lunedì 4 novembre 2019

Amatissima

Terza lettura per la sfida dello scaffale strabordante a cui partecipo nel disperato tentativo di ridurre la quantità di libri non ancora letti che invadono ogni centimetro delle mie librerie. Da molto avevo acquistato questo titolo, che avevo affrontato su consiglio della professoressa di Antropologia ai tempi dell'università; mi aveva colpita come uno schiaffo in pieno viso, e a distanza di anni sentivo di doverlo rileggere. Finalmente mi sono decisa a farlo.



Titolo: Amatissima
Autrice: Toni Morrison
Anno della prima edizione: 1987
Titolo originale: Beloved
Casa editrice: Frassinelli
Traduttore: Giuseppe Natale
Pagine: 410



LA STORIA

Le protagoniste di questo romanzo sono madre e figlia, Sethe e Denver. Vivono nel diciannovesimo secolo negli Stati Uniti; Sethe è stata una schiava per più di metà della sua vita ed è riuscita a sfuggire ai suoi padroni solo dopo aver subito atroci sofferenze; ha portato con sé i propri figli sino a Cincinnati, ma non è riuscita a sfuggire ai fantasmi del suo passato, che non hanno mai smesso di perseguitarla.
«Quando le cose morte tornano in vita, fanno sempre male.»
COSA NE PENSO

Il romanzo "Amatissima" vinse il Premio Pulitzer nel 1988, e la sua autrice, purtroppo recentemente scomparsa, fu insignita del Premio Nobel per la Letteratura nel 1993. Già da queste due informazioni è evidente come la qualità della scrittura in "Amatissima" sia eccellente, e che difficilmente deluderà i lettori.

Si parla di schiavitù, in "Amatissima", e si parla di libertà. Si parla di quanto gli schiavi abbiano dovuto subire negli Stati Uniti dell'800, senza risparmiare al lettore alcun dettaglio delle atrocità a cui sono stati sottoposti: frustate, strumenti di tortura, roghi, stupri, gabbie sotterranee solo per citarne qualcuno. 
Due o tre mesi. Era più o meno quello il periodo massimo che resisteva in un posto. Dopo l’esperienza del Delaware e, ancora prima, ad Alfred, in Georgia, dove dormiva sottoterra e scivolava fuori, alla luce del sole, al solo scopo di spaccar pietre, andarsene quando gli pareva era l’unico modo per convincersi che non doveva più starsene sempre incatenato a dormire, pisciare, mangiare o pestare con la mazza.
Alla protagonista Sethe nulla è stato risparmiato: sulla sua schiena c'è un albero, l'insieme delle cicatrici lasciatele da una frusta; degli otto figli che ha partorito, soltanto Denver è ancora accanto a lei nel tempo della libertà -ed è una ragazza insicura, che vive rinchiusa nella casa al 124, in funzione della madre e del suo ingombrante passato.
«Scusa tanto, ma non sopporto nemmeno una parola contro di lei. Ci penso io a punirla. Tu lasciala stare.» Rischioso, pensò Paul D, molto rischioso. Per una ex schiava, amare a quel modo era pericoloso, soprattutto se l’oggetto dell’amore erano i suoi figli. La cosa migliore da farsi, lo sapeva, era amare un pochino, amare tutto, però solo un pochino, così quando gli spezzavano la schiena, o lo ficcavano in un sacco di iuta, be’, forse restava un po’ d’amore per chi veniva dopo.
Il romanzo di Toni Morrison è infatti una storia familiare, dove tre generazioni condividono una casa, dopo aver ottenuto a caro prezzo la libertà. Al 124 infatti hanno vissuto Baby Suggs (la madre dell'unico uomo che Sethe abbia amato, e da cui sia stata amata), Sethe e Denver; è qui che il passato di Sethe torna a bussare alla porta e la obbliga a confrontarsi con ciò che si è lasciata alle spalle per poter sopravvivere.

«L’ho fatta io, quella canzone», disse Sethe. «L’ho fatta io e la cantavo ai miei bambini. Quella canzone non la conosce nessun altro, solo io e i miei bambini.» Amata si voltò a guardarla. «Io la conosco», disse.
Sethe è una donna spezzata da ciò che ha subito, da tutto ciò che le è stato portato via: l'amore, i suoi figli, la sua integrità fisica e morale. Sethe è il simbolo dell'orrore della schiavitù, di ciò che i bianchi hanno inflitto ai neri pensando che fosse un loro diritto, credendosi superiori. Sethe rappresenta una pagina di storia che è necessario ricordare, che è necessario raccontare -anche perché i tempi delle battaglie per i diritti civili non sono affatto trascorsi da molto. 
ogni accenno alla sua vita passata le faceva male: in quella vita tutto dava dolore o era andato perduto. Lei e Baby Suggs, senza neppure avere bisogno di parlarne, si erano trovate d’accordo sul fatto che non c’erano parole per descriverlo. Alle domande di Denver, Sethe dava sempre delle risposte brevi, oppure divagava fornendo delle fantasticherie incomplete. Perfino con Paul D, con cui aveva condiviso in parte quello stesso passato e con cui poteva parlarne perlomeno con una certa tranquillità, il dolore era sempre lì – come all’angolo della bocca, tutto piagato, nel punto in cui prima c’era il morso.
Toni Morrison costruisce un romanzo attorno a Sethe, anche se si è ispirata ad un terribile fatto di cronaca, in cui una donna di nome Margaret Gardner, in fuga dalla schiavitù, aveva compiuto la stessa dolorosissima scelta che in "Amatissima" compie la sua protagonista. Difficile non rimanere sconvolti, una volta intrapresa la lettura di questo romanzo; impossibile restare indifferenti a ciò che ci racconta un'opera di finzione, ma è stato del tutto reale.
"Amatissima" è un romanzo duro, che ripercorre passi tra i più oscuri della storia americana, le peggiori violazioni dei diritti umani; è un romanzo che contiene grandi, terribili verità ma le mescola al realismo magico dando vita ad un insieme perfettamente calibrato, poetico ed appassionante.
Ho iniziato a scoprire questa scrittrice da quella che è probabilmente la sua opera più famosa, ma di una cosa sono certa: è stato solo l'inizio, e se il buon giorno si vede dal mattino... mi aspettano molte altre ottime letture.

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