lunedì 6 aprile 2020

Il treno dei bambini

Qualche anno fa ho visto uno tra i più interessanti documentari che siano mai capitati sul mio cammino: "Pasta nera", di Alessandro Piva. Racconta un episodio poco noto della storia del dopoguerra italiano, ovvero il progetto organizzato dall'Unione Donne Italiane del Partito Comunista che consentì a migliaia di bambini del Meridione di essere ospitati presso famiglie dell'Emilia Romagna in segno di solidarietà verso le loro famiglie, in gravissima difficoltà economica.
Viola Ardone, autrice napoletana che ne aveva sentito parlare dalle sue nonne, dà voce a questa pagina di storia nel suo romanzo, che proprio a Napoli ha inizio.




Titolo: Il treno dei bambini
Autrice: Viola Ardone
Anno della prima edizione: 2019
Casa editrice: Einaudi
Pagine: 226




LA STORIA

Amerigo Speranza ha sette anni e vive nei bassi di Napoli insieme alla sua burbera mamma Antonietta. Raccoglie gli stracci per strada per farli rammendare alla madre e poterci guadagnare un paio di lire, finché il Partito Comunista (sul quale circolano leggende poco incoraggianti) propone ad Antonietta di lasciare che Amerigo prenda un treno per l'Emilia Romagna: qui sarà ospitato da una famiglia dove almeno per un po' potrà fare una vita migliore. E parte, Amerigo, prende il treno che lo porterà a Modena, ospite della famiglia Benvenuti: un'esperienza che lo cambierà profondamente, trasformando il suo rapporto con Napoli e soprattutto con la donna che gli ha dato la vita.



COSA NE PENSO

Il romanzo di Viola Ardone ha il grande pregio di dare voce ad un personaggio credibile: Amerigo è vero -anche se inventato- sin dalle prime pagine, in cui la sua lingua è ricca di termini ed inflessioni dialettali, molto diversa da quella con cui ci racconterà la sua vita adulta nel 1994, nella seconda parte del romanzo.
Mentre Amerigo è inventato, non si può dire lo stesso di Derna o di Maddalena, ispirate a due donne realmente esistite, sindacalista la prima, partigiana la seconda, comuniste entrambe; perché la forza maggiore del romanzo di Viola Ardone è senza dubbio quello di mescolare la Storia italiana ad un racconto di fantasia

Quello di Viola Ardone è un romanzo pieno di stupore e di meraviglia, mentre scopriamo il mondo -anzi un mondo nuovo- attraverso gli occhi di Amerigo, narratore in prima persona: che prima scopre la nebbia, poi la neve, infine il mare, in una località del modenese dove ci sono un buio e un silenzio che nei vicoli di Napoli non ha mai incontrato fino ad allora.
Fumano assai, qua sopra! Non si riesce manco a vedere la strada. – Non è fumo, è nebbia, – dice lei. – Ti spaventa? – No. Mi piace che le cose prima sono nascoste e poi spuntano fuori a sorpresa. – Questa è la casa di mia cugina Rosa. Quando è bel tempo si vede anche dalla tua finestra, ma con la nebbia scompare. – Pure a me piacerebbe scomparire, qualche volta, ma noi nel Meridione la nebbia non ce l’abbiamo ancora.

E se è uno shock culturale quella emigrazione verso nord, sarà uno shock uguale e contrario quella del ritorno ad un mondo di privazioni, dove le scarpe le hanno in pochi e se le hanno sono sempre troppo strette o troppo consumate, dove una tavola imbandita è uno spettacolo impensabile e non ci si può permettere di suonare il violino o studiare la matematica.
Perché piangi? – dice. – Ti manca mammà? Io nascondo le lacrime ma mi tengo le carezze. – No no, quando mai, non piango per mia mamma, – dico. – Sono le scarpe. Sono le scarpe strette. – E perché non te le togli ora che è notte, cosí stai piú comodo? Il viaggio è assai lungo. – Signurí, grazie, ma tengo paura che se le fottono e devo andare un’altra volta scalzo o con le scarpe di qualcun altro. E io, con le scarpe degli altri, non ci voglio andare piú.

Se Amerigo intenerisce da bambino, e fa riflettere sul concetto di appartenenza una volta adulto, spiccano tra le pagine de "Il treno dei bambini" due personaggi femminili che sono protagoniste insieme a lui: Derna e Antonietta, le sue due madri.
Antonietta è la madre che lo ha partorito, a cui la vita non ha mai dato carezze e che quindi non ha mai imparato a darne; ha perso il figlio primogenito a causa di una malattia, ha cresciuto Amerigo da sola, nel mito di un padre partito per l'America in cerca di fortuna -che non corrisponde a verità. Antonietta è una donna coriacea, non per sua scelta, il cui profondo amore per il figlio si manifesta in modi difficili da percepire per un bambino -e talvolta facendo prevalere l'egoismo al bene stesso di lui. Antonietta non resta però immutata per tutto l'arco del romanzo, e questo è un aspetto che ho particolarmente apprezzato: Viola Ardone le concede un riscatto letterario, e se è dagli occhi di Amerigo che la conosciamo come scorbutica e incomprensibile sarà dagli occhi del nipote che impareremo a perdonarla.

Derna è l'altra faccia della maternità: una donna che ha sofferto, perdendo il proprio amore nella lotta partigiana, e che apre la sua casa ad Amerigo per una vera e propria coincidenza. Da allora sarà la prima a fargli conoscere la tenerezza, l'accettazione, e ad inserirlo con l'aiuto della cugina Rosa e del cognato Alcide in quella che diventa a tutti gli effetti la sua famiglia allargata -mentre a Napoli la vita continua a scorrere, in sua assenza.
Non so perché, ma all’improvviso non riesco piú a nasconderlo, e glielo confesso. – Sono io il ladro della mortadella. Rosa mi carezza la fronte, mi passa le dita sugli occhi, come per togliere le lacrime. – Non ci sono ladri in casa nostra –. Mi prende per mano e mi riporta dentro.  


"Il treno dei bambini" è un romanzo di andate e di ritorni, di infanzia e di maturazione. È un romanzo che fa sorridere, perché lo stupore dei bambini intenerisce e i loro gesti di generosità allargano il cuore per quanto sono puri; ma è anche un romanzo che commuove e racconta la difficoltà di chi non sa quale sia la sua casa, di quale sia il suo posto nel mondo, ed ha bisogno di decenni interi per capirlo.
Guardo l’orizzonte e vedo che da qualche parte il cielo già schiarisce. Non mi è mai piaciuta l’alba: sa di notti in bianco, di sogni agitati, di emergenze, di aerei da prendere troppo presto per raggiungere una città straniera. Per me ogni città è straniera. 

Viola Ardone ha creato ne "Il treno dei bambini" un piccolo gioiello, uno di quei romanzi forse non molto letterari -il suo stile è semplice, privo di fronzoli, parla onestamente con il lettore- che però viene voglia di consigliare, di rileggere, di portare con sé. Per quanto mi riguarda è stata una vera scoperta, che non posso fare altro che suggerire anche a voi! 

1 commento:

  1. Mi permetto, a quasi due anni dall'uscita del romanzo di riproporre alcune riflessioni sul rapporto etico, tra fantasia letteraria e storia vissuta, presente nel romanzo "Il treno dei bambini": https://giorinaldi.com/2020/12/03/chi-e-amerigo-de-il-treno-dei-bambini-di-viola-ardone/

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