mercoledì 20 marzo 2024

I miei sette figli

Pubblicato per la prima volta nel 1955, "I miei sette figli" (che ora trovate in libreria nell'edizione Einaudi) scritto da Renato Nicolai si basa sulla testimonianza di Alcide Cervi, il capofamiglia, e il suo tono informale da contadino di romagna formatosi sui libri e soprattutto sull'esperienza.

In poco più di cento pagine Alcide racconta la sua vita, dalla giovinezza al ruolo di padre di quei sette maschi che gli furono strappati dai fascisti. Racconta il lavoro dei campi, dapprima a mezzadria e poi su terreni propri; le modifiche sul terreno che lo resero sempre più fertile, le migliorie all'allevamento e alla produzione del latte, la coscienza politica sempre più consapevole grazie a quei figli che leggono e si informano e si avvicinano sempre di più al socialismo e al sogno della Russia.

E poi, naturalmente, racconta la Resistenza: i sabotaggi ai fascisti, la diffusione dell'Unità, la stampa clandestina nell'ambiente domestico, le pressioni sempre più forti, gli arresti, infine la fucilazione di quei ragazzi così forti, così coraggiosi da non mostrare mai la loro paura né alle mogli, né ai figli, né ai genitori. 

Altrettanto coraggioso emerge Alcide, rimasto con le nuore e undici nipoti, il più grande di appena dieci anni e il minore ancora sul punto di nascere: Alcide che crede alla forza del raccolto che verrà, della prossima generazione pronta a crescere con gli ideali dei padri.

È un testo prezioso, intriso di un territorio e di una sapienza contadina; con la coscienza di oggi lo si troverà un romanzo molto maschile, in cui le due figlie femmine non compaiono mai (probabilmente spose e uscite di casa a differenza dei fratelli che vi hanno condotto le mogli). Rappresenta una generazione e un ideale, nel clima politico di oggi sempre fondamentale e necessario.

Qual è il testo sulla Resistenza che vi ha segnati maggiormente?

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