giovedì 9 agosto 2018

Da dove viene il vento

Raramente leggo romanzi incentrati su storie d'amore, ma non si tratta di una scelta fatta di proposito: diciamo che mi capitano sottomano meno spesso di altre letture, che meno spesso attirano la mia attenzione. Anche in questo caso non è la relazione amorosa al centro di questo romanzo quella che mi ha spinta a prenderlo in prestito, bensì l'elemento della migrazione che, come ormai avrete capito, è uno di quelli che più mi stanno a cuore.
Clandestino. Penso a qualcuno che si aggira in un paese che non è suo. A un amore che deve rimanere nascosto.



Titolo: Da dove viene il vento
Autrice: Mariolina Venezia
Anno della prima edizione: 2011
Casa editrice: Einaudi
Pagine: 242





LA STORIA

Tre sono i personaggi principali di questo libro: Idris, Dora e Salvatore. Le loro storie si snodano tra Roma, Padova, il deserto nordafricano, la Sicilia, il Mediterraneo. L'Italia è prepotente in questo romanzo, molto spesso non amata, respingente
Idris è un Amazigh, un uomo libero; non ama essere definito berbero, ma è così che lo chiameremmo. Parte dal proprio villaggio ed affronta il viaggio della speranza su un barcone, che tuttavia finisce per affondare; unico superstite sulle coste della Sicilia, raccoglierà pomodori nelle campagne pugliesi, sfruttato come uno schiavo.
Dora e Salvatore invece sono stati insieme a lungo, in gioventù, per poi incontrarsi di nuovo: lei insegna all'università, scrive di miti ed etimologie, vive in funzione delle sporadiche visite del suo antico amore; lui è un ex cocainomane che gioca in borsa, che riempie il proprio matrimonio di segreti, che non sa fare i conti con la realtà.
Le storie di Dora, Salvatore e di Idris sono destinate ad incontrarsi, ma soltanto sul finale, dove un colpo di scena non del tutto inaspettato aprirà le loro vicende a molteplici possibilità future.


COSA NE PENSO

Non solo Dora, Salvatore e Idris popolano questo libro. Altre voci minori trovano infatti spazio su queste pagine: un ammiraglio su una nave alla deriva, un astronauta che attende in orbita perché il suo Stato, l'Unione Sovietica, si è sciolto mentre era in missione (ispirato alla figura di Sergei Krikalev). Come loro, sospesi, in bilico, sono i tre protagonisti.
Il narratore racconta talvolta in terza persona, talvolta invece è un narratore interno, in prima, che ci fa entrare ancor più in profondità nelle storie. 
Un'ulteriore alternanza è di tempo: passiamo dai primi anni Novanta, a ricordi del Quattrocento, al crollo delle Torri Gemelle e al giorno d'oggi. Questo in un primo momento disorienta il lettore, che dopo qualche pagina però si abitua e si lascia coinvolgere.
Nella sua storia mi rifugio e mi perdo. È la mia malattia e la mia cura.

Un grande pregio di questo romanzo infatti è il suo ritmo incalzante: composto da paragrafi brevi, talvolta di una sola riga, al massimo da capitoli di poche pagine, le voci e i personaggi ci catturano, ci trascinano. L'autrice (vincitrice del premio Campiello con il suo romanzo d'esordio, "Mille anni che sto qui") è senz'altro capace di mescolare i registri e gli elementi fondendoli in un insieme riuscito e convincente. Vi sono infatti pagine con riferimenti alla mitologia, all'etimologia delle parole, a concetti filosofici e scientifici, addirittura al mondo delle fiabe: è infatti da una fiaba che Idir ascoltava da bambino a dare il titolo al testo (la fiaba esiste davvero, ed è anche acquistabile in lingua francese).
L’economia dei fatti vuole che passi alla storia chi intraprende una sfida e la vince, chi scopre un nuovo continente, sbarca sulla luna, scala una vetta o capisce come funziona l’atomo, così si è portati a credere che il punto sia quello, provare, e riuscirci, che il piccolo passo di un uomo sia un grande passo per l’umanità, ma io vorrei parlare di chi perde la strada, di chi fa la scommessa sbagliata e se ne pente per il resto della sua vita, o di chi inciampa un’altra volta sugli stessi passi. Di me. E anche di te, forse.
Si tratta di un libro che in un momento diverso della mia vita avrei compreso meglio, o forse soltanto sentito più mio: in un periodo della vita in cui gli abbandoni e i ritorni erano all'ordine del giorno, in cui sentirmi più vicina a Dora ed entrare in sintonia con lei. Mi ha suscitato molti ricordi, questo libro, ma ora l'ho sentito come la storia di altri, come un modo diverso dal mio di vivere l'amore. 
Consiglio questa lettura a chi non cerca un romanzo pieno d'azione o di avventura, ma di sentimenti; lo consiglio in particolare a chi ha il cuore spezzato, a chi soffre per amore, a chi attende ogni giorno una telefonata o un messaggio che non si decidono ad arrivare: credo che lo troverete liberatorio.

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