lunedì 11 maggio 2020

La lettera di Gertrud

Ho assistito alla presentazione di questo romanzo lo scorso anno, in una libreria del centro. L'ho acquistato e letto colma delle migliori aspettative, perché l'autore era stato a dir poco convincente nel presentarlo e le premesse mi facevano pensare ad un romanzo che sarebbe stato perfetto per me. In realtà una volta terminata la lettura mi sono rimaste alcune perplessità...




Titolo: La lettera di Gertrud
Autore: Björn Larsson
Anno della prima edizione: 2018
Titolo originale: Brevet fran Gertrud
Casa editrice: Iperborea
Traduttrice: Katia De Marco
Pagine: 457



LA STORIA

Martin Brenner è un genetista cinquantenne, sposato e con una figlia adolescente, Sara, che ama moltissimo. Sua madre, Maria, è appena morta; è in questa triste occasione che a Martin viene consegnata una lettera, da parte di un avvocato esecutore testamentario delle volontà di Maria, dove la donna gli svela chi era realmente. Il suo nome era infatti Gertrud, ed era una donna ebrea sopravvissuta al campo di concentramento di Auschwitz; sopravvissuta ed ottenuto l'asilo politico lontano dal suo passato aveva deciso di negare ogni traccia della propria identità ebraica per permettere al figlio di essere chi avrebbe voluto, il più libero ed in salvo possibile.
Ma naturalmente questa rivelazione avrà un impatto sulla vita di Martin… 



COSA NE PENSO

Larsson scrive apparentemente un romanzo sull'identità, ma in realtà "La lettera di Gertrud" è piuttosto un romanzo contro l'identità; Larsson scrive della possibilità di non avere un'identità, di non appartenere ad alcuna etnia, ad alcuna religione. È infatti questo che Martin desidera immediatamente quando scopre che sua madre Maria era in realtà Gertrud, nata ebrea (ed in realtà rimasta tale, di nascosto, per tutta la vita): nonostante agli occhi di tutti questo lo renda un ebreo, Martin si rifiuta di accettarlo e di sentirsi tale.
"Ma allora chi sei?" non poté trattenersi dal chiedere Samuel. "Non hai bisogno di appartenere a qualcosa?"
Si dedica quindi con ancora più energia alla sua ricerca sui presunti geni che accomunerebbero tutti gli ebrei del mondo -e che, come emerge dai suoi studi, sono impossibili da individuare nel genoma umano. La religione non è scritta nel DNA, ma ha un'enorme importanza agli occhi della società, e seppure per Martin la soluzione più facile sarebbe quella di convertirsi e dichiararsi ebreo non è questa la strada che decide di percorrere.
Martin invece era grato a sua madre per avergli altruisticamente lasciato scegliere la sua vita e chi voleva essere. Le rare volte in cui pensava che avrebbe dovuto rivelargli prima la sua identità, era più che altro per lei, perché così avrebbe evitato di vivere sempre senza mai essere del tutto se stessa.


Ciò che avviene a Martin è un racconto dal respiro universale, che potrebbe capitare ovunque; Larsson volutamente non indica in alcun modo preciso il luogo in cui il protagonista vive, non indica nemmeno la valuta in cui effettua i suoi acquisti. È facile pensare ad un qualche paese del Nord Europa, anche per via della nazionalità svedese del suo autore, ma non ritroviamo alcuna conferma delle nostre impressioni; l'antisemitismo non è d'altronde un problema che colpisca alcune nazioni in particolare, ma sta tornando ad essere un fenomeno piuttosto diffuso in Europa -come dimostrano notizie agghiaccianti come questa sulle pagine della stampa. 
Il romanzo di Larsson è suddiviso in tre parti, e quella in cui conosciamo meglio Martin è la prima; nella seconda maggiore spazio viene concesso al punto di vista di sua moglie e di sua figlia, inevitabilmente coinvolte nella valanga che si abbatte su Martin. Nell'ultima si ha un efficace ribaltamento di prospettiva, poiché è lo scrittore a prendere la parola e a narrare quanto capitato al protagonista del suo libro -attraverso il pretesto di aver ricevuto da lui stesso l'incarico di scriverne la storia.
So che così questo libro rompe con le convenzioni e diventa un ibrido: parte come un romanzo classico basato sul principio flaubertiano del narratore impersonale e assente e si conclude come una biografia con inserti autobiografici. Ma non posso farci niente.

Tra i suoi numerosi romanzi, "La lettera di Gertrud" è quello che a Larsson ha richiesto un impegno e uno sforzo maggiore: gli ha richiesto infatti un mastodontico lavoro di documentazione sulla questione ebraica (come dimostrano le sedici facciate di bibliografia in appendice), dal momento che opinioni di studiosi, scienziati, teologi e letterati arricchiscono la vicenda di Martin e della sua famiglia. 
Alcuni con cui aveva parlato, soprattutto con simpatie di sinistra, sostenevano che la recrudescenza dell'antisemitismo era colpa di Israele. Erano la repressione brutale di Hamas, gli insediamenti in Cisgiordania, i bombardamenti indiscriminati della striscia di Gaza e il muro di separazione non solo a causare la recente impennata d'antisemitismo, ma anche a legittimarla, sebbene questo non si dicesse ad alta voce, o almeno non ancora. La maggior parte degli antisemiti non sapeva - o non voleva - distinguere tra antisemitismo e antisionismo, senza rendersi conto che c'erano anche ebrei antisionisti. Su questo punto la sinistra era altrettanto razzista della destra: si faceva di tutta l'erba un fascio. Come se non bastasse, Golder aveva notato, nei politici israeliani, la tendenza a ragionare nello stesso modo: si equiparavano senza batter ciglio antisionisti e antisemiti.
Se questo da un lato rende il romanzo di Larsson un'opera approfondita e sfaccettata, rappresenta anche la sua maggiore debolezza: molti sono i pareri esterni, e in questo va perduta la psicologia di Martin, vengono meno le sue motivazioni e i suoi sentimenti, e ancor più sullo sfondo sono relegate sua moglie e sua figlia.
Nel complesso ho trovato "La lettera di Gertrud" un romanzo dalle ottime premesse, che regala preziosi spunti di riflessione e lo fa in modo ben costruito ed argomentato. A tratti devo ammettere che ho trovato il ritmo della narrazione più lento di quanto avrei apprezzato, e la documentazione proposta talmente vasta da risultare quasi dispersiva; rimane tuttavia un romanzo ben scritto, del quale vi consiglio la lettura se siete interessati al tema dell'identità e soprattutto dell'ebraismo

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