I libri di cui si sente spesso parlare mi incuriosiscono quasi sempre, ad un certo punto. Mentre all'inizio, quando esplode l'attenzione nei loro confronti, provo una certa repulsione per i titoli in cime alle classifiche, alla fine quasi sempre mi lascio tentare e li leggo. È successo esattamente questo con "La vegetariana", libro piuttosto discusso e vincitore del Man International Booker Prize nel 2016.
Autrice: Han Kang
Anno della prima edizione: 2007
Titolo originale: Chaesikjuuija
Casa editrice: Adelphi
Traduttrice: Milena Zemira Ciccimarra
Pagine: 177
LA STORIA
Yeong-hye è una donna sudcoreana sposata con il signor Cheong. Il loro non è certo un grande amore: lui ha scelto infatti una moglie che non gli creasse problemi, che fosse tranquilla e prevedibile, con la quale condividere una quotidianità priva di sorprese. Tuttavia la loro routine familiare viene interrotta da un sogno di Yeong-hye che sconvolge la donna profondamente, al punto da farle provare un'insopprimibile repulsione per tutto ciò che è di origine animale. Dall'improvvisa conversione all'alimentazione vegana, che già da sé non viene affatto accettata dalla sua famiglia ed anzi riporta in luce le dinamiche violente che vi si svolgevano quando Yeong-hye era bambina, le condizioni della protagonista di questo romanzo vanno via via sempre peggiorando. La dieta che aveva escluso inizialmente ogni prodotto di origine animale arriva ad escludere qualsiasi alimento, acqua a parte, finché non resta alla sorella (unica persona rimasta a preoccuparsi per lei) altra opzione che farla ricoverare in una struttura psichiatrica.
COSA NE PENSO
Il romanzo di Han Kang è suddiviso in tre parti, narrate da altrettanti punti di vista. Solo il primo, quello del marito di Yeong-hye, ha un narratore in prima persona; gli altri due invece hanno un narratore esterno, nella seconda parte il cognato e nella terza la sorella.
"La vegetariana" (il cui titolo è a mio parere fuorviante) è un romanzo che racconta un corpo e la sua lotta: Yeong-hye combatte contro la violenza del mondo, contro gli abusi subiti nell'infanzia dal padre, veterano del Vietnam con le mani pesanti, e contro le scene sanguinarie alle quali ha assistito nei confronti degli animali.
In un processo che sembra iniziare come una purificazione, i demoni nella sua testa prendono il sopravvento fino ad illudere la protagonista di potersi tramutare in un albero, nutrito attraverso la fotosintesi, che di null'altro ha bisogno se non di acqua e di sole. In questo percorso autodistruttivo viene abbandonata dal marito, aggredita e poi abbandonata anche dai propri genitori; anche la sorella, che nonostante tutte le difficoltà le rimane accanto, è costretta a rinunciare al proprio matrimonio dopo che il suo marito artista ha sedotto proprio Yeong-hye approfittando della sua estrema fragilità psichica.
Innegabile è il fatto che Han Kang susciti la curiosità del lettore, e lo immerga in una realtà (quella della Corea del Sud) dove le scelte alimentari che escludono la carne ed i prodotti animali sembrano meno accettate rispetto a quanto lo sono in Europa. Ho apprezzato l'atmosfera di incomunicabilità che l'autrice crea attorno alla sua protagonista, ma questo personaggio non è comunque riuscito a convincermi in profondità perché le sue motivazioni non vengono mai veramente espresse. Può darsi di certo che questo alone di mistero fosse voluto, e che sia stata io a non apprezzare il modo in cui l'emotività è veicolata ed espressa in questo romanzo, molto lontano dalla mia sensibilità.
Sono rimasta insomma un po' delusa da questa lettura, ma ho intenzione in futuro di leggere "Atti umani", altro romanzo di Han Kang già edito in Italia, che dovrebbe essere di tutt'altro genere e probabilmente più adatto ai miei gusti.
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