martedì 14 febbraio 2023

Mi limitavo ad amare te

Rosella Postorino scrive un romanzo di madri e di figli, di patria e di abbandoni, di distacchi e di ritorni. Scrive "Mi limitavo ad amare te" che già dal titolo cita poesia, lo pubblica Feltrinelli, ed è uno dei romanzi più intensi che leggerete quest'anno.


Titolo: Mi limitavo ad amare te
Autrice: Rosella Postorino
Anno della prima edizione: 2023
Casa editrice: Feltrinelli
Pagine: 352

Inizia a Sarajevo, nei primi anni '90: Omar e Senadin, Nadia e Ivo vivono in orfanotrofio, due coppie di fratelli, abbandonati dalle loro madri irregolari. Incontrano Danilo mentre viaggiano verso l'Italia, bambini sfollati, orfani e figli di famiglia mandati in affido per allontanarsi dalle bombe, dai proiettili dei cecchini. Inizia qui lo strappo, di chi cresce sradicato, Omar che continua a pensare alla madre che gli ha detto di scappare dalle granate e non può accettare una nuova famiglia, Danilo e Sen che vogliono integrarsi, Ivo che è rimasto a combattere al fronte, Nadia che si sente sempre di troppo, impossibile da amare.

Rosella Postorino scrive una storia di solitudini, di frammenti spezzati che non sanno trovare un incastro, Omar che pensa a Nada ma si mette sempre più nei guai, Danilo che la abbandona, Nada che non si impone e cresce un figlio, lo mette al mondo pensando a sua madre, alla figlia che in qualche modo non è mai stata.

È una colpa essere madri, mettere al mondo figli riflette Azra, la madre giornalista di Danilo, e le sue pagine in corsivo di cui solo piuttosto avanti si riconosce l'autrice sono le più taglienti, le più dolorose nel raccontare la guerra in ogni crudele aspetto, è Azra a riflettere su quei figli della Bosnia che alla loro terra non sono mai stati restituiti in nome del loro benessere. 

"Mi limitavo ad amare te" è un fiume in piena che si snoda per vent'anni di storia, tra la Jugoslavia andata in pezzi e le nostre pianure e città, tra ragazzi che salgono sugli alberi, che imparano a nuotare di notte, che dimenticano la loro lingua d'origine e non sanno più parlare con chi li ha generati. 

È un romanzo doloroso e tagliente, che mi ha riempita di angoscia, che crea personaggi così veri e tridimensionali che li leggiamo crescere, che li vorremmo abbracciare pur sapendo che verremo respinti, che ci sussurra nell'orecchio domande scomode sulle buone intenzioni, sull'identità, i legami del sangue. 

L'autrice, che avevo già apprezzato nell'esordio "La stanza di sopra" e ne "Le assaggiatrici", qui si supera. E la fragilità di Nada, di Omar, di Danilo ci resta dentro, come solo chi popola i romanzi migliori sa fare -e questo si candida, senz'altro, ad entrare tra i preferiti dell'anno.

Qual è l'ultimo romanzo che avete amato così tanto?

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