giovedì 11 febbraio 2021

Suite francese

Una delle mie scoperte del 2021 è senza dubbio Irene Nemirovsky: autrice che a dire la verità avevo già avvicinato, ma attraverso un'opera minore, e che questa volta mi ha lasciata invece davvero folgorata. 


Titolo: Suite francese
Autrice: Irene Nemirovsky
Anno della prima edizione: 2004
Titolo originale: Suite française
Casa editrice: Adelphi
Traduttrice: Laura Frausin Guarino
Pagine: 415



LA STORIA

"Suite francese" è un romanzo meraviglioso, pur essendo incompiuto: quello che ci troviamo oggi fra le mani è costituito da due parti, la prima intitolata "Pioggia di giugno", la seconda "Dolce". 
Nella prima parte troviamo una descrizione corale degli abitanti di Parigi che cercano di sfuggire all’arrivo dei tedeschi in città nel 1941, e così raccolgono tutto quello che possono, caricano le automobili e cercano di allontanarsi dalla città che rischia di essere distrutta dai bombardamenti nel giro di pochi giorni. In "Dolce" invece troviamo i tedeschi che sono arrivati in un paesino della campagna francese, e vengono qui ospitati dai francesi che non hanno altra scelta se non accoglierli nelle loro case. 
«Ha mai sentito parlare, signora, di quei cicloni che infuriano nei mari del Sud? Se ho ben capito quello che ho letto, formano una specie di cerchio costellato di tempeste lungo i bordi ma con un centro immobile, tanto che un uccello o una farfalla che si trovassero nel cuore dell’uragano non ne soffrirebbero affatto, le loro ali non ne riporterebbero il minimo danno, mentre tutt’intorno si scatenerebbero le peggiori devastazioni. Guardi questa casa! Guardi noi stessi mentre gustiamo vino di Frontignan e biscottini e pensi a quello che sta succedendo nel mondo!».
Non bisogna concepire queste due opere come separate: ci sono infatti dei legami tra i loro personaggi. La prima parte si focalizza su personaggi perlopiù avidi, appartenenti all’alta borghesia francese se non per una eccezione (una coppia di coniugi di mezza età, i Michaud, il cui figlio è stato mandato a combattere nell’esercito francese e del quale attendono notizie -mentre il lettore attraverso i capitoli dedicati proprio al giovane Jean-Marie è a conoscenza di dove egli si trovi). Da notare come i Michaud, uniche figure positive di "Pioggia di giugno", portino il cognome di Cécile, che fu la bambinaia delle figlie di Irene Nemirovsky.
In "Dolce" invece ci troviamo ad avere a che fare con dei personaggi più umili, in gran parte contadini, la cui vita viene sconvolta dall’arrivo di questi giovani soldati tedeschi. 

Al centro di "Dolce" c’è anche un’attrazione, quella tra Lucille (ragazza che avevamo già conosciuto in "Pioggia di giugno" poiché aveva accolto in casa sua la coppia dei Michaud scappati da Parigi) e il giovane tedesco che abita in casa sua con lei e la suocera, Bruno. Bruno è un tedesco che suona il piano, è più colto e sensibile del marito di Lucille, prigioniero in Germania che la ragazza non ha mai amato; al tempo stesso però incarna l'esercito degli invasori, e quindi all'attrazione di Lucille si mescola una certa repulsione.


COSA NE PENSO

Irene Nemirovsky era una penna eccezionale: questo ambizioso progetto avrebbe dovuto essere costituito da cinque parti, non soltanto da due, ed è doloroso pensare che un’opera letteraria sia stata stroncata sul nascere dalle deportazioni e dalla seconda guerra mondiale. L’autrice infatti racconta in "Suite francese" quello che le sta accadendo attorno, quello che vede man mano che la guerra avanza, ed è consapevole del fatto che per lei le cose non si metteranno bene essendo di origini ebraiche.

"Suite francese" è un romanzo pieno: è pieno di sentimenti, di personaggi costruiti alla perfezione nel giro di pochissime pagine, che l’autrice rende a tutto tondo descrivendone i tratti fondamentali e dando vita a dei dialoghi indimenticabili, talvolta ironici nonostante la drammaticità della situazione. 
Il vecchio aveva un modo alquanto irritante di non precisarne mai l’ammontare. Quando una pietanza non gli era piaciuta o i bambini facevano troppo chiasso, usciva all’improvviso dal suo torpore e diceva con voce flebile ma chiara: «Lascerò cinque milioni ai Piccoli Redenti». Seguiva un penoso silenzio.
In "Suite francese" trova spazio l’amore, trova spazio la resistenza, e trova spazio soprattutto l’umanità che non viene negata neanche ai soldati tedeschi, così pericolosi per la stessa scrittrice, che tuttavia riesce a riconoscere in loro dei giovani fragili che vorrebbero in gran parte solo riavere la propria vita in tempo di pace.
In tutto il paese, nei caffè, nelle case che avevano occupato, quanti tedeschi, in quel momento, stavano scrivendo alle mogli, alle fidanzate, e si separavano dalle loro proprietà terrene come si fa prima di morire? Lucile ne provò una profonda pietà.
L’edizione Adelphi che ho letto è corredata da un’appendice che ho trovato assolutamente fondamentale per comprendere appieno l'importanza di "Suite francese". 
Nella sua prima parte riporta gli appunti di Irene Nemirovksy durante la stesura del romanzo, che comprendono anche la pianificazione di quelli che avrebbero dovuto essere i tre volumi successivi: in qualche modo quindi il lettore riesce ad apprendere come la storia sarebbe finita se l’autrice avessi avuto il tempo di scriverla. È commovente oggi leggere questi appunti, sapere che Irene fosse consapevole dell’avvicinarsi della sua fine; troviamo questa consapevolezza anche nella corrispondenza riportata nell’appendice del testo, dove è riportata la lotta di suo marito, che cercò di muovere mari e monti pur di farla rilasciare una volta arrestata ma dovette poi subire la stessa sorte -anche lui fu assassinato nelle camere a gas immediatamente dopo il suo arrivo ad Auschwitz nel 1942. 


In appendice scopriamo anche che questo romanzo è arrivato fino a noi grazie al fatto che la scrittrice lo nascose nella valigia delle figlie, che riuscì ad affidare a una donna di sua fiducia: nonostante le enormi difficoltà fu in grado di salvare loro la vita.
Nella loro fuga, la tutrice e le bambine portarono sempre una valigia che conteneva fotografie, documenti e l’ultimo manoscritto di Irène, redatto con una grafia minuscola per risparmiare l’inchiostro e la pessima carta del tempo di guerra.
Questa appendice a "Suite francese" è commovente quanto e più del romanzo, perché ci permette di cogliere quanto la sua stesura nel mezzo di un conflitto, con la minaccia della deportazione e della morte che incombono, deve essere stata difficile e al tempo stesso fondamentale per la sua autrice, che in queste pagine ha riversato tutto ciò che poteva.
Ho amato "Suite francese" moltissimo: Irene Nemirovsky scriveva in un modo eccellente, con una penna tagliente, descrittiva, evocativa, che mi ha conquistata dalla prima all’ultima pagina e mi ha fatto venire voglia di recuperare tutti i suoi romanzi prossimamente. 
Non posso fare altro che consigliarvi quest’opera e suggerirvi di non farvi scoraggiare all’idea che sia incompleta, perché pur non arrivando ad una vera e propria conclusione è in realtà un romanzo che funziona già così, e di opere scritte in questo modo magnifico se ne incontrano davvero molto poche.

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