giovedì 21 marzo 2019

Naufraghi senza volto

Un interessante progetto del quale sono venuta a conoscenza su Instagram è "Staffetta Umanitaria": un gruppo di persone legate dall'intenzione di sensibilizzare altri individui sulla tematica delle migrazioni attraverso il suggerimento di film e letture.
Ho deciso di partecipare al loro gruppo di lettura e per il mese di marzo ho scelto due dei libri proposti (uno lo avevo già letto e ne avevo già scritto qui, si tratta di "Nel mare ci sono i coccodrilli" di Fabio Geda); questo è il primo.




Titolo: Naufraghi senza volto
Autrice: Cristina Cattaneo
Anno della prima edizione: 2018
Casa editrice: Raffaello Cortina Editore
Pagine: 192




Cristina Cattaneo è un medico legale, per la precisione il medico legale che dirige il Labanof (Laboratorio di antropologia e odontologia forense) dell'università statale di Milano; ha raggiunto una certa fama anche tra i non addetti ai lavori poiché si è occupata di casi di omicidio molto noti al grande pubblico per le loro apparizioni sui media. Inoltre è autrice di numerosi libri che descrivono la realtà della sua professione. 
La medicina legale è per Cristina Cattaneo una disciplina al servizio della giustizia; dato però il momento storico che stiamo vivendo, ha sentito la necessità di mettere la medicina legale anche al servizio dei diritti umani: ha dato vita per questo, con la partecipazione di colleghi, antropologi, forze dell'ordine, tirocinanti e molte altre persone, ad un progetto di identificazione delle vittime di due tra i più tragici naufragi avvenuti al largo di Lampedusa, nel 2013 e nel 2015.
Anche il più atroce racconto ha un tono diverso, se è riportato da un sopravvissuto. La vera angoscia e l'orrore del viaggio li possono raccontare solo i morti. 
In modo tecnico ma mai noioso Cristina Cattaneo spiega i vari momenti in cui si è articolata l'iniziativa, i diversi processi svolti all'interno dei laboratori creati appositamente; ho trovato esaustiva e molto chiara l'illustrazione della procedura di ricerca delle corrispondenze, attraverso gli elementi AM (cioè ante mortem, come cartelle cliniche e campioni di DNA, ma anche semplici fotografie) e PM (i resti ritrovati). 
Con il necessario distacco, senza eccessivi sentimentalismi ma non certo in modo freddo, Cristina Cattaneo descrive le operazioni nei loro dettagli che talvolta sono molto duri, oserei dire macabri (tra le più forti immagini evocate ci sono i singoli denti da latte repertati che costituiscono l'unica prova della presenza a bordo di minori, e i sacchi di cosiddetti "mix", ossia parti del corpo appartenenti a individui diversi) ma necessari per smuovere le coscienze, oltre che per comprendere la professione di Cattaneo e colleghi.
Patricolarmente toccante è anche la catalogazione degli effetti personali ritrovati insieme ai corpi, che colpiscono anche l'autrice al punto di farle comprendere appieno davanti ad un sacchettino di terra natia portata con sé da un migrante quante siano le somiglianze tra coloro che vivono da una parte e dall'altra del Mediterraneo -ed appartengono, tutti, alla medesima specie umana

Mi stava indicando il terzo molare: con questo scendevamo a 14 anni, ed era il nostro "ragazzo" più giovane. Iniziammo a svestirlo. Mentre tastavo la giacca, sentii qualcosa di duro e quadrato. Tagliammo dall'interno per recuperare, senza danneggiarla, qualunque cosa fosse. Mi ritrovai in mano un piccolo plico di carta composto da diversi strati. [...] Era una pagella. "Una pagella", qualcuno di noi ripeté a voce alta. [...] Pensammo tutti la stessa cosa, ne sono sicura: con quali aspettative questo giovane adolescente del Mali aveva con tanta cura nascosto un documento così prezioso per il suo futuro, che mostrava i suoi sforzi, le sue capacità nello studio, e che pensava che gli avrebbe aperto chissà quali porte in una scuola italiana o europea, ormai ridotto a poche pagine scolorite intrise di acqua marcia?
L'identificazione delle numerosissime persone che hanno perso la vita nel Mediterraneo non ha importanza soltanto per la dignità dei morti, nei quali è fondamentale riconoscere l'umanità -per questo infatti la dottoressa Cattaneo fa un efficace riferimento alle vittime occidentali negli incidenti aerei o nelle diverse catastrofi, in seguito alle quali si avverte l'urgenza di identificare immediatamente chi ha perso la vita.
Si erano abituati al fatto che nessuno si sarebbe preoccupato di identificare i loro cari. E si erano rivolti qua e là a chi potevano, ma senza ottenere risposte. Non solo erano rassegnati al fatto che non avrebbero più visto i loro figli e che mai avrebbero avuto la certezza della loro morte, né il certificato di decesso o una tomba su cui piangere, ma si erano arresi senza rumore al fatto che persone sconosciute avessero deciso che per i loro morti non si sarebbero messi in atto gli stessi sforzi che per quelli degli altri. Ciascuna delle persone che popolava quel corridoio viveva ormai in Europa e aveva quindi facile accesso alle notizie. Sicuramente avevano visto le attività promosse in occasione degli altri disastri, i "nostri".
Ma ancor più che per i morti, il processo di identificazione è fondamentale per i vivi: impossibile non rendersi conto, davanti alla descrizione che Cristina Cattaneo fa degli incontri con parenti e amici alla ricerca della verità sui propri cari, di quanto sia necessario per loro scoprirne il destino

Quella dei migranti che perdono la vita nel Mediterraneo, a pochi metri dalle nostre coste e dalle nostre vite, è una realtà che non vogliamo vedere. Sono migliaia i cadaveri recuperati o dispersi ai quali non vogliamo pensare, ma che esistono, ed erano i figli e le figlie, i fratelli e le sorelle, le madri e i padri, gli amici, gli zii di qualcuno: davanti al dolore del loro non sapere non possiamo chiudere gli occhi.
Il libro di Cristina Cattaneo è qui per farceli aprire, ed è giunta l'ora di leggerlo.

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