lunedì 14 giugno 2021

Kafka sulla spiaggia

Il mio primo incontro con la produzione onirica di Murakami è stato "Kafka sulla spiaggia", un volume acquistato in edicola qualche tempo fa, nella stessa edizione di Underground di cui vi ho parlato da poco.


Titolo: Kafka sulla spiaggia
Autore: Haruki Murakami
Anno della prima edizione: 2002
Titolo originale: Umibe no Kafuka
Casa editrice: Einaudi
Traduttore: Giorgio Amitrano
Pagine: 514


LA STORIA

I protagonisti di Kafka sulla spiaggia sono un adolescente di 15 anni, Tamura Kafka, che si sente incapace di vivere, e un uomo ormai anziano di nome Nakata che è stato vittima di un avvenimento inspiegabile quando era bambino, che lo ha reso analfabeta ma capace di parlare con i gatti e possessore di un’ombra piuttosto sbiadita. A questi due protagonisti accadranno le più incomprensibili avventure, che ruotano attorno ad una misteriosa biblioteca, alla "pietra dell’entrata" e ad una foresta dove si verificano fenomeni inspiegabili.

COSA NE PENSO

Iniziamo col dire che Murakami è uno scrittore incredibilmente talentuoso e di questo ci si accorge sin dalle prime pagine. I primi capitoli sono narrativa pura, in cui seguiamo le vicende dei personaggi che ci vengono presentati a poco a poco; il mio preferito sin dall’inizio è stato il signor Nakata, che ho trovato tenero e sensibile come se nella sua mente fragile e che fatica a capire le cose del mondo fosse in realtà più ricettivo e sapesse comprendere meglio di chi lo circonda.

Insomma, la cosa che fa più piacere a Nakata è uscire e stare a parlare con i gatti sotto il cielo, come adesso.

Ho apprezzato molto la costruzione dei rapporti umani, specialmente quelli tra Nakata e il signor Hoshino, due solitudini che si incontrano per un viaggio apparentemente impossibile e che creano un legame profondo ed improvviso. Credo che questa amicizia sia stata in effetti l’elemento che ho preferito in tutto quanto il romanzo.

Poi si girò verso Nakata, il quale stava guardando tutto concentrato un libro con foto di mobili dell’artigianato giapponese, e con le mani manovrava pialle e scalpelli immaginari. Evidentemente, quando vedeva dei mobili il suo corpo cominciava a compiere, in modo automatico, i gesti che per tanti anni era abituato a fare nel suo lavoro. “Invece non mi stupirebbe se lui diventasse un grande uomo, - pensò Hoshino. - La maggior parte delle persone non ha la stoffa per diventarlo. Ma lui è speciale”.

Ho apprezzato anche il rapporto tra il giovane Kafka e il signor Oshima, personaggio dalla sessualità fluida che si occupa della biblioteca ed offre sin dal primo momento il suo disinteressato aiuto al ragazzo. Non altrettanto convincenti sono secondo me i rapporti tra Kafka e i personaggi femminili di questa storia, influenzati da una profezia scagliatagli contro dal suo stesso padre in odore di complesso di Edipo: è vero, a quindici anni la sessualità ha un enorme peso nei pensieri di un adolescente, ma come questa si concretizzi poi negli incontri tra Kafka e le due donne tra queste pagine non mi è sembrato del tutto credibile. E voi riderete pensando: credibile, in questo libro?

In effetti la produzione onirica di Murakami, caratterizzata dal cosiddetto realismo magico, probabilmente non è per tutti; e io devo riconoscere che il modo in cui in questo romanzo ai fatti non è data alcuna spiegazione, plausibile o meno, mi ha fatto sentire piuttosto disorientata e man mano che procedevo nella lettura questo effetto è andato acuendosi. Ho adorato, certo, il signor Nakata e le sue conversazioni con i gatti (attenzione: mi sento di indicarvi il sedicesimo capitolo come davvero molto crudo per chi come me e sensibile alla violenza sugli animali!) ma non altrettanto la piega che prende il soggiorno di Kafka nella biblioteca.

Anch’io, quando avevo la tua età, sognavo sempre di andare in un mondo a parte, — dice la signora Saeki sorridendo. — Un posto al di fuori del tempo, dove nessuno avrebbe potuto raggiungermi. — Ma un posto del genere non esiste. — Infatti, non esiste. Per questo vivo così. In un mondo dove tutto si danneggia, il cuore si consuma, e il tempo scorre senza un attimo di tregua.

Mi dispiace constatare ora che sto riordinando i pensieri che in effetti avevo aspettative piuttosto alte verso "Kafka sulla spiaggia", e ora che ho terminato la lettura mi rendo conto di come siano andate in parte deluse. So che gli estimatori dell’autore giapponese amano l’irrisolutezza delle sue opere, l’atmosfera di mistero, di irrealtà, di sogno che le caratterizza. Il suo stile e la sua capacità descrittiva piacciono molto anche a me, ma a conti fatti credo di essere una lettrice molto legata alla realtà, che ha bisogno di spiegazioni anche per gli avvenimenti più improbabili e che non ama rimanere con la sensazione di non aver compreso ciò che ha appena letto.

"Kafka sulla spiaggia" contiene di certo delle riflessioni che ognuno di lettori saprà adattare alla propria situazione e che saprà vivere e sentire come proprie: questo è innegabilmente un grande pregio della storia, perché tutti prima o poi attraversiamo le nostre tempeste di sabbia e non siamo gli stessi una volta che riusciamo ad uscirne, così come capita a Kafka che si accorge di saper vivere dopo tutto e al signor Hoshino che grazie al suo incontro con Nakata non sarà mai più Il ragazzo di prima che si lasciava sopravvivere dietro il volante di un camion.

Poi, quando la tempesta sarà finita, probabilmente non saprai neanche tu come hai fatto ad attraversarla e a uscirne vivo. Anzi, non sarai neanche sicuro se sia finita per davvero. Ma su un punto non c’è dubbio. Ed è che tu, uscito da quel vento, non sarai lo stesso che vi era entrato. Sì, questo è il significato di quella tempesta di sabbia.

In conclusione "Kafka sulla spiaggia" non è diventato uno dei miei romanzi preferiti, ma mi ha lasciato qualcosa: un disordine interiore, una confusione e numerosi stimoli ai quali credo che tornerò a pensare in futuro, e per questo mi sento di consigliarvene la lettura, sia perché voi potreste apprezzarla completamente a mia differenza, sia perché altrimenti sono certa che, come a me, vi regalerò qualcosa.

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