giovedì 15 maggio 2025

Il giorno dell'ape

 Termino "Il giorno dell'ape" di Paul Murray, pubblicato da Einaudi e finalista al Premio Strega europeo 2025, con la consapevolezza di aver appena letto uno di quei romanzi a cui tornerò a pensare più e più volte.

Voluminoso romanzo familiare, ha per protagonista la famiglia Barnes, composta da Dickie, Imelda e i loro figli Cassandra e PJ. Il libro si apre in un crescendo, con due capitoli quasi introduttivi dal punto di vista dei ragazzi, ben rappresentativi delle difficoltà dei vari momenti dell'adolescenza; entriamo però nel vivo all'arrivo di Imelda, la sposa vedova di Frank e di Dickie, che si esprime in un flusso di coscienza privo di punteggiatura e che ci trascina nell'aura tragica che sin dagli albori ha avvolto la loro famiglia e le origini di lei, segnate dalla miseria e dalla violenza. Con Dickie, poi, cominciano i segreti, i nodi che verranno al pettine nel presente ma hanno avuto inizio ben prima, ai tempi in cui era ancora uno studente al Trinity College.

"Il giorno dell'ape" è un romanzo pieno di simboli e di riferimenti, di anticipazioni di dettagli che acquistano un senso solo molto più avanti anche se sembravano lineari e immediati ad una prima lettura -sin dal titolo, quel giorno del matrimonio di cui pensiamo di sapere tutto, e invece ci siamo sbagliati. È un romanzo di fantasmi la cui identità è tutta da scoprire, che cita Pet Sematary e ci ricorda che non ci sono scoiattoli rossi, che il cane nero visto da Rose e da Lar porta con sé un infausto destino, quello che ad Imelda viene predetto da sempre.

Sotto la superficie de "Il giorno dell'ape" c'è molto più di quello che sembra, e vi invito a non fermarvi all'apparenza, vi invito ad immergervi in questa famiglia disfunzionale e piena di non detti, in cui tutti lottano per una salvezza reciproca così difficile da ottenere, e a riesaminare una volta terminato tutti gli indizi che Murray dissemina sapientemente tra le pagine per lasciarci intuire quanto accaduto.

È stata una lettura che mi ha richiesto tempo, ma alla quale non vedevo l'ora di tornare, e che mi ha davvero soddisfatta.

Avete già letto questo titolo così chiacchierato?

Un giorno nella vita di Abed Salama

 Con "Un giorno nella vita di Abed Salama. Anatomia di una tragedia a Gerusalemme", pubblicato in Italia da Neri Pozza, il giornalista Nathan Trall (che a Gerusalemme vive e lavora) ha vinto il Premio Pulitzer 2024 per la categoria Nonfiction: e non riesco a immaginare che qualsiasi altra opera potesse meritarlo di più.

Non c'è una riga di finzione in questo libro, che racconta la straziante ricerca di un padre, l'Abed Salama del titolo, che non sa cosa ne sia stato del suo bambino Milad, rimasto vittima di un incidente sull'autobus della scuola materna su cui viaggiava per andare in gita.

C'è dunque Abed in queste pagine, ma soprattutto c'è la storia della Palestina, la progressiva occupazione del territorio, lo strapotere dei coloni e delle forze militari israeliane -che intervengono solerti appena dei ragazzini lanciano pietre, ma lasciano consumare tra le fiamme un pullman pieno di bambini. Ci sono i colori dei documenti che determinano chi possa accedere a quali ospedali, c'è la costruzione dei muri ad isolare i palestinesi in zone sempre più impoverite e prive dei servizi essenziali. 

Thrall alterna capitoli d'impronta più storica e geopolitica, arricchiti da mappe che aiutano la comprensione del lettore, ad altri dove l'intensità emotiva è altissima, in cui trova spazio il dolore straziante di genitori che perdono un figlio o temono per il suo destino. 

Non c'è una riga di finzione in questo libro, che ho trovato illuminante nella sua capacità di spiegare una questione complessa e distorta dai mezzi di informazione come la questione palestinese e l'ingiustizia che giorno dopo giorno un popolo è costretto a subire, e che mi è piaciuto così tanto da lasciarmi senza parole quando l'ho terminato. Questo sì è uno di quei testi che una volta finito mi fa pensare: dovrebbero leggerlo tutti.

E voi, lo avete già letto?

giovedì 8 maggio 2025

Un lupo nella stanza

Quest'anno avevo già letto due romanzi con protagonisti a dir poco disturbante: "Bambino" di Marco Balzano, che assume il punto di vista di un giovane fascista triestino, e "Naufragio", la cui protagonista non invia i soccorsi ad un gommone di migranti alla deriva (questo è ispirato a fatti realmente accaduti).

Si guadagna un posto nella categoria anche "Un lupo nella stanza" di Amelie Cordonnier, pubblicato da NN Editore, che in certi passaggi ho davvero faticato a leggere.

La protagonista è un'insegnante francese di trentacinque anni che ha appena messo al mondo il suo secondogenito, Alban. Nonostante la gravidanza non fosse stata cercata ha accolto l'arrivo del figlio con gioia, anche grazie al bel rapporto che ha con la figlia Esther, di sei anni; tutto sembra andare per il meglio finché sulla pelle del piccolo non cominciano a comparire delle macchie più scure, che la mettono davanti alla scomoda verità che suo figlio sia in parte nero.

Non avendo la coppia alcun ascendente non caucasico di cui sia al corrente, lei mette alle strette suo padre e scopre così di essere stata adottata a pochi mesi di vita, e che l'uomo (rimasto precocemente vedovo) non ha mai trovato il coraggio per confessarglielo.

Questo trauma sulle proprie origini, sull'abbandono subito, sui segreti taciuti e sull'appartenenza etnica genera nella donna una reazione violenta e incontrollabile di negazione e rifiuto verso il povero Alban, la cui epidermide viene nascosta allo sguardo di chiunque, fino a comportamenti davvero difficili da leggere sulla pagina.

"Un lupo nella stanza" è una riflessione sul peso che la verità svelata può avere sulle nostre vite, sul coraggio che serve per accettare una scoperta traumatica e per riconciliarsi con coloro che amiamo; è una prova coraggiosa, scritta con una lingua ricercata che utilizza filastrocche, giochi di parole, citazioni costanti de "La metamorfosi" di Franz Kafka, in un crescendo di tensione che mette il lettore a disagio ma lo tiene incollato alle pagine.

Qual è l'ultimo titolo NN che avete apprezzato?

giovedì 1 maggio 2025

Intermezzo

Nello scorso anno avevo letto due titoli di Sally Rooney, e non ero sinceramente intenzionata a leggerne altri. Poi a dicembre ho ricevuto in regalo "Intermezzo", come gli altri pubblicato da Einaudi, e così le ho dato una terza possibilità: devo ammettere che mi ha convinta più dei precedenti, anche se non è diventata la mia autrice del cuore.

Ivan e Peter sono due fratelli irlandesi che hanno appena perso il proprio padre; hanno dieci anni di differenza -e credetemi, la differenza d'età è un tema centrale in questa lettura. Ivan, 22 anni, è un campione di scacchi e proprio ad una competizione conosce Margaret, che di anni ne ha 36, con la quale comincia una frequentazione che nonostante i preconcetti sa fare del bene ad entrambi. Peter, al contrario, avvocato che ha raggiunto la trentina, ha una situazione sentimentale molto meno stabile, diviso tra la sua ex fidanzata Sylvia e la giovane studentessa Naomi.

Sally Rooney è considerata la voce di una generazione: quella del poliamore, dei ruoli sociali lontani dalle convenzioni, che non ha paura di rompere gli schemi. Non è questo, però, che ho apprezzato nel libro -forse perché non sono le tematiche che mi interessano.

Cosa mi resta di "Intermezzo"? Un rapporto fraterno complesso ma ben raccontato nei suoi alti e bassi, nelle crisi e nelle riconciliazioni, genuino, in cui ci si ritrova. Mi rimane Ivan, un gran bel personaggio, apparentemente insicuro ma poi molto più centrato di chi lo circonda e si ritiene più maturo di lui. Mi rimane una conclusione che mi ha emozionata, molto più delle prime trecento pagine.

Rileggerò Sally Rooney? Per il momento non ne sento l'esigenza, ma dato che questo è il più recente dei suoi titoli ed è indubbiamente il più maturo e convincente tra quelli che ho letto credo che deciderò in base all'impressione che mi faranno le prossime uscite!

Avete già letto questo romanzo?

L'altra figlia

Quarto incontro con Annie Ernaux, autrice francese vincitrice del Premio Nobel, di cui vorrei recuperare l'intera produzione. Lo sto facendo in modo disordinato, in base ai titoli che richiamano di più la mia attenzione o a quelli che trovo ai mercatini dell'usato; leggendo "L'altra figlia", sempre pubblicato da L'Orma editore ho trovato numerosi riferimenti a "Il posto", che mi riprometto di cercare presto in libreria.

Brevissimo e come sempre potente, "L'altra figlia" è una sorta di lettera indirizzata alla sorella Ginette che Annie non ha mai conosciuto, in quanto morì di difterite appena iniziate le scuole elementari anni prima che lei venisse alla luce. Non volendo caricarla di quel peso, i genitori non vollero mai parlarle della sua esistenza, che così lei venne a scoprire da una conversazione ascoltata per caso e da documenti e fotografie riscoperti una volta cresciuta.

C'è un passaggio in particolare di questo testo che colpisce il lettore: la presa di coscienza dell'autrice che, potendo i genitori permettersi di garantire il tenore di vita che desideravano soltanto ad un figlio, lei non sarebbe mai venuta al mondo se la tragica morte della sorella maggiore non si fosse mai verificata. 

Estremamente personale, piuttosto che intenzionato a collegare l'esperienza del singolo a quella della società come nei tre precedenti titoli che avevo affrontato, ho terminato "L'altra figlia" in un'unica sessione di lettura e non ha fatto altro che confermare il mio apprezzamento per stile e temi trattati da Annie Ernaux.

Qual è il titolo dell'autrice che avete preferito?