lunedì 21 giugno 2021

Una domenica in piscina a Kigali

Un titolo che non mi è mai capitato di vedere citato da nessuna parte è un libro che nell’estate di diversi anni fa ho salvato dal macero nella biblioteca comunale, e che ora finalmente mi sono decisa a leggere.


Titolo: Una domenica in piscina a Kigali
Autore: Gil Courtemanche
Anno della prima edizione: 2000
Titolo originale: Un dimanche à la piscine à Kigali
Casa editrice: Feltrinelli
Traduttrice: Annamaria Ferrero
Pagine: 207


LA STORIA

"Una domenica in piscina a Kigali" affronta il difficile e delicato argomento del conflitto civile in Ruanda, che negli anni '90 del Novecento portò alla morte migliaia di Tutsi. La popolazione ruandese infatti era composta da due gruppi etnici principali, gli Hutu e i Tutsi, che fino a quel momento avevano convissuto sostanzialmente in pace fino al momento in cui con l’appoggio criminale di diverse nazioni estere fu deciso a tavolino lo sterminio dei Tutsi. Questa decisione portò ad un vero e proprio massacro compiuto con armi inviate da numerosi paesi e alla presenza delle Nazioni Unite, che non agirono per fermarlo.

COSA NE PENSO

Ispirato alla figura di un giornalista canadese realmente presente in Ruanda ai tempi del massacro, "Una domenica in piscina a Kigali" racconta le esperienze di Valcourt, giornalista canadese appunto inviato in Ruanda che si innamora di una donna del posto. La sua amata è di origine Hutu, origine mostrata anche sui suoi documenti, che però per le sue caratteristiche fisiche è accusata di essere Tutsi. Valcourt in Ruanda si sente a casa, e nonostante potrebbe espatriare prima che sia troppo tardi sceglie di non farlo, e quello che leggiamo tra queste pagine diventa così una cronaca dell’orrore che ripercorre le tappe dello sterminio ed al tempo stesso è una storia d’amore tra il giornalista e la sua amata, e tra il giornalista e un intero paese.

Tu trovi la felicità nei miserabili della terra. Allora, facci un piacere, ne abbiamo così poco. Dicci che ami la felicità che ti viene da qui. Facci un piacere, dicci che anche noi, nonostante i machete, le braccia mozzate, le donne stuprate, possiamo donare bellezza e dolcezza. E la tua felicità, Bernard, smetti di scansarla, vivila insieme a noi. Ci fa sentire meglio.

"Una domenica in piscina a Kigali" è un romanzo molto duro e doloroso, dove non ci vengono risparmiate scene di morte, di violenza, racconti davvero disturbanti che hanno però l’innegabile pregio di dare voce ad una verità troppo spesso taciuta.

Ci vogliono diecimila morti africani per far aggrottare le sopracciglia a un bianco, perfino se è progressista. Anzi, neanche diecimila bastano. E poi non sono delle belle morti. Fanno vergogna all’umanità. Non si mostrano i cadaveri fatti a pezzi dagli uomini e sbranati dagli avvoltoi e dai cani selvatici. Le tristi vittime della siccità, i pancini gonfi, gli occhi più grandi dello schermo, i figli tragici della carestia e degli elementi, quelli sì che commuovono. 

Si parla molto di morte in questo romanzo, non soltanto per azione dei machete, delle armi da fuoco o dei randelli, ma anche per il virus dell’AIDS che mieteva centinaia di vittime tra la popolazione all’epoca del conflitto. Non è un romanzo per tutti dunque: sicuramente non lo consiglierei ad un pubblico di lettori molto giovani, perché le scene esplicite sono tantissime e gli argomenti trattati davvero molto forti. Tuttavia è un romanzo che mi ha davvero sorpreso, perché giaceva da tempo abbandonato nella mia libreria personale, ed ho scoperto una cronaca preziosa ed al tempo stesso una storia molto appassionante dei personaggi ai quali è impossibile rimanere indifferenti. 

Valcourt scelse di tacere. Con che diritto dare consigli a quella donna felice, proprio lui che, in quel paese, si ficcava in un sacco di guai più o meno per le stesse ragioni, per pura e insaziabile voglia di vivere anziché stare a parlare della vita che si potrebbe avere. Ogni istante rubato alla paura è un paradiso.

Inutile dirvi che fino all’ultimo ho sperato che il protagonista optasse per una partenza salvifica nei confronti della sua innamorata, ma un lieto fine in una storia su Ruanda sarebbe stato a dir poco irreale. Se siete interessati a questo tema senz’altro vi consiglio la lettura di "Una domenica in piscina a Kigali" che ritrae molto bene un’epoca, una popolazione e soprattutto un crimine contro l’umanità che trova davvero poco spazio nei nostri libri di storia. In proposito ci tengo a consigliarvi anche un podcast che ho ascoltato diverso tempo fa, e che arricchirà sicuramente la vostra cultura in merito: "Istruzioni per un genocidio" di Daniele Scaglione. 

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