mercoledì 3 luglio 2019

L'ultimo arrivato

Dopo aver amato moltissimo "Resto qui" ed essere invece rimasta piuttosto delusa da "Pronti a tutte le partenze", mi attendevano sullo scaffale ancora due titoli di Marco Balzano. Ho deciso di dare la precedenza a quello pubblicato più di recente, nella speranza di un costante miglioramento dell'autore... E le mie aspettative non sono state deluse!



Titolo: L'ultimo arrivato
Autore: Marco Balzano
Anno della prima edizione: 2014
Casa editrice: Sellerio
Pagine: 205





LA STORIA

Ninetto "Pelleossa" Giacalone è un bambino siciliano, che deve alla sua estrema magrezza il soprannome; vive in un piccolo paese in condizioni di povertà, e spesso non ha altro da mangiare che una manciata di acciughe. Ama i suoi amici, la sua mamma che però è malata, la scuola e in particolare il suo maestro che gli fa imparare le poesie, ma all'età di soli undici anni lascia tutto ciò che conosce e parte per Milano per guadagnarsi da vivere e non pesare più sul bilancio familiare.
Una volta adulto, Ninetto racconta la sua storia, un'infanzia abbandonata troppo in fretta per fare il fattorino, il muratore e poi appena raggiunti i quindici anni l'operaio in fabbrica, all'Alfa Romeo, dove ne trascorre trenta. Quando ripercorre il suo passato Ninetto è appena uscito dal carcere, per un reato che scopriremo soltanto alla fine del romanzo...

COSA NE PENSO

Balzano racconta il fenomeno dell'emigrazione minorile, realmente accaduto in Italia in particolare tra gli anni Cinquanta e Sessanta, quando le grandi città industriali del Nord offrivano opportunità occupazionali a grandi quantità di giovani e giovanissimi. 
Era la fine del ’59, avevo nove anni e uno a quell’età preferirebbe sempre il suo paese, anche se è un cesso di paese e niente affatto quello dei balocchi. Ma c’è un limite a tutto e quando la miseria ti sembra un cavallone che ti vuole ingoiare è meglio che fai fagotto e te ne parti, punto e basta.
Come in "Resto qui", attraverso il suo protagonista dà voce alla storia del Paese e lo fa in maniera convincente e mai noiosa.
Dopo dieci anni di carcere Ninetto scopre una Milano diversa, un'immigrazione che non proviene più dal Sud d'Italia ma arriva da paesi lontani, il mercato del lavoro che basa la selezione del personale sul curriculum in formato europeo e sull'uso del computer che lui non conosce. 
«Non ho messo che sono stato in prigione» gli confesso guardandomi i piedi. Ma questo mi sa che è Gesù Cristo in giacca e cravatta perché non si scandalizza minimamente né fa lo sguardo giudicante. Dice soltanto: «In effetti nessuna voce lo chiedeva».
Ninetto è un narratore in prima persona, dal linguaggio molto semplice e ricco di espressioni dialettali; certo la semplicità riflette il basso livello di scolarizzazione dell'uomo, talvolta però scivola in un eccessivo infantilismo, non adatto ad un uomo della sua età.
Gli altri personaggi -la moglie di Ninetto, sua figlia, la psicologa...- restano sullo sfondo, al centro della narrazione c'è sempre quest'uomo fragile, che commette errori per via del suo carattere impulsivo, al quale non sa porre rimedio.
Non ci sono storie, a rovinarmi è sempre stata la gelosia. Fin da picciriddu.
Ninetto è stato un bambino diventato uomo troppo presto, che ha sperimentato subito il lavoro, la fatica, le responsabilità. Balzano dà voce all'uomo che è diventato, e costruisce un personaggio molto lontano dall'eroismo e per questo molto realistico, molto vero
Il maggior pregio de "L'ultimo arrivato" -che ha meritatamente vinto il Premio Campiello nel 2015- è il racconto che fa dell'Italia, della storia di una migrazione interna che non viene spesso raccontata (quella con protagonisti appena ragazzini già avviati al mondo del lavoro), dei cambiamenti che hanno attraversato il nostro territorio.
Lo sguardo puro di Ninetto osserva senza pregiudizi ciò che lo circonda, e dà vita sotto gli occhi del lettore ad un mondo che era reale pochi decenni fa e non ho trovato spesso raccontato in un romanzo. 

Quello scritto da Balzano è un buon romanzo di formazione, adatto per la sua semplicità anche ad un pubblico di lettori piuttosto giovani o non avvezzi alle letture dallo stile ricercato. Rispetto a "Pronti a tutte le partenze" l'ho trovato decisamente superiore; non ha però superato "Resto qui" tra le mie preferenze!

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