiungesse all'estero). Ha sempre amato Giaffa questa donna forte e fiera, che si è sempre mantenuta con la sua macchina da cucire, e la cui mancanza ora che non c'è più è per Alaa "una rosa di spine", mentre le scrive ogni giorno sul suo quaderno rosso.
È nelle mani di Ariel però il quaderno rosso: perché d'un tratto i palestinesi sono scomparsi senza lasciare traccia, e lo stesso destino è toccato in sorte ad Alaa, suo vicino di casa con cui è stato fino ad allora in buoni rapporti, nonostante fosse incapace di comprenderne il punto di vista. E se nel quaderno di Alaa leggiamo soprattutto del passato, dei ricordi di famiglia, dei soprusi e della riflessione su cosa significhi vivere da invisibili in un territorio occupato, attraverso Ariel seguiamo il presente: lo smarrimento di media, governo ed esercito, alle prese con la scomparsa del nemico, che può essere concepita come pericolo imminente ma anche (e forse soprattutto) come un miracolo per il quale provare sollievo, pronti ad appropriarsi di nuovi spazi, di altri territori ancora -e Ariel non fa certo eccezione.
Azem sceglie uno sguardo artistico che sembra astrarsi dalla realtà e invece la dipinge in modo netto, nella sua rappresentazione di fantasia mette ancora di più il lettore davanti alla verità, spingendolo a interrogarsi e aprire gli occhi davanti all'ingiustizia, grazie all'alternarsi dei punti di vista dei due protagonisti.
"Il libro della scomparsa" è un romanzo di rara potenza, voce di una nuova letteratura palestinese che cerca il proprio spazio nel mondo letterario e ne ha pieno diritto: sono felice che questo titolo sia anche nella longlist dell'International Booker Prize, e ringrazio ancora @readingpolyglot per avermelo fatto scoprire. Ora non vi resta che recuperarlo: di certo non ve ne pentirete, di certo è uno dei titoli migliori che ho letto dall'inizio dell'anno.
Qual è l'ultimo testo palestinese che avete letto?
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