Uno dei miei propositi per questo 2018, come vi raccontavo qui, è rileggere. Creare l'occasione per riscoprire titoli letti da anni e parzialmente dimenticati, rivalutandoli alla luce del tempo trascorso. L'ultima volta che avevo aperto le pagine di questo libro ero ancora all'inizio del liceo: oggi vi ho ritrovato gli appunti presi a matita in una grafia che non sembra più la mia, le atmosfere che ricordavo ma anche più tensione di quella che avevo provato anni fa.
Autore: Niccolò Ammaniti
Anno della prima edizione:
Casa editrice: Einaudi
Pagine: 219
LA STORIA
Nell'estate del 1978, Michele ha nove anni, una sorellina di cinque, una mamma molto attraente che si occupa a tempo pieno dei figli e della casa ed un padre camionista, spesso assente. Vivono ad Acqua Traverse, un paesino nella campagna pugliese, composto da quattro case di numero; il mondo di Michele sono quelle case, i campi di grano, le avventure e le penitenze nei giochi con gli amici, le salite in bicicletta. La tranquilla quotidianità dell'infanzia si interrompe il giorno in cui durante l'esplorazione di una casa abbandonata Michele scopre una buca profonda nel terreno, coperta da un telone, ed al suo interno un bambino: dapprima Michele lo crede morto, ma nel corso di una visita successiva scopre che per quanto deperito e confuso Filippo, questo il suo nome, è ancora vivo. Inizia così un'amicizia singolare, nella quale Michele però mette l'anima, impegnandosi al massimo delle sue possibilità di bambino per procurare a Filippo un po' di cibo in più. La scoperta più sconvolgente per Michele però arriva dalla televisione: nel corso di un'intervista, una donna di Pavia chiede ai sequestratori di lasciar andare suo figlio Filippo senza fargli del male. La reazione del padre di Michele e degli uomini che gli gravitano attorno non lascia spazio ad equivoci: sono tutti coinvolti nel rapimento del bambino, e per Michele è ormai chiaro che a Filippo non resta molto da vivere, a meno che non sia lui a riuscire a salvargli la vita...
Mattia Di Pierro e Giuseppe Cristiano in una scena del film
"Io non ho paura" di G. Salvatores (2003)
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COSA NE PENSO
Si tratta senza dubbio di uno dei romanzi più noti di Ammaniti, caratterizzato a differenza di una grossa parte della sua produzione da un completo realismo. Ci racconta il periodo dei sequestri di persona tra gli anni Settanta ed Ottanta infatti, quando la criminalità organizzata del Sud Italia puntava sui rapimenti per infiltrarsi al Nord, ben prima di avviare attività economiche di vario genere. Ci racconta i sequestri dal punto di vista di coloro che meno possono capirne le motivazioni, i bambini: gli occhi di Michele sono infatti colmi d'innocenza, di fiducia nei confronti del padre che mai potrebbe pensare coinvolto in un simile crimine finché le prove non diventano troppe per potersi convincere che sia estraneo ai fatti.
In un romanzo di formazione racchiuso nell'arco di pochi giorni, Michele scopre il tradimento: quello del padre di cui si fidava, ma anche quello del suo migliore amico che non mantiene i suoi segreti. Michele però scopre anche il coraggio di andare contro l'intera comunità del paesino dove vive, dove tutti sono coinvolti a vario titolo nel sequestro, per fare la scelta che sente come l'unica giusta possibile: salvare Filippo, anche se il prezzo potrebbe essere la sua stessa vita.
Nonostante la brevità di questo romanzo, raccontato con un linguaggio semplice e molto diretto, la profondità dei temi non manca ed anche l'ambientazione è convincente, capace di trasportare in un contesto lontano che sembra di toccare con mano. Rileggendolo a distanza di anni penso di aver compreso meglio questo libro, e mi sento di consigliarlo anche perché non venga dimenticato o eclissato da romanzi che prendono da esso ispirazione senza riuscire tuttavia a replicarne l'efficacia (mi riferisco, nello specifico, a "E tu splendi" di Giuseppe Catozzella, del quale ho scritto qui).
Nonostante la brevità di questo romanzo, raccontato con un linguaggio semplice e molto diretto, la profondità dei temi non manca ed anche l'ambientazione è convincente, capace di trasportare in un contesto lontano che sembra di toccare con mano. Rileggendolo a distanza di anni penso di aver compreso meglio questo libro, e mi sento di consigliarlo anche perché non venga dimenticato o eclissato da romanzi che prendono da esso ispirazione senza riuscire tuttavia a replicarne l'efficacia (mi riferisco, nello specifico, a "E tu splendi" di Giuseppe Catozzella, del quale ho scritto qui).
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