Il necessario avvertimento a tutti coloro che fossero stati attratti dalla copertina o dal titolo di questo romanzo di recente pubblicazione è il seguente: si tratta di un seguito! Prima di cominciarne la lettura quindi recuperate "Sette luoghi", opera precedente dell'autore, di cui vi ho anche già parlato più dettagliatamente qui.
Titolo: Guantanamo
Autore: Youssef Ziedan
Anno della prima edizione: 2013
Casa editrice: Neri Pozza
Traduttore: Daniele Mascitelli
Pagine: 285
LA STORIA
Al termine di "Sette luoghi" abbiamo lasciato a Guantanamo il nostro protagonista senza nome: un giovane dal passaporto sudanese ma figlio di madre egiziana che, dopo aver lavorato per diverso tempo come guida turistica, aveva ricevuto un incarico da inviato televisivo in Afghanistan e qui era stato improvvisamente arrestato.
Ritroviamo il ragazzo nella prigione segreta degli Stati Uniti, e qui ne seguiamo per anni la prigionia. Ora il ragazzo ha un nome: detenuto 676, meglio conosciuto come "Press" per via della spiegazione che fornisce alle circostanze della sua cattura -non essendosi in effetti mai macchiato di alcun delitto, ma non potendo in alcun modo provarlo.
COSA NE PENSO
Il secondo volume di quella che sarà una trilogia ha un ritmo più lento del precedente. Ziedan scrive un'opera descrittiva, che si sofferma sui dettagli e sui pensieri del protagonista; ricchissimo di citazioni dal Corano, "Guantanamo" rappresenta il punto di vista di un uomo pacifico, pronto ad accettare le avversità che il destino ha riservato per lui.
Per la gente odiare è semplicissimo, è facile ignorare, non capire, non comprendere. Per amare invece bisogna buttarsi in avanti, faticare, riflettersi nello specchio dell'anima. L'amore è ala di libertà, il cui spazio è immenso.
L'atmosfera di questo romanzo è opprimente: trasmette alla perfezione i sentimenti del protagonista, prigioniero senza una ragione, rinchiuso per lunghi mesi in isolamento, sottoposto a torture e vessazioni, mentre scopre a poco a poco piccole rivelazioni sull'inquietante luogo nel quale si trova.
Quando col passare dei giorni i discorsi con loro si sono fatti più lunghi -mesi dopo- ho saputo molte cose da loro, tra cui il fatto che questa prigione chiamata Guantanamo era una delle carceri militari definite "averno" o "buco nero". Non si trovavano entro i confini americani ed erano per lo più sconosciute, la gente non ne sapeva nulla. Ma di questa prigione nella quale eravamo costretti molte persone erano venute a conoscenza, in America.
La reclusione pesa sul lettore quasi quanto sul ragazzo, e pagina dopo pagina passano gli anni, finché la prospettiva del rilascio si concretizza. A questo punto all'angoscia della prigionia si sostituisce il senso di smarrimento, la sensazione di aver perso tutto, di essere rimasti indietro; poca la speranza, ma nemmeno del tutto perduta.
Come "Sette luoghi", ho trovato questo romanzo molto riuscito, grazie al protagonista nel quale è impossibile non immedesimarsi ed alla credibilità del narrato, che non viene mai meno. Ora non resta che attendere il terzo volume di questa trilogia, sperando che non trascorrano anni come tra le pubblicazioni di "Sette luoghi" e "Guantanamo"... ma temo che non sia ancora stato pubblicato in lingua originale, quindi non sono molto fiduciosa!
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