lunedì 21 ottobre 2019

L'ombra del vento

Per la prima volta ho letto questo libro molti anni fa, ormai più di dieci, quando era la novità del momento e non riuscii a resistere alla sua copertina negli espositori del supermercato. Oggi non compro più libri quando faccio la spesa e sono molto restia al leggere il best-seller del mese. Questo libro nella sua copertina (che ancora oggi mi piace moltissimo) si era ritagliato quindi da oltre un decennio il suo posto sui miei scaffali colorati, e non pensavo a lui da molto tempo; poi, complice un meraviglioso viaggio a Barcellona, l'ho riscoperto. E Daniel Sempere ha reso la mia vacanza ancora più magica.


Titolo: L'ombra del vento
Autore: Carlos Ruiz Zafòn
Anno della prima edizione: 2001
Titolo originale: La sombra del viento
Casa editrice: Mondadori
Traduttrice: Lia Sezzi
Pagine: 439


LA STORIA
Daniel Sempere è appena un bambino quando suo padre, libraio di Barcellona, gli rivela l'esistenza del Cimitero dei libri dimenticati: un luogo colmo di volumi sconosciuti al grande pubblico, dove chiunque venga ammesso tra gli scaffali ha il compito di adottare un libro e tenerlo con sé. È qui che Daniel incontra "L'ombra del vento", romanzo di Julian Carax, scrittore del quale si sono perse le tracce e la cui opera omnia è stata quasi completamente data alle fiamme da un personaggio che pare essere un demonio uscito dai suoi libri. 

COSA NE PENSO
L'ombra del vento è un romanzo che contiene in sé diversi generi letterari. È innanzitutto un romanzo di formazione, che vede crescere Daniel, passare da un adolescente infatuato di una donna che non lo ricambia ad un giovane uomo che scopre cosa significa innamorarsi davvero. 
C'è molta famiglia dentro questo libro: la mancanza della madre di Daniel, prematuramente scomparsa, e la sua stretta relazione con il padre che lo ama moltissimo; e poi c'è Fermìn, che pur non avendo con i Sempere un legame biologico diventa in breve tempo uno di loro.
La passione infantile è un'amante infedele e capricciosa, e ben presto nel mio cuore ci fu posto solo per le costruzioni e le barchette a molla. Smisi di chiedere a mio padre di portarmi a vedere la penna di Victor Hugo, e lui smise di menzionarla. Ma di quel periodo mi è rimasta impressa un'immagine di mio padre: un uomo magro, con un vecchio vestito troppo largo e un cappello usato comprato in calle Condal per sette pesetas, che non poteva permettersi di regalare a suo figlio una penna tanto portentosa quanto inutile.
È anche un romanzo ricco di misteri, che copre un arco temporale lungo oltre vent'anni (dall'immediato dopoguerra all'epilogo nella metà degli anni Sessanta) e affronta tematiche storiche come la guerra civile spagnola, l'epoca durante la quale il castello di Monjuic era una prigione ed un luogo di tortura.
È impossibile descrivere quei primi giorni di guerra a Barcellona, Daniel. Negli sguardi della gente c'erano odio e paura e nelle strade regnava un silenzio che prendeva allo stomaco. Di giorno in giorno, di ora in ora, arrivavano notizie allarmanti. Ricordo una sera in cui Miquel e io camminavamo lungo le ramblas diretti a casa. In giro non c'era anima viva. Osservando le facciate delle case, le imposte che occultavano sguardi sospettosi, Miquel disse che si sentiva il rumore dei coltelli che venivano affilati.

Lo stile di Zafòn è semplice, ricco di descrizioni capaci di trasportare il lettore in una Barcellona molto meno assolata di quella che ho avuto il piacere di visitare; spesso piove su Daniel, su Fermin e sugli altri personaggi che percorrono le strade della città, si fermano nelle sue piazze, viaggiano sui suoi treni. Barcellona è uno sfondo ma anche un elemento cardine nel romanzo di Zafon: è infatti proprio la città a creare l'atmosfera, ad aggiungere un tratto distintivo.
Ci incamminammo in direzione della Barceloneta e, passo dopo passo, arrivammo fino al frangiflutti. La città, avvolta nel silenzio, si offriva al nostro sguardo emergendo dalle acque calme del porto come un miraggio. Ci sedemmo sul molo per contemplare lo spettacolo. A una ventina di metri da noi si snodava un'immobile processione di automobili con i vetri dei finestrini appannati o coperti da fogli di giornale. «Questa città è magica, Daniel. Ti entra nel sangue e ti ruba l'anima.»
Va detto che non tutte le storie contenute ne "L'ombra del vento" sono incredibilmente originali, ad esempio è innegabile quanto la storia d'amore tra Julian e Penelope sia debitrice alla tragedia di Giulietta e Romeo (con Miquel Moliner nei panni del Frate Lorenzo e Jacinta in quelli della nutrice). 
Di notte Julián scriveva racconti in cui dava voce al suo amore per Penélope. Poi, con una scusa qualunque, si recava nella casa dell'avenida del Tibidabo e attendeva l'occasione per sgattaiolare nella stanza di Jacinta e affidarle le pagine scritte da consegnare alla ragazza. Ogni tanto la governante gli dava un biglietto di Penélope che Julián leggeva e rileggeva all'infinito.
Tuttavia a mio parere l'opera nel complesso non ne risente: Zafon è abilissimo nel mantenere sempre viva nel lettore la curiosità nei confronti del destino di Julian Carax, dell'identità del misterioso uomo sfigurato che si fa chiamare Lain Coubert, ed anche del passato di personaggi comprimari come Fermin -che è senza dubbio uno dei più riusciti, grazie alla sua pungente ironia ed al fatto che incarni una parte della storia spagnola con il proprio vissuto precedente all'impiego presso i Sempere.

Un altro grande pregio dello scrittore spagnolo è l'abilità di dosare gli elementi all'interno del suo corposo romanzo: esso è infatti ricco di drammi (pensiamo alla triste vicenda di Penelope Aldaya, allo stesso padre di Daniel che non ci appare mai come un uomo soddisfatto, a Fermin prigioniero dei propri rimorsi, e naturalmente a Julian…) ma non eccede mai nei toni tragici, che vengono abilmente smorzati attraverso la divertente voce di Fermin e gli aneddoti della giovinezza di Daniel, che spesso riescono a farci sorridere.
"L'ombra del vento" è una lunga ricerca che si sviluppa lungo due binari paralleli: Daniel cerca Julian, e Julian cerca dapprima Penelope, poi lo stesso Daniel senza che egli se ne renda conto. Si tratta di un'avventura ricca di misteri da svelare, di enigmi a cui trovare risposta, dalla quale è impossibile non farsi coinvolgere; i lettori poi saranno deliziati dal ruolo da protagonisti che viene affidato ai libri e alle librerie.
«I libri?» «Libri maledetti, l'uomo che li ha scritti, un misterioso personaggio fuggito dalle pagine di un romanzo per poterlo bruciare, un tradimento e un'amicizia perduta. È una storia d'amore, di odio e di sogni vissuti all'ombra del vento.» «Sembra il risvolto di copertina di un romanzetto, Daniel.» «Non per niente lavoro in una libreria. Ma questa è una storia vera. Vera come il fatto che questo pane è vecchio almeno di tre giorni. E come tutte le storie vere comincia e finisce in un cimitero, anche se molto particolare.»
Anche affezionarsi ai protagonisti è istintivo, al punto che una volta terminata la lettura se ne sente immediatamente la mancanza.
Ecco il motivo per cui ho iniziato la lettura de "Il gioco dell'angelo" non appena terminato questo tomo...

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