Dopo “La lunga marcia”, una nuova lettura del Re dell’Orrore originariamente pubblicata con lo pseudonimo di Richard Bachmann - King è infatti sempre stato talmente prolifico da dover, all'inizio della propria carriera, ricorrere ad uno pseudonimo per non saturare il mercato.
Autore: Stephen King
Anno della prima edizione: 1982
Titolo originale: The Running Man
Casa editrice: Sperling & Kupfer
Traduttore: Delio Zinoni
Pagine: 258
LA STORIA
Negli anni ‘20 del 2000 i reality show alla tri-vu monopolizzano l’attenzione delle persone, le biblioteche pubbliche non sono più accessibili e l’inquinamento ha raggiunto livelli inimmaginabili, decimando la parte più povera della popolazione per cui è impossibile acquistare filtri nasali efficaci. Anche le cure mediche sono ormai un miraggio per gli abitanti delle periferie, oppresse dalla disoccupazione e dalla fame; tra loro c’è Ben Richards, giovane padre di una bambina a cui non può comprare le medicine per la polmonite. Disposto a tutto pur di guadagnare un po’ di denaro, Ben decide di candidarsi per la partecipazione ad uno dei reality show che, ispirati al sadismo dei giochi tra gladiatori, lasciano i partecipanti gravemente feriti e mutilati o addirittura morti; a seguito della selezione, viene scelto proprio per “L’uomo in fuga”, il più pericoloso tra i programmi: quello in cui è obbligato a scappare senza sosta per un mese intero se vuole salvarsi la vita, e nessuno fino ad allora è mai riuscito nell’impresa.
Arnold Schwarzenegger in una scena del film "The Running Man" |
COSA NE PENSO
Pubblicato nel 1982, il ritratto che King fece della prima metà degli anni 2000 non è dopotutto così lontano dalla realtà nella quale ci troviamo oggi: l’inquinamento atmosferico a livelli preoccupanti, le patologie che ne derivano, l’infimo livello culturale di molta della programmazione televisiva, la sottovalutazione diffusa dell’importanza dei libri.
Il campo di battaglia si apre solo di notte. Di giorno è un silenzio grigio e deserto, senza movimenti, a parte i gatti e i topi e i vermi grassi e bianchi che striscia-no sulla spazzatura. Nessun odore, a parte il lezzo di decadenza, in questo glorioso 2025. I cavi della tri-vu sono al sicuro, sotto terra, e solo un idiota o un rivoluzionario penserebbe di danneggiarli. La tri-vu è la creatrice di sogni, il pane della vita. La Scag viene dodici vecchi dollari a bustina, la Frisco Push venti a tavoletta, ma la tri-vu ti sballa gratis.
La premessa di questo romanzo distopico è appassionante e potente, soprattutto pensando a quante delle profezie in esse contenute si siano in effetti avverate; tuttavia non posso definirlo un romanzo di King che io abbia completamente apprezzato, poiché dalla seconda metà in poi si trasforma più che altro in un racconto d’azione, composto da inseguimenti in automobile e sparatorie. Un film con Arnold Schwarzenegger è ispirato proprio a “L’uomo in fuga”, e spero che questo basti a farvi capire quanto poco rimanga del King onirico al quale siamo abituati. Lo stesso autore, nell’introduzione, dichiara che “L’uomo in fuga”
Ho trovato “L’uomo in fuga” un King atipico, privo degli elementi legati all’incubo che tanto amo trovare nei suoi romanzi. Confesso di aver preferito, tra le opere del primo periodo della sua produzione, “La lunga marcia”: anche qui l’elemento del percorso obbligato per il protagonista è molto presente, ma emotivamente si tratta di un libro più coinvolgente, che trasmette maggiori emozioni. In conclusione “L’uomo in fuga” non è di certo uno dei capolavori dell’autore, ma chi come me ha un debole per lui fa fatica a tralasciare le opere minori…
Lo stile è adatto al contenuto del romanzo: non si perde in giri di parole o prolisse descrizioni, è semplice ed efficace, talvolta a scapito della caratterizzazione dei personaggi che avrebbe potuto essere un po’ più approfondita -soprattutto per quanto riguarda gli aiutanti che Ben incontra lungo la sua fuga, ai quali è riservato davvero poco spazio.non è nient’altro che una storia, procede alla velocità ridicola di un film muto e tutto quello che non è storia viene allegramente buttato da parte.
Ho trovato “L’uomo in fuga” un King atipico, privo degli elementi legati all’incubo che tanto amo trovare nei suoi romanzi. Confesso di aver preferito, tra le opere del primo periodo della sua produzione, “La lunga marcia”: anche qui l’elemento del percorso obbligato per il protagonista è molto presente, ma emotivamente si tratta di un libro più coinvolgente, che trasmette maggiori emozioni. In conclusione “L’uomo in fuga” non è di certo uno dei capolavori dell’autore, ma chi come me ha un debole per lui fa fatica a tralasciare le opere minori…
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