lunedì 4 gennaio 2021

Il sogno della macchina da cucire

Ci sono autori e autrici a cui saremo sempre legati, perché siamo cresciuti con loro. Per questo "Il sogno della macchina da cucire" è stato per me come un ritorno a casa: Bianca Pitzorno è l’autrice della mia infanzia, l’autrice che mi ha trasmesso l’amore per la lettura attraverso i suoi libri e mi ha reso la lettrice che sono oggi.



Titolo: Il sogno della macchina da cucire
Autrice: Bianca Pitzorno
Anno della prima edizione: 2018
Casa editrice: Bompiani
Pagine: 240


LA STORIA

Siamo nel sud Italia, alla fine dell’Ottocento; la nostra protagonista è un'umile sartina che vive con la nonna e la perde prematuramente. Resta dunque sola a praticare questo mestiere nelle case dei ricchi; proprio in queste case entra in contatto con le vite di persone di estrazione sociale così diversa dalla sua, ma anche loro vittime dei propri dolori e delle maldicenze degli altri.

COSA NE PENSO

"Il sogno della macchina da cucire" è il ritratto di un’Italia che non c’è più: un'Italia dove non c’erano grandi catene di abbigliamento, dove i vestiti venivano confezionati su misura da queste donne che si recavano a domicilio e realizzavano quanto necessario. È anche il ritratto di alcune donne che cercano di vivere la propria vita senza dipendere dagli uomini, e questo era estremamente difficile alla fine dell’Ottocento -ma alle protagoniste intraprendenti e coraggiose Bianca Pitzorno ci ha abituati sin dai tempi di "Ascolta il mio cuore", con le sue giovanissime eroine.

Anche mia nonna si vestiva da gatto per accompagnarmi in piazza a gettare i coriandoli e suonare la trombetta con la lingua retrattile. Rideva anche lei come una bambina. Questa era la nostra grande occasione mondana, il nostro unico lusso.

Mentre leggevo questo romanzo ho pensato più volte che mia nonna lo avrebbe adorato perché ritrae il passato del Meridione, la fascinazione per la regina Margherita, e perché ci racconta l’antico mestiere della sarta, ci racconta i ricami, le stoffe, e li descrive in modo talmente vivido da farceli vedere con gli occhi e toccare con mano. Impossibile non pensare a mia nonna, che giovanissima lavorava da magliaia, alle sue coperte realizzate a mano, ai suoi maglioni, ai centrini: oggetti di un passato che non c’è più e mi manca terribilmente ogni volta che sotto quella coperta a righe colorate trascorro gli inverni.

Sapevamo che al suo arrivo a Roma, giovane sposa, era stata giudicata rustica e inelegante, che le parenti Savoia la chiamavano con disprezzo “la pastora”. La gente umile però l’ammirava, anche da noi una grande folla si schierò lungo i binari della stazione per accoglierla con manifestazioni di omaggio e non mi vergogno di dire che tra la folla c’ero anch’io.


In più "Il sogno della macchina da cucire" è una storia d’amore di quelle che fanno sognare, di quelle romantiche e ingenue, di quelle che devono sfidare le convenzioni e il destino. Bianca Pitzorno però non è una donna dai facili lieto fine, né dai romanzi sdolcinati o scontati, e proprio per questo la storia d’amore di questo romanzo è romantica sì, ma anche dolceamara. Anche l'amore tra Guido e la protagonista è un modo per raccontarci un’epoca in cui queste donne indipendenti, lavoratrici, che addirittura come la protagonista (ma anche come la signorina Ester e come la giovane americana) sapevano leggere, erano vittime di sospetti e antipatie di uomini che non potevano accettare una tale libertà femminile.

 “Tu leggi troppi romanzi, ti sei montata la testa, chi ti credi di essere? Non ricordi cosa ti ha detto il sergente? Cerca di tenere a bada l’immaginazione o finirai male.” 

Anche qui torna dunque l’importanza della letteratura, anche qui torna il potere di un libro, così come in tanti romanzi per l’infanzia di Bianca Pitzorno che hanno proprio grazie a questi temi il potere di rendere lettori i più giovani che ci si avvicinano. Questo è un romanzo per adulti, non per ragazzi, ma lo stile della scrittrice è perfettamente riconoscibile e anche le sue tematiche ricorrenti -come appunto le donne, la letteratura, ma anche la lotta agli stereotipi maschili e femminili- ritornano. Si tratta di una piacevole riscoperta per chi ha già conosciuto l’autrice durante l'infanzia, ma credo che possa costituire una lettura stimolante ed interessante anche per chi dovesse incontrarla per la prima volta.

“Non voglio essere una mascherina. Voglio essere un pirata,” sussurrò Clara contro il petto di Guido. “Non ti piace come ti ho truccato la faccia? Posso fartela meglio, se hai un po’ di pazienza.” “Non voglio la faccia da pirata. Voglio essere un pirata. Come Sandokan. Un vero pirata. Per sempre.” “Quando sarai grande potrai essere un pirata, te lo prometto,” rispose Guido sottovoce.


Nel complesso quindi "Il sogno della macchina da cucire" è un romanzo che mi è piaciuto molto: ci ho trovato un’atmosfera talvolta fiabesca, ma anche molti elementi storici crudi e concreti -come l’epidemia di spagnola o la tubercolosi che affliggeva e troppo spesso uccideva le persone più povere. Se devo trovare un difetto a questo romanzo, ed in effetti l’ho trovato, è la sua brevità: con questo voglio dire che sì, è un romanzo scorrevole che sia legge in poco tempo, ma non avrei trovato fuori luogo qualche pagina in più, per raccontare più nel dettaglio alcune delle storie dei personaggi presentati. Penso per esempio alla giovane americana o ad alcune delle famiglie abbienti che incrociano la strada della protagonista: le loro vicende incuriosiscono molto, ma talvolta sembrano trattate in maniera un po’ sbrigativa. Per quanto riguarda la conclusione invece, sulla quale ho letto pareri contrastanti, ho trovato che fosse piuttosto azzeccata e che senza soffermarsi su dettagli troppo minuziosi desse un quadro coerente di quanto avvenuto. 

"Il sogno della macchina da cucire" è quindi un romanzo che consiglio a tutti coloro che amano le storie del passato e a tutti coloro che vogliono leggere una storia di donne coraggiose come sono state moltissime delle nostre nonne, che meritano di essere onorate e ricordate ogni giorno!

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