giovedì 12 ottobre 2017

Il racconto dell'ancella

Qualche tempo fa ho letto "Solo per sempre tua" di Louise O'Neill. Mi aveva spiazzata, talmente tanto da non riuscire a dire se mi fosse piaciuto o meno: un mondo distopico nel quale il ruolo femminile fosse così degradato e irregimentato mi aveva turbata. L'avevo trovato, nella mia ignoranza, un libro estremamente originale (ve ne ho di recente parlato qui). Poi ho scoperto l'esistenza del romanzo di cui scrivo oggi, e ho capito che la O'Neill ha decisamente attinto alla farina del sacco di qualcun'altra.




Titolo: Il racconto dell'ancella
Autrice: Margaret Atwood
Anno della prima edizione: 1985
Titolo originale: The Handmaid's Tale
Casa editrice: Ponte alle Grazie
Pagine: 400



La protagonista di questo romanzo distopico e profondamente disturbante, coraggioso e impressionante è Difred. Nel mondo di Difred, in Nord America, le donne sono state obbligate a rinunciare alla propria identità: dapprima licenziate dai posti di lavoro, poi private della propria famiglia (svanita senza che ne sappiano più nulla).
Le guerre, le armi chimiche e le radiazioni che devastano il mondo da decenni hanno portato alla sterilità della maggior parte degli abitanti di quelli che dovevano essere in passato gli Stati Uniti e sono, all'epoca di Difred, la Repubblica di Galaad. Le donne sono state assegnate a nuovi ruoli, spogliate di tutto ciò che le aveva caratterizzate: le poche ancora fertili sono le Ancelle, come Difred. Vestono completamente di rosso, ed il loro compito è quello di concepire figli per le Mogli (sterili) di uomini abbienti.
Si ritiene che ci si debba mostrare rispetto, a causa della natura del nostro servizio.

Difred ricorda bene la sua vita precedente l'avvento della teocrazia: la sua relazione con Luke, la sua bambina. Si chiede dove si trovino, ma al tempo stesso deve concentrare ogni sua energia nella sopravvivenza, nonostante la sua vita presente non abbia per lei più alcun valore; non sono rari, infatti, gli episodi di ancelle che si sono tolte la vita. Anche per questo sono costantemente sorvegliate dalle Marte e dagli Occhi, le prime addette ai lavori domestici e i secondi spie presenti ovunque.
Si ammalano molto, queste Mogli di Comandanti. Aggiunge interesse alla loro vita. Noi invece, Ancelle e Marte, cerchiamo di non ammalarci. Le Marte non vogliono essere costrette a ritirarsi, perché non sanno dove andrebbero a finire. Non si vedono più tante vecchie in giro. E per noi, qualsiasi vera malattia, spossatezza, debolezza, perdita di peso o di appetito, una caduta di capelli, uno scompenso delle ghiandole, significherebbe la fine.


Difred vive a casa del Comandante, ed il suo nome denota proprio l'appartenenza a quest'ultimo, la sua trasformazione da donna a semplice proprietà. I rapporti tra il Comandante e Difred dovrebbero limitarsi al semplice atto sessuale (da consumarsi in presenza della Moglie di lui), eppure egli cerca con Difred un'ulteriore intimità, fatta di partite a Scarabeo, crema idratante e riviste conservate da un passato che nel giro di pochi anni è divenuto remoto. Nonostante Difred non desideri affatto questi incontri, vi si presta, non avendo nei fatti alcuna alternativa ed essendo terrorizzata dalle punizioni (e le pubbliche esecuzioni) che spettano ai disobbedienti nella teocrazia.
L'unica fuga dall'opprimente realtà sono gli incontri, anch'essi naturalmente clandestini, con il guardiano del Comandante, Nick: rapporti sessuali nel corso dei quali Difred si sente per un attimo di nuovo donna, di nuovo proprietaria di se stessa, senza un padrone o un dittatore sopra di sé.


La storia di Difred, ci racconta l'epilogo, viene raccontata da audiocassette sulle quali lei stessa l'ha registrata. L'ultimo episodio è ambientato nella casa del Comandante, alla quale arriva un furgone che Difred teme essere carico di Occhi pronti a punirla per le sue disobbedienze; invece appartiene ad un movimento di resistenza alla Repubblica di Galaad, della quale Nick fa parte, che ha il compito di farla scappare.

Nonostante questo "lieto fine", che ci preannuncia anche come il regime stesso sia destinato al fallimento, non è sollievo la sensazione che pervade alla fine di questo romanzo -attualissimo, dallo stile estremamente scorrevole e preciso, ricco di descrizioni senza mai diventare prolisso.
L'angoscia che Difred vive quotidianamente entra sottopelle pagina dopo pagina; la sua paura delle punizioni, la sua costante diffidenza, l'impossibilità di confidarsi con qualcuno per il timore che possa tradirla. I sogni che la perseguitano di notte, le domande sul destino che ha atteso Luke e la sua bambina -ed anche le speranze, probabilmente vane, che le accompagnano- sono così realistici che mi sembrava di averli vissuti io stessa la notte.
Erano pronti, ci aspettavano. Il momento del tradimento è il peggiore, il momento in cui sai senza alcun dubbio che sei stato tradito, che qualche altro essere umano ti ha augurato un male così grande. Era come trovarsi in un ascensore che si è staccato dall'alto. Si precipita, e non si sa quando, con un urto, si toccherà il fondo.

Si tratta di un romanzo profondo e doloroso, soprattutto per una donna: le violenze fisiche e psicologiche subite da Difred, la privazione della propria identità, la gabbia di regole e di divieti che la riducono ad essere un oggetto, una merce, preziosa solo in virtù del proprio utero, della propria fertilità.
Impossibile non pensare alle attuali condizioni di donne vittime della tratta non per la prostituzione, ma per il concepimento di bambini da destinare ad un mercato nero di adozioni: ben diversa, naturalmente, dalla pratica di grande generosità di chi offre il proprio utero "in affitto" per aiutare un'altra coppia a concepire.


Ho sofferto per Difred; ho creduto, o meglio ho voluto credere, alle sue flebili speranze che il suo amato Luke fosse ancora vivo, da qualche parte. Ho riflettuto, inoltre, sull'attualità del femminismo e sull'importanza delle lotte delle donne venute prima di noi: la stessa protagonista aveva sottovalutato la militanza materna nelle rivendicazioni degli anni '60, per comprenderne l'importanza solo quando dei diritti delle donne non era rimasto più nulla. Questo tema, che mi è molto caro (ne ho scritto di recente a proposito del breve saggio di Chimamanda Ngozi Adichie "Dovremmo essere tutti femministi", qui), è centrale nel romanzo della Atwood, e ci ricorda come nessuna conquista deve essere data per scontata, perché fa parte della nostra identità e del nostro essere donne, con la nostra libertà, della quale Difred e le sue compagne di sventura sono state private.
Tutte quelle donne che lavoravano... difficile immaginarle adesso, ma ce n'erano migliaia, milioni. Era ritenuta una cosa normale. Adesso è come ricordarsi di quando ancora esistevano i soldi di carta. Mia madre ne conservava un po', incollati nel suo album di ritagli insieme a delle vecchie fotografie.

Vi consiglio di cuore anche la serie TV tratta da questo romanzo. Nonostante temessi che mi avrebbe in qualche modo rovinato l'esperienza di lettura, l'ha invece arricchita: la prima stagione infatti è la trasposizione del romanzo "Il racconto dell'ancella", con l'aggiunta di alcuni personaggi approfonditi in parallelo a June, mentre le due stagioni successive portano avanti la storia in modo coerente! Assolutamente consigliata.

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