mercoledì 19 novembre 2025

La tigre bianca

Romanzo d'esordio dello scrittore indiano Aravind Adiga, "La tigre bianca", pubblicato in Italia da Einaudi, è stato vincitore del Booker Prize nel 2008 ed è stato anche adattato per il cinema nel 2021.

Lo avevo acquistato parecchi anni fa alla Fiera del Libro, per poi abbandonarlo in libreria, e purtroppo ora che ha avuto la sua occasione non mi ha conquistata.

Romanzo di formazione che ha per protagonista Balram, inizia nelle più povere periferie dove al bambino non viene dato neanche un nome proprio, fino ad una scalata sociale a New Dehli che una volta diventato adulto racconta sotto forma di lettere indirizzate al Primo Ministro cinese, che sta per visitare l'India. 

Nella narrazione ripercorriamo dunque i tanti sacrifici a cui Balram è stato costretto dalla sua posizione sociale subordinata, dalla sua appartenenza alla casta dei pasticceri, dal mestiere di servitore-autista che ha svolto per un uomo ricco e potente -ma scopriamo anche i suoi sentimenti di rancore e avidità, e delle conseguenze estreme a cui lo hanno portato [ha ucciso infatti il suo datore di lavoro per poi darsi alla fuga assumendo una nuova identità e ottenendo il tenore di vita a cui aspirava].

Quello che ho apprezzato del romanzo è la descrizione dell'India lontana dagli scenari edulcorati a uso e consumo dei turisti occidentali, in cui non trova spazio il fascino delle filosofie orientali ma in cui emergono lo scarso valore attribuito alle vite degli ultimi [emblematico che nessuno denunci l'incidente in cui la moglie ubriaca del datore di lavoro uccide la bambina lungo la strada, perché nessuno la cerca], le condizioni di vita a cui i lavoratori domestici devono prestarsi, le aspirazioni così difficili da realizzare per chi ha ricevuto scarsa o nessuna istruzione. 

Nel complesso però, sebbene riconosca l'efficacia di questo narratore interno dal linguaggio diretto e senza peli sulla lingua, non mi sono sentita particolarmente dalle vicende che lo riguardano, e l'ambientazione non rientra tra quelle che più mi interessano. Credo che potrà essere molto apprezzato da tanti lettori, mentre purtroppo non rientrerà tra i miei titoli del cuore!

Qual è stata l'ultima lettura che non vi ha conquistati?

giovedì 13 novembre 2025

Cent'anni di solitudine

Come sempre quando termino un classico della letteratura, non trovo parole adeguate a raccontarlo. Non sono di certo all’altezza di far entrare in un post tutto quello che ho trovato in cent’anni di solitudine di Gabriel Garcia Márquez, che avevo in casa da oltre vent’anni e che grazie al gruppo di lettura organizzato da leggo quando voglio ho finalmente trovato il coraggio di affrontare.

Mi intimoriva questa lettura e all’inizio i miei timori sembravano confermarsi, con i nomi dei personaggi che ciclicamente si ripetono, tra Aureliani ed Arcadi Buendia che sembrano voler confondere il lettore da una generazione all’altra. In più non leggo spesso letteratura latino-americana e temevo non sarebbe stata nelle mie corde; quanto mi sbagliavo!

Pagina dopo pagina, il romanzo di Márquez ci porta a Macondo dalla sua fondazione alla sua dissoluzione, in oltre "cent’anni di solitudine" della stirpe dei Buendia, che sembra portare con sé una maledizione che lo zingaro Melquiades ha racchiuso nelle pergamene che per oltre un secolo nessuno sarà in grado di decifrare.

Quelle di Márquez sono pagine piene di incontri, di figli, di amori a volte di incesti. Sono pagine ricche di realismo magico, dove i fantasmi continuano a relazionarsi con il mondo dei vivi, dove le esistenze superano le durate convenzionali e dove alcuni personaggi sono determinati a morire esattamente quando lo decidono loro. Si intreccia alla storia della Colombia questo romanzo, alle sue rivoluzioni e guerre civili in un ritmo crescente e pagine dalla scrittura così poetica che mi ha lasciata più volte senza fiato -in particolare, avvicinandomi alla conclusione: una perfetta chiusura del cerchio, in bilico tra il sogno e la realtà, come tutte le pagine che l’hanno preceduta.

Impossibile riassumere la trama di questo romanzo da cui bisogna farsi trasportare come dalla corrente, mentre i Buendia si avvicendano generazione dopo generazione, mentre arrivano su questa terra e l’abbandonano.

La mia sorpresa è forse piuttosto ingenua, dal momento che il suo autore ha vinto un Nobel per la letteratura nel 1982 e questo romanzo è acclamato come uno dei grandi capolavori del Novecento, ma per me è stata una vera sorpresa e ora che ci avviciniamo alla fine dell’anno non potrò che inserirlo tra le migliori letture del mio 2025!

Avete già letto questa magnifica opera?

mercoledì 12 novembre 2025

I cinque misteri dolorosi di Andy Africa

Romanzo d'esordio dello scrittore nigeriano Stephen Buoro, "I cinque misteri dolorosi di Andy Africa" è l'ennesimo titolo del catalogo Atlantide capace di stupirmi.

Lontanissimo dalla retorica, dal pietismo e dai luoghi comuni che fin troppo spesso si incontrano nei testi ambientati in Africa subsahariana, in questo romanzo ambientato nel sud della Nigeria incontriamo un protagonista adolescente, l'Andy del titolo, alle prese con la sua età e la sua fascinazione per le ragazze dai capelli biondi. Ingenuo e pieno di vita, amante dei libri e legatissimo ai suoi amici, Andy non conosce l'identità di suo padre [si scoprirà poi essere figlio d'incesto, dovuto alla violenza del gemello della madre su di lei] e vive con una madre fotografa dal carattere forte. 

Attorno a lui ci sono rivolte e scontri tra cristiani e musulmani, arresti degli studenti e violenze da parte della polizia: li osserviamo dal suo sguardo che spesso non è in grado di interpretare i significati politici, ma semplicemente li subisce, stanco di ciò che lo circonda e già impegnato a sognare il Viaggio, che oltre il deserto e il Mediterraneo lo porterà all'Europa. Nel mentre vive il suo primo amore, totalizzante come solo gli amori alla sua età lo sono, ma anche inevitabilmente capace di deludere [Eileen, la nipote inglese del pastore della chiesa, con i suoi tanto idealizzati capelli biondi, si rivela poi piuttosto spinta nell'approccio fisico e legata a lui solo superficialmente]. 

Andy scrive poesie al fratellino venuto al mondo senza vita, e il romanzo ne è pieno; è un testo ricco di termini in ososo, hausa, igbo, talvolta in arabo, che trasmette la pluralità delle voci della Nigeria e la varietà stilistica dell'autore. Ci sono anche tante citazioni letterarie e cinematografiche, da Kafka a Harry Potter passando per Arancia Meccanica.

"I cinque misteri dolorosi di Andy Africa" è un libro pieno di momenti drammatici [l'aggressione subita dalla madre che porterà alla sua disabilità prima e alla sua morte poi, la scoperta dell'incesto, la partenza per l'Europa che chiude il libro in cui Andy e i suoi amici vengono abbandonati nel deserto], ma la voce del protagonista è ironica, fresca, sempre pronta a sdrammatizzare e lanciarsi nella prossima avventura con la stessa fiducia e speranza.

Sebbene all'inizio abbia fatto un po' fatica ad ingranare nella lettura, pagina dopo pagina mi sono affezionata ad Andy e ho apprezzato moltissimo questo libro, che vi consiglio se siete alla ricerca di un titolo originale nel panorama dei testi africani che arrivano nelle nostre librerie.

Quali autori nigeriani conoscete?

Le perfezioni

"Le perfezioni" di Vincenzo Latronico, pubblicato da Bompiani, è entrato nella mia libreria per caso, grazie ad un bookcrossing. Ne avevo sentito parlare perché è stato finalista all'International Booker Prize 2025, e non capita spesso ai titoli italiani; inoltre avevo ascoltato una puntata del podcast "Voce ai libri" in cui l'autore raccontava il suo romanzo "La chiave di Berlino", e ormai sapete quanto io sia legata a questa città.

Anche "Le perfezioni" racconta Berlino: attraverso gli occhi di Anna e Tom, una coppia di ventenni che negli anni Dieci del Duemila si trasferisce nella capitale tedesca, sognando quella vita a basso costo in un luogo dove tutto sembra possibile, in grandi appartamenti arredati in stile minimale, mentre lavorano online da creativi, vanno ai vernissage, frequentano un ambiente internazionale e concretizzano quelle che in apparenza sono "le perfezioni" di un'esistenza simile. 

In poco più di un centinaio di pagine, Latronico racconta una generazione, racconta gli inverni gelidi, la sensazione che già si abbia molto, ma che si vorrebbe di più, che quella percezione strisciante sia insoddisfazione. Mentre la gentrificazione cambia il volto di Berlino, mentre gli spazi vuoti vengono edificati, i prezzi al metro quadro lievitano, Anna e Tom non sanno più quale sia la loro casa, attratti da un altrove (che sia la Sicilia, il Portogallo, o la loro regione d'origine) ma anche legati alle energie e al tempo che hanno dedicato a quel progetto berlinese, sulla carta tanto promettente.

Latronico scrive un romanzo breve in cui tanti della mia età, la generazione Erasmus, quella che ha pensato che avrebbe potuto vivere ovunque, si riconosceranno; a tanti porterà alla mente ricordi, probabilmente dolceamari. "Le perfezioni" parla ai trenta-quarantenni di oggi, alle loro fragilità e lo fa per accumulo, in un romanzo ricco di elenchi, di immagini, di frasi brevi, di protagonisti così poco caratterizzati che potrebbero essere chiunque di noi.

"Le perfezioni" è entrato per caso nella mia libreria, ma è stata una lettura pungente, che mi ha portata indietro nel tempo, che mi ha ricordato domande alle quali poi ho scelto di non dare risposta. Tra i finalisti ad un premio importante ho trovato che sia stato proprio al posto giusto.

Avete già letto questo autore italiano?

La radice del male

Sapete che di rado acquisto novità in libreria, ma quando lo faccio è perché proprio non riesco a resistere: anche questa volta, con "La radice del male" di Adam Rapp, pubblicato da NN editore, si è rivelata un'ottima scelta.

In una storia narrata al presente storico, che va dagli anni '50 agli anni 2000 e viaggia attraverso gli Stati Uniti con qualche incursione in Europa, partendo dallo stato di New York, Rapp ci racconta le vite dei Larkin: la madre Ava, il padre Donald, i figli Myra Lee, Alec (questi due al centro della scena), Fiona, Lexy e Joan (loro tre sullo sfondo). Conosceremo anche le successive generazioni nel figlio e nel nipote di Myra Lee, Ronan e Bruce. Ronan è drammaturgo e come Rapp sceneggiatore, e anche nel personaggio di Myra c'è un elemento autobiografico, perché anche la madre dell'autore è stata infermiera carceraria, e si è occupata proprio di uno tra i due serial killer che compariranno tra le pagine [John Wayne Gacy].

Rapp indaga come il male possa mettere radici in una famiglia come tante, attraverso abusi subiti e mai confessati ai genitori [Alec, molestato dai preti della chiesa, diventerà uno stupratore e un serial killer di ragazzini una volta diventato adulto]. Indaga anche la salute mentale e la condizione dei reduci di guerra nel personaggio di Denny, marito di Myra, e poi nel figlio che erediterà la patologia del padre -un male diverso, non intenzionale, che le vittime sceglieranno come possono di non rendere mai concreto verso gli altri. 

"La radice del male" è un romanzo per omissioni: se nel primo capitolo, in cui compaiono "Il giovane Holden" di Salinger che accompagnerà tutta la vita di Myra e anche il giocatore di baseball Mickey Mantle, altra figura ricorrente dalla prima all'ultima pagina, ci potremmo aspettare un'indagine su una strage avvenuta ad Elmira, nulla di quanto atteso avrà luogo. Sarà il male a guidarci, nelle tante forme che assume nelle esistenze delle persone, la malattia, la violenza, la solitudine, l'incomprensione; saranno scie di omicidi ma anche di conversazioni tra fratelli che non hanno mai luogo, cartoline inquietanti con scritto sopra un nome, un numero, "addio e arrivederci" da tante diverse città. 

Quello di Rapp è molto più un romanzo familiare che un thriller o un true crime, ma contiene elementi che li richiamano, in una struttura per frammenti dove tanto viene lasciato indietro, mai raccontato, ma le tessere del puzzle si incastrano perfettamente capitolo dopo capitolo. È un romanzo molto diverso da quello che credevo di aver acquistato, ma si è rivelata un'ottima lettura, che non posso che consigliarvi.

Qual è l'ultima novità che avete comprato in libreria?

lunedì 3 novembre 2025

Il segreto dei Cardinal

"Il segreto dei Cardinal" di Jocelyn Saucier è uno dei pochi romanzi Iperborea che io abbia letto non ambientato nel Nord Europa, bensì in Canada, in particolare nel Québec.

I protagonisti sono i membri della famiglia Cardinal, ben 21 fratelli; la vita del padre, un prospettore, è ruotata attorno ad una miniera, mentre la madre è stata sempre indaffarata a metterli in tavola e talvolta a guardarli dormire.

Questo romanzo breve è un testo corale, che dà voce a diversi membri della famiglia: la Pulzella, ovvero la figlia maggiore che si è presa cura come una madre sostituta di tutti i bambini venuti dopo di lei; El Toro, uno dei fratelli di mezzo; la Tommy, il maschiaccio, la gemella di Angelé, che a sua differenza si era fatta attrarre dagli agi; e poi Emilien, il maggiore ed infine Geronimo, non il più grande età, ma senza dubbio il più leggendario e coraggioso.

Si ritrovano tutti, fratelli e sorelle, in occasione del riconoscimento che viene offerto al padre per la sua carriera di studioso di rocce e miniere. Non sono 21 però, sono soltanto 20, e il segreto è quello di Angéle,  il segreto legato all’esplosione di una miniera, a un allontanamento in cui la Tommy aveva preso il suo posto, perché la verità non fosse rivelata a nessuno.

Li incontriamo adulti, cambiati rispetto a quei ragazzini che ci sono stati descritti soltanto per cognome, sempre in branco, impegnati ad architettare un’altra azione che disturbasse gli altri abitanti del paese. C’è chi si è sposato e ha avuto figli, come la Tommy che si è integrata tra gli Inuit; chi come Geronimo cura i feriti nelle peggiori e più pericolose zone di guerra del mondo. 

Tutti, per quanto possano essere andati lontano, rimangono vincolati dal segreto dei Cardinal, il segreto su quel giorno di luglio alla miniera, su cosa sia successo ad Angéle: e il congresso in cui Padre sarà premiato diventa l’occasione per portare, finalmente, in superficie la verità [il sacrificio di quella sorella, che si è fatta esplodere nella miniera, supremo gesto per dichiarare una volta per tutte la propria appartenenza ai Cardinal].

Quello di Saucier è un romanzo breve e corale, in cui le voci emergono distinte, in cui i personaggi principali si distinguono su uno sfondo caotico di fratelli e sorelle. Il segreto di Angéle tiene insieme la trama e mantiene crescente la curiosità del lettore, in un universo di miniere e litigi, di competizione e di silenzi, ambientazione che ho trovato originale e ben descritta.

Non è diventato uno dei miei titoli preferiti nel catalogo della casa editrice, ma l’ho trovato comunque coinvolgente e lo consiglierei.

Qual è l’ultimo titolo Iperborea che avete letto?

mercoledì 22 ottobre 2025

Ultime notizie dalla famiglia

Dopo i primi quattro romanzi del ciclo Malaussène, la serie di romanzi di Daniel Pennac (portata in Italia da Feltrinelli editore) poteva forse considerarsi conclusa; nel 1996 in Francia però escono due testi brevi, "Monsieur Malaussène au théatre" e "Des chrétiens et des maures", che non la portano avanti bensì si inseriscono nella narrazione precedente. Ad oggi sappiamo che Pennac ha poi proseguito le vicende dei suoi protagonisti (e io ho tutta l'intenzione di dedicarmi anche ai volumi successivi), ma quanto al 1996 la linea temporale della famiglia Malaussène non si sposta in avanti. 

Racchiusi in un volume unico intitolato "Ultime notizie dalla famiglia" nell'edizione italiana, i due testi sono rispettivamente una breve opera teatrale che traspone una versione riassunta del quarto volume della serie "Signor Malaussène" in cui viene alla luce il figlio di Benjamin e Julie, e un flashback sulle origini de Il Piccolo e l'identità del padre di quest'ultimo.

Se in "Monsieur Malaussène au théatre" non trova nulla di nuovo un lettore costante delle avventure della famiglia di Belleville, anzi vi ritroviamo passaggi che riconosciamo integralmente aver già letto sin dal primo romanzo "Il paradiso degli orchi", molto più godibile è "Des chrétiens et des maures". Si tratta di un racconto breve e citazionistico, che prende il via dal Bartleby di Melville nel momento in cui Il Piccolo "preferirebbe il suo papà", ed inizia uno sciopero della fame deciso a tutti i costi a scoprire chi fosse. Così i ricordi di Benjamin e dei suoi amici del quartiere tornano indietro di qualche anno, prima dell'arrivo di Verdun, di È Un Angelo, del cane Julius, e naturalmente di Signor Malaussène. Ci viene raccontata così una rocambolesca avventura della vittima di un crimine violento, rapita dall'ospedale in cui lavora Louna, per il quale non si trova altra soluzione che l'ospitalità in casa Malaussène nella speranza che possa rimettersi in salute -ma la conclusione torna ad essere letteraria e ricca di fantasia, perché "la maggior parte dei bambini nasce da una metafora" [l'uomo infatti, ebreo newyorkese poliglotta, si rivelerà il protagonista di una serie di romanzi, niente di meno e niente di più concreto].

Con questo titolo di transizione Pennac riporta i suoi fedeli lettori a Belleville, nell'universo colorato e fantasioso dei Malaussène, a perdersi tra i suoi personaggi teneri, divertenti, che se ne inventano sempre una nuova per non farci annoiare. Certo non è un capitolo fondamentale per godersi la serie, ma l'ho trovato comunque una piacevole compagnia per un pomeriggio e non ha fatto altro che aumentare ancora la mia voglia di proseguire nella lettura.

Qual è il titolo che preferite nella saga dei Malaussène?