domenica 19 novembre 2023

Chiamami sottovoce

"Chiamami sottovoce" di Nicoletta Bortolotti, pubblicato da HarperCollins, è un romanzo importante: le migrazioni sono sulla bocca di tutti, sulle prime pagine dei giornali quando si tratta di sbarchi, di leggi e limitazioni, ma troppo raramente ci ricordiamo che non troppo tempo fa il popolo degli emigranti era anche il nostro. 

E non si trattava della cosiddetta fuga dei cervelli, troppo qualificati per accontentarsi del nostrano mercato del lavoro, bensì di famiglie proletarie che andavano all’estero come operai alla ricerca di un lavoro che permettesse loro soprattutto la sopravvivenza. È questo che fanno i genitori di Michele, il piccolo protagonista di questo romanzo, che dal Veneto varca il confine con la Svizzera nascosto nel bagagliaio di un’auto, perché ai lavoratori stagionali come suo padre, che scaverà il traforo del San Gottardo, non è consentito entrare in Svizzera insieme ai propri figli. 

Per questo Michele vive nascosto in una soffitta, a nove anni, terrorizzato all’idea che arrivi la polizia e lo possa portare via con sé. Non può piangere, ridere forte, parlare a gran voce; vive nascosto e l’unico contatto umano che ha è quello con Delia, una donna dalla parte giusta della storia, che lo nasconde e se ne prende cura, incurante delle leggi che sin da quando, ragazzina, le è stato strappato il suo giovane amore che lottava contro il regime fascista, sa rispettare solo quando le ritiene giuste. 

Delia è il personaggio più memorabile di questo romanzo: una donna che lotta per il bene e che vince la solitudine di Michele, facendogli incontrare Nicole, la figlia svizzera dei vicini di casa che con lui condividerà pomeriggi tra giochi e disegni, in un rapporto che ricorderà per tutta la vita nonostante le autorità li abbiano separati troppo presto. 

All’inizio del romanzo incontriamo Nicole cresciuta, che elabora il lutto per la madre e decide di mettersi sulle tracce di Michele a tanti anni di distanza [lo ritroverà, insieme alla scomodissima verità che vede proprio sua madre responsabile di averne denunciato la presenza pensando di fare la cosa giusta per la propria bambina, decisione che l’avrebbe poi tormentata per tutta la sua vita di donna adulta facendole chiedere il perdono a Michele e alla sua famiglia, che aveva ritrovato ben prima di Nicole].

"Chiamami sottovoce" è un romanzo che racconta una storia di cui non si sente quasi mai parlare, ma della quale di questi tempi è più che mai importante ricordarsi per non negare la realtà e per imparare a riconoscerci nelle vite e nelle difficoltà di coloro che ora sono stranieri così come lo siamo stati noi.

La scrittura di Nicoletta Bortolotti è molto semplice, alterna i piani temporali tra il presente e gli anni '70 (o per brevi parentesi in corsivo anche gli anni prima della guerra, raccontati da Delia) e trasmette nella voce di Michele bambino l’ingenuità, l’innocenza e l’assurdità delle condizioni in cui migliaia di figli di immigrati sono stati all’epoca costretti a nascondersi. 

È evocativo nelle sue descrizioni della neve sulla Svizzera d’inverno, dei laghi gelati, delle marmellate e dei profumi preparati con i petali di rosa, delle fonduta di formaggio e dell’uvetta impastata nei dolci, delle matite colorate con cui disegnare sui fogli bianchi degli album e degli arcobaleni tracciati sul muro della soffitta.

Questa lettura è stata una sorpresa in positivo, che mi ha così coinvolta da leggerlo in un paio di giorni e non volermene separare fino alle pagine conclusive che si chiudono con grande poesia [Michele adulto fa pace con il suo stesso bambino a cui era stato tolto tanto, tra cui un cucciolo salvato dal ghiaccio che il branco aveva ripreso con sé e che Delia gli aveva giurato sarebbe tornato da lui -ed in effetti un pastore svizzero lo salva su un ponte sospeso sul San Gottardo mentre si chiede se valga la pena vivere oppure no, e una fetta di speck dopo l’altra lo porta di nuovo alla vita] e per questo non posso fare altro che consigliarvene la lettura.

Avete mai letto romanzi che parlano dell’emigrazione italiana?

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