Di Kanafani vi ho già parlato due volte su questo blog: la prima quando ho scoperto il suo romanzo Uomini sotto il sole, la seconda quando ho letto invece Ritorno ad Haifa.
Questo sarà dunque il terzo post dedicato all'autore palestinese prevalentemente scomparso, e tratterà di una raccolta composta da otto racconti.
Titolo: Se tu fossi un cavallo
Autore: Ghassan Kanafani
Anno della prima edizione: 1965
Titolo originale: Lau Kunta Hisanan
Casa editrice: Jouvence
Traduttrice: Angela Lano
Pagine: 69
Come il romanzo "Uomini sotto il sole", questi brevi racconti appartengono al cosiddetto periodo pessimista di Kanafani: fase della sua produzione caratterizzata dalla sfiducia che lo scrittore nutriva nei confronti di un futuro migliore per la Palestina.
I personaggi che popolano questi racconti infatti sono spesso immobili, intrappolati in situazioni scomode: ad esempio il protagonista di "Se tu fossi un cavallo", che non riesce a risolvere il rapporto con il proprio padre che vede in lui un predestinato portatore di sventura per via della macchia che ha sulla pelle. In una simile, infelice condizione si trova la donna protagonista di "La sponda", che da anni non ha notizie della figlia emigrata in Brasile e soffre per aver perso, dopo il matrimonio di lei, anche quello di una sua cara amica. (CIT)
"[…] una volta scriveva ogni sei mesi, poi, come sa, non pensano più alle loro madri. Ho saputo per caso, due settimane fa, che la sua amica si sarebbe sposata e ho saputo la data del matrimonio; mi sono informata più di dieci volte per non farmelo sfuggire. Ed ecco che per dieci minuti di ritardo mi sono persa le nozze un'altra volta." (dal racconto "La sponda")
Non c'è esplicitamente spazio per la Palestina in questi racconti. Delle loro ambientazioni sappiamo ben poco, talvolta si fa riferimento al mare (ne "Il paesello della miniera"), alla caccia alle gazzelle (ne "Il falcone"), ma gli spazi dove Kanafani ambienta le sue storie sono più che altro abitazioni o locali pubblici come un caffè o una chiesa.
L'elemento centrale che accomuna però quasi tutti gli otto racconti raccolti in questo breve libro sono gli animali: che siano gatti, cavalli, volatili di varie dimensioni, si tratta comunque esseri fragili, sofferenti, sempre in difficoltà all'interno di queste narrazioni che creano un parallelo tra la loro condizione e quella degli esseri umani che li circondano. Come l'uccellino prigioniero nel racconto "Pareti di ferro" infatti è prigioniero il popolo palestinese della propria condizione; così come la gazzella ne "Il falcone" i palestinesi non rinunciano alla propria appartenenza. (CIT)
Un graffito che ritrae Kanafani sul muro che separa la Cisgiordania da Israele |
"È andata a morire fra quelli della sua specie. Alle gazzelle piace morire tra di loro. Per i falchi poco importa dove vanno a morire." (dal racconto "Il falcone")
Un'altra caratteristica distintiva di questi racconti, che non avevo riscontrato né in "Uomini sotto il sole" né in "Ritorno ad Haifa", romanzi estremamente realistici, è il margine di interpretazione lasciato al lettore. Spesso infatti ciò che è reale e ciò che è immaginario si fonde all'interno di un racconto, come in "Situazione difficile" dove letta la storia raccontata da un alunno al maestro restiamo a chiederci quanto ci fosse di vero, o ne "Il paesello della miniera" non scopriremo mai se Ibrahim sia davvero morto giovanissimo oppure no.
I racconti sono un genere letterario che trovo molto più complesso da avvicinare rispetto alla lettura di romanzi; vi consiglio di leggere questa raccolta di Kanafani dopo essere entrati in contatto con altre opere dell'autore, perché vi aiuterà a contestualizzarli e ad apprezzare la tragicità che trasmettono riga dopo riga, racconto dopo racconto.
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