giovedì 29 agosto 2024

La custode di mia sorella

Credo che una grande quantità di lettori abbia letto "La custode di mia sorella" di Jodi Picoult, pubblicato da Corbaccio editore, anni fa, quando anche grazie al film raggiunse una certa popolarità. Io arrivo con un certo ritardo, incuriosita proprio dal film trasmesso in TV qualche tempo fa, e non ho un'opinione del tutto priva di critiche.

Il tema attorno a cui ruota il romanzo è estremamente stimolante: si parla di procreazione medicalmente assistita, ai fini di fornire un donatore di cellule, organi e tessuti compatibili per una figlia già nata. A nascere con lo scopo di salvare la sorellina Kate da una grave forma di leucemia è Anna, che negli anni donerà sangue, piastrine, midollo spinale alla sorella fino a diventare adolescente e a muovere causa ai propri genitori, rivendicando il diritto di sottrarsi all'espianto di un rene. 

Attorno a loro ruotano i genitori, la madre in particolare concentratissima sul salvare la vita di Kate, mentre il padre più combattuto tra le due ragazze; e poi Jesse, il fratello maggiore di entrambe, personaggio avrebbe giovato di un maggiore approfondimento in quanto molto promettente. Ci sono poi Campbell Alexander, l'avvocato di Anna, e Julia Romano, la sua tutrice, tra i quali si risveglia una storia d'amore dell'adolescenza -linea narrativa romantica del tutto superflua ai fini della trama.

Insomma le premesse c'erano tutte, e ho letto il romanzo con grande interesse e voracità, tuttavia ho trovato noiose le pagine dedicate a Campbell e Julia, fuori tema le definirei, e la conclusione precipitosa e poco convincente, come se l'autrice avesse sentito la necessità di tirare i remi in barca e concludere il suo testo [si scopre infatti che a chiedere ad Anna di opporsi alla donazione era stata Kate, che non sopportava più le cure inutili e dolorose, ma all'uscita dal tribunale ottenuta l'emancipazione un incidente pone fine alla vita di Anna, che così dona il rene a Kate, che sopravvivrà, un happy ending davvero forzato]. Se avete visto il film, non aspettatevi somiglianze nell'ultima parte del racconto!

Avete letto il libro o guardato la trasposizione?

mercoledì 28 agosto 2024

Le scavatrici

Ho letto "Le scavatrici" di Taina Tervonen, pubblicato da Fandango editore, per approfondire un tema incontrato nel romanzo "Le farfalle di Sarajevo" di Priscilla Morris, pubblicato da Neri Pozza, romanzo che come ormai avrete capito è stato per me uno stimolo di ricerca e scoperta.

In questo testo, che è un reportage e non un'opera di narrativa, l'autrice (giornalista e documentarista di origini finlandesi) si reca in Bosnia-Erzegovina per un decennio per concentrarsi sul lavoro dell'antropologa Senem e dell'investigatrice Darija, che si occupano dei tanti corpi delle vittime del conflitto dei primi anni Novanta rimasti senza un'identità, in gran parte sepolti nelle fosse comuni, dispersi per le famiglie da quasi vent'anni.

Mentre Senem si concentra sui corpi, sugli scheletri e le dentature, sugli indumenti e ciò che fisicamente rimane, riportando in qualche modo in vita i morti restituendo loro l'identità perduta, Darija intervista le famiglie che non hanno mai trovato i loro cari, per conoscere il più possibile chi sono stati in vita e poter dare pace alle loro spoglie.

"Le scavatrici" sono Senem e Darija dunque, che scavano nella terra smossa, nella memoria dei vivi, nei pochi ricordi di famiglia che non sono andati distrutti nel conflitto; in qualche modo scava anche Taina che documenta il loro lavoro che si protrae negli anni, ricordando ciò che è stato, e coloro che il conflitto avrebbe voluto dimenticati. Ci ricorda anche quanto sia ancora attuale lo sterminio dei musulmani bosniaci, una guerra che ha separato comunità che fino ad allora erano state coese. 

Mi ha fatto venire in mente anche "Naufraghi senza volto", un testo dell'antropologa Cristina Cattaneo pubblicato da Raffaello Cortina Editore in cui ha dato voce al proprio lavoro di identificazione delle vittime di due tragici naufragi avvenuti al largo di Lampedusa, nel 2013 e nel 2015 -e a tutte le vittime di naufragio nel Mediterraneo, da allora e prima di allora, che non hanno nome. 

Qual è l'ultimo saggio che avete letto?

Fervore

 "Fervore" di Toby Lloyd, pubblicato da Neri Pozza, è un romanzo che vi consiglio se avete qualche conoscenza di base della religione ebraica e delle sue pratiche: l'autore non sente infatti l'esigenza di spiegare nulla sullo shabbat, sui digiuni rituali, le festività e così via, e come primo approccio potreste sentirvi un po' disorientati.

Detto questo, "Fervore" è soprattutto la storia della famiglia Rosenthal: è la storia dei fratelli Tovyah, Elsie e Gideon, in particolare dei primi due, figli di ebrei inglesi e nipoti di un sopravvissuto all'Olocausto. Alla morte del nonno l'adolescente Elsie sembra avere un crollo, si avvicina sempre di più alla dimensione della spiritualità, in modo incontrollabile e inquietante.

Incontriamo Tovyah attraverso gli occhi di Kate, compagna di studi ad Oxford che osserva dall'esterno le dinamiche incomprensibili dei Rosenthal, quel ragazzo sfuggente e fuori moda, la sua ingombrante madre che scrive romanzi biografici rendendo di pubblico dominio le vite dei suoi familiari, il suocero prima e la figlia poi.

Lloyd costruisce un romanzo ben strutturato, dove i capitoli interni ed esterni alla famiglia si alternano svelando a poco a poco i segreti e le dinamiche dei protagonisti. I più degni di nota sono Hannah, la madre spietata e concentrata sulla propria carriera, al punto da essere priva di qualunque scrupolo, ma anche Tovyah, che fatica a trovare la propria individualità e il proprio spazio tra i Rosenthal più ingombranti di lui.

"Fervore" è un testo ricco di riferimenti letterari, in particolare ad autori di origine ebraica, che mi ha fatta prendere nota di diverse letture da tenere in considerazione per il futuro. È un testo ben scritto e coinvolgente, che vi consiglio davvero se amate le famiglie disfunzionali (come i Lambert di Franzen ne "Le correzioni") e i racconti che si legano alla storia e alla religione.

Qual è l'ultimo romanzo familiare che avete letto?

venerdì 23 agosto 2024

Saint X

"Saint X" di Alexis Schaitkin, pubblicato da Bompiani, è proprio ciò che promette dalla quarta di copertina: un buon thriller di puro intrattenimento, con la suggestiva ambientazione caraibica che si alterna a quella newyorchese.

Negli anni '90, durante una vacanza in un resort di lusso ai Caraibi, sull'isola di Saint X, insieme ai genitori e alla sorellina Claire, l'attraente e di successo adolescente Alison viene ritrovata morta. Immediatamente i sospetti si concentrano sui due giovani del luogo che nel resort lavorano, Edwin e Gogo, ma a loro carico non ci sono prove definitive e il caso rimane irrisolto.

Vent'anni più tardi, a New York, Claire è decisa a fare luce sulla vicenda e si mette, complice il fato, sulle tracce di Gogo. Quello che era dunque la cronaca di una morte sospetta diventa un romanzo psicologico, dove conosciamo Claire e l'identità che ha sviluppato lontana dall'ombra della sorella, il complesso rapporto tra Edwin e Gogo e le tante avversità che quest'ultimo ha attraversato [si scoprirà anche che la morte di Alison è stata davvero un incidente, di cui nessuno dei due ragazzi è responsabile, e che la loro amicizia nascondeva una componente omoerotica. Gogo è stato poi in carcere per la droga che Edwin lo aveva convinto a nascondere ed è emigrato a New York a lavorare come tassista, mentre Edwin ha sposato la madre del figlio di Gogo ma è morto prematuramente, senza aver mai rivisto il suo amico].

"Saint X" sa alternare molto bene i passaggi più descrittivi a quelli più appassionanti, complici anche le diverse voci narranti che trovano spazio tra le pagine. Il ritmo non è il più incalzante mai incontrato, ma io ho apprezzato anche i capitoli più lenti, che mi hanno permesso di immergermi maggiormente nella storia. Se siete alla ricerca di un romanzo che vi intrattenga senza rivelarsi troppo impegnativo, una di quelle che potremmo definire anche "letture da spiaggia" senza alcuna accezione negativa, mi sento di consigliarvelo!

Qual è l'ultimo thriller che avete letto?

giovedì 22 agosto 2024

Storia del soldato che riparò il grammofono

 Il mio primo incontro con Sasa Stanisic è avvenuto con la lettura di "Origini", pubblicato da Keller editore, un romanzo che ho amato. Da tempo immemore però nella mia lista dei desideri c'era "Storia del soldato che riparò il grammofono", pubblicato da Frassinelli e ormai introvabile, persino nelle biblioteche della mia zona; un enorme colpo di fortuna online mi ha permesso di acquistarlo, finalmente, qualche mese fa.

Romanzo d'esordio dell'autore, risalente al 2006, vi troviamo una storia di ispirazione autobiografica: il protagonista Aleksandar nasce come lui a Visegrad, quando la Bosnia si trova ancora in Jugoslavia, ed emigra forzatamente all'inizio degli anni '90 allo scoppiare della guerra. 

"Storia del soldato che riparò il grammofono" però è la prova evidente delle doti di narratore di Stanisic, che racconta questa trama in modo articolato, metaletterario, attraverso una doppia stesura, dagli occhi di Aleksandar bambino e poi dieci anni dopo quando fa ritorno a Visegrad per andare a trovare la nonna e i suoi ricordi si trasformano, riorganizzandosi, in modo più strutturato rispetto a quel fiume di parole dove era difficile sbrogliare la matassa di entusiasmo infantile, fantasia e cruda realtà.

Il lettore si trova davanti a un racconto complesso, che richiede impegno, pieno di personaggi tra familiari e vicini di casa, fatto della vita quotidiana di un bambino tra il tifo calcistico, la pesca, i giochi con i coetanei, e poi d'un tratto ci sono le cantine in cui nascondersi, il rumore delle mitragliatrici, la Germania in cui integrarsi. 

Sarà la voce di Aleksandar negli anni 2000 a scoprire cosa ne è stato di quei vicini, chi tra loro è stato ucciso, in quali abitazioni, alberghi, caserme dei pompieri della città si sono svolte le peggiori atrocità che Aleksandar bambino non avrebbe potuto comprendere né accettare; ci sono figure ammantate di mistero che restano sospese tra l'infanzia e l'età adulta, come in un sogno, e ci lasciano a chiederci di Asija e dei suoi capelli chiari cosa ne sia stato. 

Stanisic esordisce con un testo straordinario, il potere delle storie che un nipote promette al nonno, e spero che questo testo avrà la ristampa che merita nei prossimi anni, perché è un vero peccato che sia così difficile da rintracciare.

Quale libro avete cercato per tanto tempo prima di trovarlo?

Diario di Zlata

Leggendo "Le farfalle di Sarajevo" di Priscilla Morris, mi è tornato alla mente un testo autobiografico che avevo terminato molti anni fa: "Diario di Zlata" di Zlata Filipovic, che possiedo in un'edizione economica Rizzoli e ho deciso di riprendere.

Si tratta del diario di un'adolescente che ha appena compiuto undici anni nel 1992, quando inizia l'assedio di Sarajevo e la sua infanzia spensierata, fatta di successi scolastici, amicizie, tanti interessi e attività sportive. D'un tratto Zlata si trova costretta a nascondersi in cantine umide, a vivere esposta ai bombardamenti e ai cecchini, con continue interruzioni delle forniture di elettricità, gas e acqua, con sempre meno cibo a disposizione, mentre chi può scappa dai confini della Bosnia.

Rileggendo oggi questo diario, in cui Zlata fa esplicitamente riferimento ad Anne Frank e si augura al tempo stesso di avere un esito diverso della propria esperienza (e per fortuna così sarà), voglio condividere alcune riflessioni: la prima è che mi sono chiesta se oggi qualche ragazzina di Gaza starà scrivendo le stesse memorie della guerra e dell'assedio, e passerà alla storia mentre nel presente nessuno si è preoccupato della sua sopravvivenza, impegnati nei giochi di potere e nei massacri. 

La seconda è che mi sono accorta di possedere un'edizione che non consiglierei, perché priva di qualunque apparato critico o postfazione, perciò ho dovuto cercare in autonomia informazioni riguardo al fatto che nel 1993, ben tre anni prima della fine dell'assedio, Zlata e la sua famiglia riuscirono ad emigrare in Francia e salvarsi dalla guerra incessante -oggi l'autrice vive in Irlanda dove è regista e scrittrice.

Infine, ho ritrovato nelle pagine di cronaca della distruzione di Sarajevo avvenimenti che si trovano anche nel romanzo di Morris, in particolare il bombardamento della biblioteca nazionale (dove la protagonista di Morris ha il suo studio d'artista).

Non si può dare un giudizio su una testimonianza, che va letta per la sua rilevanza storica e non per il suo valore letterario, data anche la giovane età di Zlata all'epoca. Tristemente, seppure non nella stessa area geografica, la sua voce parla ancora del presente.

Qual è l'ultimo testo biografico che avete letto?


mercoledì 14 agosto 2024

Le farfalle di Sarajevo

"Le farfalle di Sarajevo" di Priscilla Morris, pubblicato da Neri Pozza, è un romanzo ispirato a due storie familiari dell’autrice: il suo prozio, pittore bosniaco il cui studio sopra la biblioteca nazionale prese fuoco durante l’assedio di Sarajevo, e suo padre che trascorse nella città assediata tre settimane nel tentativo (poi andato a buon fine) di far fuggire i suoi suoceri. 

Se nella prima figura rivediamo evidentemente Zora, la pittrice protagonista di questo romanzo che rimane intrappolata nella capitale allo scoppiare della guerra all'inizio degli anni '90 mentre suo marito e sua madre sono riusciti a partire per l’Inghilterra (dove lui avrebbe dovuto accompagnarla per poi fare ritorno), nel genero coraggiosissimo rivediamo Stephen che oltre sei mesi più tardi riuscirà a fare oltrepassare a Zora quei confini.

Nel mezzo c’è l’assedio, nel mezzo c’è la guerra, ci sono le farfalle delle pagine andate in fiamme di una biblioteca nazionale che brucia spargendo le sue ceneri in un’intera città. C’è la mancanza di acqua, di cibo, di elettricità, ma anche la solidarietà tra vicini di casa che mantiene in vita per quanto possibile  regalando momenti di condivisione e di speranza.

È un romanzo sofferto, ma allo stesso tempo letterario, ben scritto, pieno di arte, di momenti di poesia che oltrepassano i cecchini, il richiamo forzato alle armi, le bombe che aprono varchi nei palazzi. È un romanzo vivido, diretto, in cui nell’arco di un anno ci sentiamo vicini ai protagonisti e si percepisce in ogni pagina il lavoro di ricerca e di dialogo con tanti testimoni intrapreso dall’autrice.

Quello delle guerre Jugoslavia è un tema che mi interessa moltissimo e questo romanzo mi ha indotta a cercare altre letture, cosa che mi capita solo quando un libro mi piace particolarmente, e mi ha colpita così tanto che non posso che consigliarvelo.

Conoscete altri testi che parlino di questo periodo storico?

sabato 10 agosto 2024

E poi saremo salvi

Che colpo al cuore, "E poi saremo salvi" di Alessandra Carati, il romanzo d'esordio pubblicato da Mondadori di un'autrice che ha alle spalle una carriera da biografa e ghost writer e qui si cimenta in una storia a lungo documentata, che le ha richiesto più stesure e ferisce come una lama affilata.

Aida ha sei anni quando scoppia la guerra in Jugoslavia e d'un tratto serbi e bosniaci diventano nemici, in Bosnia si viene rapiti, torturati, uccisi, e così lei e sua madre, incinta del fratello Ibro, lasciano il villaggio e scappano verso la frontiera, per passare il confine e raggiungere il padre in Italia.

È a Milano che Aida cresce, dapprima da profuga e poi sempre più inserita, al punto da essere adottata dalla famiglia di volontari che per prima li ha accolti. Intanto la distanza tra lei e i genitori aumenta, la Bosnia continua ad essere radicata in loro mentre lei sente di non appartenervi, frequenta il liceo classico, studia Medicina. Della Bosnia conserva ricordi sfuocati, l'amata nonna, la paura dei soldati col mitra, i cari scomparsi o assassinati che tormentano i suoi genitori, nelle fosse comuni dove i loro corpi attendono di venire ricomposti e restituiti alla luce. 

Se il conflitto e l'emigrazione sono al centro della prima metà del romanzo, nella seconda il centro della narrazione è la salute mentale, o per meglio dire la malattia, quella che si manifesta in Ibro ventenne e che nessuno sa come gestire, e che l'autrice racconta benissimo, nel dramma delle famiglie lasciate sole davanti a problematiche insormontabili, a figli amatissimi e incontrollabili. La racconta benissimo, sebbene questa spaccatura a metà sia secondo me il difetto del romanzo, che fatica a tenere insieme le sue due componenti così differenziate.

"E poi saremo salvi" è un romanzo doloroso dove nessuno si salva, dove ci sono più separazioni che vicinanze, e quando i legami si riallacciano avviene sempre per mezzo di una tragedia, la calma sopraggiunge quando anche la speranza sembra venire meno. È una storia carica di vissuti e di sofferenze, scritta in capitoli brevi e trascinanti in prima persona, che non sono riuscita ad interrompere nemmeno per prendere fiato.

Tra i finalisti al Premio Strega 2022 e forse dopo di allora un po' dimenticato, è un romanzo che vi consiglio caldamente se volete leggere una storia che vi emozioni in profondità.

Qual è l'ultimo libro che vi ha commossi?

venerdì 9 agosto 2024

Rogo

Il mio secondo incontro con l'interessantissimo catalogo di Utopia editore avviene (dopo la folgorazione di "Eva dalle sue rovine" di Ananda Devi) con la lettura di "Rogo" di Perumal Murugan, autore indiano di lingua tamil. 

Romanzo breve da cui è impossibile separarsi, ha per protagonisti Saroja e Kumaresan, due giovani appartenenti a caste diverse che decidono di sposarsi incuranti della pressione sociale. Si renderanno conto di quanto la loro azione sia considerata grave soltanto quando Saroja seguirà Kumaresan al suo villaggio, fuggendo senza dire una parola alla propria famiglia, e una volta arrivata alla casa della suocera verrà accolta da insulti, ostracismo e violenza verbale, che non accennano a diminuire con il passare del tempo [anzi si fanno sempre più gravi, al punto di comportare l'omicidio della ragazza da parte dei residenti, che la inseguono in uno straziante finale e danno fuoco alla vegetazione in cui si nasconde].

"Rogo" è un romanzo estremamente drammatico, in cui percepiamo pagina dopo pagina l'emarginazione e la solitudine di questa giovane donna, e anche l'ingenuità del suo innamorato che non si sarebbe mai aspettato un tale rifiuto da parte coloro che lo avevano protetto e amato fino a quel momento. E' un romanzo che torna ad affrontare la distinzione in caste della società indiana, tema che non ho trovato in primo piano nelle mie più recenti letture ambientate in India (come ne "Il patto dell'acqua" di Verghese, anche se vi si trovano riferimenti agli intoccabili) e trovo di enorme interesse, dato che ancora purtroppo attuale.

Sono rimasta col fiato sospeso per tutta questa lettura, che ho trovato molto dura ma anche convincente, e vi consiglio davvero.

Qual è l'ultimo romanzo ambientato in India che avete letto?

mercoledì 7 agosto 2024

Terra crudele

"Terra crudele" di Anne Weisgarber è un romanzo piuttosto diverso da quello che mi sarei aspettata. Pubblicato da Neri Pozza, una casa editrice che come sapete per me rappresenta una garanzia e che compro quasi a scatola chiusa, affronta anche un tema che trovo molto interessante: quello della poligamia tra i mormoni negli Stati Uniti.

È necessario però specificare che proprio questa composizione familiare riveste un ruolo meno centrale di quanto credessi, e ci troviamo piuttosto davanti a un romanzo storico e ad una storia d’amore. L’autrice infatti si è ispirata a fatti realmente accaduti alla fine del diciannovesimo secolo e ha deciso di ricostruirli -in particolare il massacro di Mountain Meadows del 1857 e una piccola comunità dello Utah, composta da soltanto otto famiglie che sebbene siano mormone hanno scelto di allontanarsi dai luoghi dove i dettami della chiesa vengono praticati in modo più osservante e si dedicano piuttosto a sopravvivere in un luogo spesso inospitale.

Tra loro c’è la nostra protagonista Deborah, che si guadagna da vivere fabbricando guanti e il cui marito Samuel è da tempo lontano da casa per il suo mestiere di costruttore di carri e di ruote. Samuel però avrebbe dovuto fare ritorno ben prima e per questo giorno dopo giorno sentiamo aumentare la preoccupazione per l’amato marito, che conosciamo soltanto attraverso qualche lettera. 

L’altro protagonista e voce narrante di questa storia è Niels, amico di Samuel sin dall’infanzia: nonostante anche lui non aderisca fedelmente alle pratiche della chiesa mormone, non ha smesso di aiutare a sfuggire al pericolo dell'arresto uomini che si allontanano dalla città in quanto poligami. È l’arrivo di uno di loro e subito dopo del maresciallo che gli dà la caccia a ribaltare gli equilibri di questa storia, che alterna così una caccia all’uomo alle dinamiche della piccola comunità dello Utah e ciò che segue al ritrovamento del maresciallo ferito, di cui Deborah e Niels si trovano ad occuparsi.

È un romanzo più adatto alla lettura invernale: immerso in paesaggi innevati e strade impercorribili per il ghiaccio insomma l’ho letto un po’ fuori stagione; sebbene mi aspettassi qualcosa di parecchio diverso alla fine sono stata coinvolta dalle voci di questi due personaggi e dalle loro avventure. Non è il primo romanzo che vi consiglio se volete approfondire l’argomento, ma si tratta comunque di una buona lettura per gli amanti del genere storico.

Qual è l’ultimo romanzo americano che avete letto?

domenica 4 agosto 2024

Radici bionde

"Radici bionde", pubblicato da SUR, è stato il mio primo incontro con l’apprezzatissima autrice Bernardine Evaristo, ma purtroppo credo di aver cominciato dal titolo sbagliato (è infatti molto più famoso "Ragazza, donna, altro" che forse avrei dovuto preferire) perché si è rivelato la delusione tra le letture del mese, nonostante le premesse fossero ottime.

L’autrice descrive una società in cui è avvenuto un ribaltamento tra l’etnia caucasica e quella africana, che ha comportato che il fenomeno della tratta degli schiavi si svolgesse dalle coste dell’Europa verso quelle dell’Africa -i cui nomi sono leggermente variati, abbiamo infatti "Europia", i "bianki", i "nehri" e così via.

La protagonista, Doris, è stata catturata e resa schiava da ragazzina e da allora sogna di riconquistare la libertà. La struttura del romanzo non è lineare e intreccia il punto di vista di Doris ai suoi ricordi, ma anche alla voce di uno dei proprietari di schiavi che ha la pretesa di descrivere anche il contesto sociale in cui questa forma di schiavitù ha luogo.

Purtroppo nel complesso il testo non mi ha convinta per nulla: innanzitutto dal punto di vista temporale la contestualizzazione non regge. Se ci sono molti riferimenti all’epoca del diciassettesimo o diciottesimo secolo (la vita rurale in Europa, i viaggi per mare, le attività lavorative e l’economia) in altri punti ci sono invece elementi della contemporaneità riferiti per esempio alla moda. Questo ha contribuito a confondermi e a non farmi sentire immersa in una costruzione del mondo coerente.

L’altro enorme difetto, a mio parere molto più grave, è quello che per la protagonista non si riesce a provare alcuna empatia quando descrive le indicibili violenze a cui gli schiavi sono sottoposti. Sappiamo che non c’è nulla di inventato in queste ricostruzioni, ma sono descritte con un distacco e uno stile così vicino all’elenco freddo e compilativo, che non ho provato alcune emozione. Siamo lontanissimi insomma da opere come "Amatissima" di Toni Morrison (a cui troviamo citazioni anche dirette) che trasmette la crudeltà della schiavitù in modo estremamente rispettoso ed efficace.

In conclusione questa lettura non è proprio riuscita a convincermi e nonostante la durezza dei temi trattati mi sono addirittura annoiata.

Conoscete questa autrice per questo o altri romanzi?

Caccia allo strega

Come sapete, leggo raramente saggi. Sono però un'assidua ascoltatrice di podcas a tema libri, e tra i miei preferiti del momento c'è "Comodino", un podcast del Post realizzato da Ludovica Lugli e Giulia Pilotti: in una delle puntate hanno diffusamente parlato di "Caccia allo strega - Anatomia di un premio letterario" di Gianluigi Simonetti, pubblicato da nottetempo, e così ho deciso di prenderlo in prestito in biblioteca.

L'autore, giornalista, professore universitario e critico letterario, analizza in particolare sei anni di assegnazione del più importante premio letterario italiano, dal 2017 al 2022, e sei romanzi esemplari di anni precedenti, tutti pubblicati nel ventunesimo secolo (a dire il vero cinque premi Strega e un Campiello).

Ne prende in considerazione i punti in comune, come essi riflettano un vero e proprio spirito del loro tempo, i gusti e le esigenze di un pubblico di lettori che sempre più richiede romanzi di valori, dove siano nettamente distinte le vittime e i carnefici, dove spesso ricoprono un ruolo di primo piano i conflitti armati del presente o del passato, e dove la complessità letteraria sembra essere sempre meno auspicabile.

Mi sento di non sapervi parlare granché di un'opera di critica letteraria, che ho trovato però estremamente interessante soprattutto nell'analisi dei testi che avevo già letto e nell'incuriosirmi verso altri che invece non ho ancora preso in considerazione. 

Vi nomino perciò i romanzi trattati, così che possiate decidere se anche voi ne volete leggere un'analisi, ma anche molto spesso una critica feroce! 

Nel dettaglio affronta: "Via Gemito" di Starnone, "Non ti muovere" di Mazzantini, "La solitudine dei numeri primi" di Giordano, "Resistere non serve a niente" di  Siti, "M. Il figlio del secolo" di Scurati, "Le assaggiatrici" di  Postorino. Meno approfonditamente ma più in maniera comparativa vengono trattate le cinquine dal 2017 al 2022, che mi hanno fatto venire voglia di recuperare "E poi saremo salvi" di Carati e "La straniera" di Durastanti tra i titoli che non ho ancora letto.

Vi capita di leggere saggistica? Quale settore vi appassiona?