mercoledì 25 giugno 2025

L'estate che perdemmo Dio

Di Rosella Postorino ho letto quasi tutti i romanzi, e i miei preferiti, forse è superfluo dirlo, sono i più recenti e più noti: “Le assaggiatrici” e “Mi limitavo ad amare te”.

È stata una grande sorpresa “L’estate che perdemmo Dio”, ristampato di recente da Feltrinelli in una versione rivista dall’autrice, e che si è aggiunto ai suddetti due.

Caterina e Margherita nascono a Nacamarina, un paesino della Calabria; sono bambine serene, che passano il tempo a giocare con i cugini più o meno coetanei, attorniate dall’amore dei genitori, degli zii e dei nonni. Non fosse che attorno a loro imperversa una guerra, quella della ‘Ndrangheta (che in questo libro non viene mai chiamata per nome), che miete vittime e detenuti tra i loro familiari, così che la madre Laura convince il reticente marito Turi ad emigrare in Altitalia, affinché siano salvi, almeno loro.

Vi sono dunque due viaggi ne “L’estate che perdemmo Dio”: quello di una famiglia che emigra al nord, che fa i conti con la solitudine improvvisa di chi sradica le proprie radici, con gli oggetti e i ricordi lasciati indietro; e quello di Turi, che fa ritorno al paese natale quando il cognato, da poco uscito dal carcere, viene assassinato -e si trova ad interrogarsi sul proprio ruolo, se sia stato un vigliacco o abbia avuto coraggio, ad andarsene via.

Caterina e Margherita sono il filtro di questa storia, i loro occhi bambini non sanno dare nome alla criminalità organizzata, concepiscono gli amati familiari inevitabilmente come i “buoni” della storia. E la storia c’è in questo libro, quella dei sequestri di persona, di Cesare Casella in Aspromonte, della caduta del muro di Berlino, dei tanti oggetti simboli di un’epoca -gli omaggi del Mulino Bianco, le figurine Mira Lanza, Lady Oscar alla TV.

La scrittura è materica, densa, riporta alla mente i Treni del Sole e l’odore dei panini scartati, la paura del buio e dell’abbandono, le ginocchia sbucciate dell’infanzia, i giocattoli che abbiamo amato. Le due protagoniste sono così concrete che l’immersione nel romanzo è totale, e la chiave scelta per raccontare una storia italiana non smette mai di convincere.

Non sapevo cosa aspettarmi da questo romanzo più datato dell’autrice, e si è rivelato un testo che ho amato molto!

Avete già letto qualcuno dei suoi romanzi?

L'ultima spiaggia

Decisamente fuori dalla mia comfort zone, ho acquistato tempo fa "L'ultima spiaggia" di Alex Garland, in edizione Bompiani, al mercatino dell'usato. Consapevole che sarebbe stata una lettura diversa da ciò che approccio di solito è rimasto per un po' sullo scaffale, finché alla presentazione di "Kala" di Colin Walsh non è stato consigliato dall'autore, insieme a due titoli che avevo molto apprezzato: "Dio di illusioni" di Donna Tartt e "Le ragazze" di Emma Cline. Nel 2000 ne è anche stato tratto un film con Leonardo Di Caprio (che non mi ha entusiasmata). 
Ecco, ora posso affermare con certezza di continuare a preferire gli altri due tra i suoi suggerimenti...

Richard è un giovane inglese sulla ventina, appassionato di viaggi in Asia, che si reca in Thailandia alla ricerca di territori lontani dal turismo di massa dove vivere esperienze autentiche. Nell'ostello di Bangkok dove alloggia fa la conoscenza di un uomo misterioso, che si fa chiamare Daffy Duck, il quale prima di suicidarsi gli consegna una mappa per raggiungere un'isola definita una sorta di paradiso.

"L'ultima spiaggia" è dunque un racconto di un viaggio avventuroso per raggiungere un luogo incontaminato, dove un gruppo di persone si riorganizza in una nuova società, con le sue regole, i suoi ruoli assegnati e soprattutto la volontà di mantenersi a distanza dal resto del mondo. Qui Richard crea legami di solidarietà ma si trova anche a mettere alla prova le proprie capacità e la propria resistenza, fino ad un'escalation di avvenimenti quando nuove presenze si avvicinano al territorio.

La scrittura di Garland riesce a variare il ritmo della narrazione attraverso anticipazioni e soprattutto attraverso le visioni di Daffy che continuano ad accompagnare Richard nel suo percorso, dapprima solo in sogno quando è addormentato, ma via via sempre più presenti. Nel complesso il romanzo riesce a mantenere alta l'attenzione del lettore, e soddisferà gli amanti dei racconti di avventura; il mio parere è inevitabilmente influenzato dal fatto che non sia questo il genere di storie che preferisco, ma lo consiglio agli interessati!

Qual è l'ultimo romanzo che avete letto da cui è stato tratto un film?

venerdì 20 giugno 2025

Il silenzio del coro

Con “Il silenzio del coro” di Mohamed Mbougar Sarr, autore senegalese residente in Francia premiato qualche anno fa con il Goncourt per “La più recondita memoria degli uomini” (sempre pubblicato in Italia da Edizioni E\O) pensavo di portare avanti l’argomento avvicinato con “Libia” di Francesca Mannocchi.

L’argomento centrale è infatti quello delle migrazioni, dei barconi della morte nel Mediterraneo, dei viaggi della speranza dall’Africa subsahariana che attraversano il deserto prima e il mare poi.

L’ambientazione è Antino, un paese inventato della Sicilia, alle pendici dell’Etna; qui un gruppo di “ragazzi” viene accolto dall’associazione Santa Marta e vive in attesa dei colloqui per ottenere lo status di rifugiato, mentre il tempo si dilata e il senso di inutilità si fa più forte.

La lingua di Sarr è ricercata e letteraria, ricchissima di citazioni dalla classicità, capace di cambiare registri e forme inserendo brani di diario, dialoghi in forma di rappresentazione teatrale, articoli di giornale e discorsi pubblici; purtroppo il registro così elevato spesso si addice poco alla realistica proprietà di linguaggio di chi sta imparando a comunicare da qualche mese in un nuovo idioma.

Gli elementi per cui questo libro avrebbe potuto rivelarsi nelle mie corde c’erano tutti; purtroppo così non è stato.

Innanzitutto per la spaccatura a metà, dai ritmi lenti e riflessivi delle prime duecento pagine popolate anche di personaggi inutilmente bizzarri (penso per primi alla coppia di artisti), di riflessioni fin troppo filosofiche, che poi si trasformano in un testo dal ritmo concitato dove la violenza prende piede, dove le tinte diventano quelle di un crime, ma la credibilità continua a non farla da padrone.

Troppi momenti mi sono sembrati intrisi di luoghi comuni (il migrante arrabbiato, quello volenteroso, la passione inevitabile con le ragazze che gravitano attorno all’associazione), poco costruiti, più concentrati sulla forma che sulla sostanza. Poche pagine sono davvero dedicate al viaggio della migrazione, a cosa essa davvero comporti, e le mie aspettative sono così state parecchio deluse -fino ad un epilogo che dopo tanti avvenimenti sembra riportare il lettore alla casella del “via”.

Qual è l’ultima lettura che non vi ha convinti?

Tre sorelle

Acquisto decisamente ben scelto al mercatino, “Tre sorelle” di Therese Ann Fowler, pubblicato da Neri Pozza, è il genere di storia che preferisco: un romanzo familiare che si dipana dalla scomparsa di una madre molto amata, che svela alle tre figlie segreti che in vita non ha mai avuto il coraggio di confessare, lasciando loro il compito di vendere la casa delle vacanze della loro infanzia e adolescenza.

Le sorelle in questione sono Beck, giovanissima nonna, giornalista e sposata con l’editor Paul, Claire, medico stressata e divorziata con un figlio adolescente, e Sophie, la minore, gallerista d’arte che vive al di sopra delle proprie possibilità ed è oppressa dai debiti sulle carte di credito.

Quando si ritrovano in occasione della lettura del testamento della madre Marti, le loro esistenze sembrano arrivare ad una vera e propria resa dei conti con loro stesse, le loro insoddisfazioni e le loro speranze per il futuro -[Beck che arriva alla separazione da Paul, il quale dichiara finalmente il proprio ricambiato amore per Claire, mentre Sophie prende una decisione per rendere più stabile e indipendente la propria vita professionale e finanziaria].

“Tre sorelle” è un romanzo di relazioni, di supporto reciproco anche quando non è facile fornirlo. In scena abbiamo sempre le tre protagoniste, tranne brevi tratti in cui incontriamo CJ, il potenziale acquirente della casa di Marti, che elabora il trauma di un padre che lo ha fatto arrestare creando un legame di paternità non biologica con il piccolo Arlo, rimasto da poco orfano -CJ, la cui esistenza ha incrociato nel passato quella di Beck, e lo rifarà in futuro.

È un romanzo genuino, di tre sorelle imperfette il cui legame non è idealizzato, tra cui ci sono segreti e non detti. Il passato di Marti occupa meno spazio di quello che mi sarei aspettata, così come gli altri membri della famiglia che circondano le tre donne protagoniste, ma l’insieme anche per questo è riuscito, concentrato sul futuro e sulle opportunità che le donne avranno, insieme e non solo. In conclusione proprio la lettura che corrisponde ai miei gusti, e che vi consiglio!

Qual è l’ultimo libro che vi è piaciuto?

mercoledì 18 giugno 2025

Io so chi sei

Paola Barbato, quando ero appena adolescente, mi ha aperto il mondo dell'horror e dei fumetti con la scoperta di Phobia, numero 185 di Dylan Dog, che scoprii per caso in un pomeriggio di attesa dal dentista ed è stato per me a dir poco trasformativo.

Solo pochi anni fa l'ho scoperta come autrice di romanzi, ma su questa pagina solo le sue pubblicazioni più recenti hanno trovato spazio. In questo periodo, forse anche complice l'uscita al cinema del film tratto dal bellissimo "Mani nude", mi è venuta voglia di tornare a rileggere i miei preferiti, in particolare quella che Barbato definisce la "poli-bilogia", composta da tre titoli che non sono pensati per essere letti in un ordine obbligatorio.

La prima volta ero partita da "Zoo" (che forse tra tutti i titoli dell'autrice è quello che amo di più), così per cambiare ora ho riletto per primo "Io so chi sei", che è anche il volume che per primo è stato pubblicato da Piemme, nel 2018. 

Incontriamo così Lena, che lavora in un albergo di Firenze, dopo due anni dalla morte presunta del suo fidanzato Saverio, che tutti credono caduto nell'Arno. La ragazza si prende cura del cane di lui e cerca di venire a patti con il trauma, quando le viene recapitato un cellulare su cui cominciano ad arrivare messaggi misteriosi, che sembrano provenire proprio da Saverio... Mentre pagina dopo pagina il cerchio attorno a lei si stringe, i ricatti si fanno più opprimenti, coloro che la circondano diventano le vittime di un gioco crudele.

In "Io so chi sei" ci sentiamo vittime di stalking, ma anche in trappola in un gioco pericoloso, dove è impossibile identificare chi sia degno di fiducia e chi invece faccia parte del complotto ai danni della protagonista -le cui decisioni non sempre sono condivisibili, ma in cui senza dubbio ci si immedesima.

È stata una rilettura che ho affrontato con estremo piacere, e non vedo l'ora di passare a "Zoo", per godermi la caccia ai particolari che si incastrano insieme tra le due storie!

Avete già letto qualche titolo di questa autrice?

Libia

Nel fumetto "Libia", scritto da Francesca Mannocchi, giornalista che ha trascorso diverso tempo nel paese e illustrato dall’attivista per i diritti umani Gianluca Costantini (lo trovate in libreria in edizione Mondadori Oscar Ink) sono contenute diverse, storie separate l’una dall’altra, che hanno l’obiettivo di raccontare una Libia diversa da quella che troviamo sulle testate giornalistiche -piena della retorica contro i migranti e poco consapevole di ciò che realmente accade nel paese e di ciò che è accaduto prima e dopo Gheddafi.

Abbiamo innanzitutto un racconto della strage avvenuta all’interno di un carcere di stato nel 1996, quando i detenuti si ribellarono alle condizioni disumane nelle quali erano costretti a vivere e furono per questo massacrati a centinaia.

Ne "La nebbia libica" invece abbiamo il racconto di una realtà che conosciamo di più, che vi farà venire in mente il pluripremiato film "Io capitano": quello dei centri di detenzione per migranti che diventano teatro di torture e di malattie.

Ci spostiamo poi sulla costa, in pagine che dicono la verità sugli scafisti e sui trafficanti di uomini, su come l’intera economia di un paese si basi sul traffico di esseri umani che durante la dittatura di Gheddafi dovevano invadere l’Europa come strumento di pressione, ma ora è sufficiente che si imbarchino e poco importa se annegheranno a poche miglia dalla terraferma.

Nelle pagine successive, incontriamo Wered, una sedicenne fuggita dalla fame e dalla povertà dell’Eritrea per diventare vittima dello Stato islamico a Sirte e poi della detenzione in Libia, più volte abusata ed incinta di chissà chi tra i suoi stupratori: la storia di una donna che però ne rappresenta tante altre, un orrore che nelle nostre tranquille quotidianità ci rifiutiamo di guardare in volto, a cui ci rifiutiamo di dare un nome.

"Un’altra rivoluzione" è il capitolo più storico, che ricostruisce la rivoluzione del 2011 che mise fine al regime di Gheddafi per mano delle milizie armate che ormai nessuno è più in grado di controllare. Ci racconta la guerra civile del 2014, che ha spaccato il paese in due tra il governo riconosciuto basato a Tobruk e il governo di Tripoli, ad ognuno dei quali fanno capo centinaia di gruppi armati diversi. È seguita poi la presa di potere da parte dell’Isis in un conflitto sanguinoso, seguito dal nuovo governo del 2016, appoggiato dalle Nazioni Unite e basato a Tripoli, non riconosciuto però dal governo di Tobruk: un paese dunque ancora spezzato, fortemente legato all’Italia sia grazie all’importazione del gas sia alla tratta dei migranti nel Mediterraneo. Infine, assistiamo alla presa del potere su Tripoli del generale Haftar nel conflitto del 2019, anno in cui questo fumetto è stato pubblicato. 

Da allora la situazione libica è diventata tutt’altro che più trasparente e ancora il denaro e il traffico di esseri umani la fanno da padrone. Trovo che l’opera di Francesca Mannocchi sia un ottimo primo approccio all’argomento, rendendolo accessibile a tutti i lettori, umanizzandolo con le biografie di coloro che ha intervistato, tra giornalisti che cercano di sottrarsi ai controlli e alle persecuzioni, madri che hanno perso i figli e che altri ne aspettano a casa, sperando che tornino anche per quel giorno sani e salvi.

Mannocchi ci insegna qualcosa e soprattutto pianta un seme su cui potremmo far germogliare un approfondimento. Ora sono curiosa di recuperare anche il suo libro intitolato "Io Khaled vendo uomini e sono innocente".

Qual è l’ultima opera di non fiction che avete letto?

La perla

Di John Steinbeck, autore americano vincitore del premio Nobel per la letteratura nel 1962, avevo letto fino ad oggi i titoli più conosciuti ed importanti: "Uomini e topi" per primo, e poi "Furore" e "La valle dell’Eden". Difficile raggiungere con titoli minori l’intensità e la profondità dei romanzi in questione, ma desideravo comunque approfondire la sua produzione e l’ho fatto con "La perla", che avevo trovato ad un mercatino qualche anno fa.

Racconto lungo pubblicato negli anni '40 del Novecento, "La perla" ha un tono decisamente diverso dalle opere che già conoscevo. Più fiabesco, ambientato a La Paz sul Golfo della California, ha per protagonista la famiglia di Kino, sua moglie Juana e il piccolo Coyotito; vivono in un'umile capanna di giunchi sulla riva del golfo e l’uomo mantiene la famiglia con il lavoro di pescatore, sperando sempre di potersi arricchire con il ritrovamento di una perla. Quando esso avviene però alla "canzone della famiglia" che fino a quel momento ha sempre accompagnato la serenità del terzetto si sostituisce una crescente oscurità: la minaccia di coloro che vogliono arricchirsi a loro spese, anticipata dal morso di uno scorpione, presagio della sventura che sta per colpirli.

"La perla" è una vera storia tragica che comincia con un quadro di serenità familiare e procede su un piano inclinato a cui il protagonista non sembra in grado di sottrarsi. Non vi ho trovato lo Steinbeck epico delle tre letture precedenti, bensì un quadro più modesto, meno legato agli Stati Uniti rurali con questa ambientazione costiera, ma comunque sempre coinvolgente. 

La scrittura mi è parsa più semplice, adatta anche ad un pubblico di lettori più giovani e calibrata ai suoi protagonisti, che non hanno ricevuto alcuna istruzione e la sognano invece per il loro bambino. 

Non ho trovato questo testo particolarmente memorabile, ma rimane in me l'intenzione di continuare ad approfondire l'autore nei prossimi anni!

Qual è l’ultimo titolo di Steinbeck che avete letto?

giovedì 12 giugno 2025

Tornare a casa

Il catalogo di NN editore, con i loro "questo libro è per chi..." sulle quarte di copertina, sa sempre come invogliarmi ad acquistare i loro titoli: non ha fatto eccezione "Tornare a casa" di Tom Lamont.

Ambientato nel sobborgo londinese di Enfield dove è cresciuto l'autore, ha per protagonisti il trentenne Téo, il padre Vic (in gran parte ispirato al padre di Lamont, anche lui segnato dall'esperienza dell'adozione tardiva, anche lui frequentatore delle sinagoghe senza mai essere diventato ebreo) che sta sviluppando il morbo di Parkinson, l'amico d'infanzia Ben e soprattutto Joel, il figlio di due anni di Lia, di cui Tom è innamorato sin dall'infanzia. Infine c'è Sybil, la rabbina della comunità.

Téo si è trasferito in città, ha una carriera avviata, ma quando fa -come da titolo- ritorno alla casa del padre per un weekend Lia gli affida Joel per quella che dovrebbe essere soltanto una sera. La ragazza però decide di togliersi la vita, e così Joel viene affidato temporaneamente a Teo, facendo nascere tra i due, e tra gli altri che li circondano, un legame imprevisto quanto intenso.

"Tornare a casa" è un testo dolceamaro: c'è l'aspetto che scalda il cuore delle relazioni tra persone che cercano di fare del loro meglio per aiutarsi a vicenda, ma c'è anche la difficoltà della comunicazione aperta, ci sono anche le aspettative disattese, i gesti con cui ci si ferisce a vicenda senza volerlo veramente, e le separazioni sempre più dolorose. 

C'è una mascolinità non tossica in questo libro, il rifiuto dell'idea che gli uomini non possano parlare di sentimenti, e la scoperta di una nuova responsabilità nello scoprirsi all'improvviso padri, al di là dei legami di sangue.

Degna di nota è la capacità di Lamont di dare voce all'infanzia: alle piccole manie di Joel, alla sua scoperta del mondo un dettaglio dopo l'altro, alla terminologia che gli fa utilizzare e che è così naturale da renderlo un bambino vero, più di un personaggio. 

Joel cresce, in questo libro, ma con lui crescono gli adulti che lo circondano, messi davanti al peso delle responsabilità e del prendersi cura -di un bambino, oppure di un uomo anziano le cui capacità vanno scemando. Li seguiamo in capitoli dedicati alle diverse prospettive (Ben, Téo, Vic, Sybil), ognuno con la propria personalità, con i dialoghi che li mettono in relazione.

In "Tornare a casa" ci si interroga su quale sia la decisione migliore da prendere, quale la migliore versione di se stessi, e inevitabilmente non tutti forniranno la stessa risposta [diversamente da quanto mi aspettassi, è Ben con Sybil a prendersi cura a lungo termine di Joel -essendone in realtà il padre biologico, ma soprattutto perché Vic preso dal panico di perdere il bambino ha denunciato l'unica assunzione di stupefacenti di Téo in un episodio difficile da perdonare]. 

Per chi ama le storie in cui la famiglia non è questione di DNA, e in cui i personaggi sono fragili, imperfetti ma pieni di speranza, il romanzo di Lamont sarà davvero una bella scoperta.

Qual è l'ultimo titolo inglese che avete letto?

Le origini del male

Tra una storia emotivamente impegnativa e l'altra, come spesso si rivelano i romanzi familiari che tanto mi piacciono, trovo ideale infilare un titolo di puro intrattenimento, e spesso la mia scelta ricade su un thriller. Questa volta è stato il momento di "Le origini del male" di You-Jeong Jeong, un titolo sudcoreano che ho acquistato al mercatino dell'usato in un'edizione uscita in edicola, ma che trovate in libreria per Feltrinelli.

Si è rivelato proprio ciò che speravo: una lettura coinvolgente, che suscita enorme curiosità e mantiene sempre alto il livello della tensione.

Il protagonista di questa storia, Yu-Jin, ha ventisei anni e vive con la madre ed il fratello adottivo quando un mattino si risveglia coperto di sangue e senza nessun ricordo di quanto accaduto la notte precedente. Non è facile per lui ricostruire i fatti, dal momento che a quanto pare soffre di crisi epilettiche e sin da bambino assume farmaci che dovrebbero tenere sotto controllo la sua patologia, ma che gli annebbiano la mente e quando smette di prenderli suscitano in lui degli episodi di crisi che lo rendono ipersensibile all'odore del sangue.

Il lettore dunque si trova a brancolare nella nebbia insieme a Yu-Jin, che tassello dopo tassello mette insieme i precedenti e la difficile situazione in cui si trova, complice anche il diario della madre che scopre in casa e sulla quale erano stati annotati tutti i suoi trascorsi psichiatrici sin dal giorno dell'incidente in cui suo padre e suo fratello maggiore avevano perso la vita.

[Yu-Jin infatti, desideroso di sottrarsi al controllo di una madre che lo aveva soggiogato con i farmaci su indicazione della zia, convinta che fosse uno psicopatico responsabile della morte del fratello, uccide prima una ragazza per strada, la madre lo scopre, quando tornano a casa lo affronta e Yu-Jin la uccide, quando la zia viene a cercarla uccide anche lei, quando viene scoperto dal fratello che vuole convincerlo a confessare uccide anche lui facendo precipitare in mare l'auto su cui viaggiano e alla fine la fa franca inscenando la propria morte.]

"Le origini del male" è un thriller molto crudo, che contiene numerose scene di violenza con vasta presenza di sangue sconsigliate a lettori particolarmente sensibili. È però soprattutto un viaggio nella mente di un narratore interno ed inaffidabile, che quindi è davvero molto efficace nel disorientare chi legge e nel dosare i colpi di scena uno dopo l'altro. Se siete amanti di questo genere di storie, potrebbe piacervi davvero molto!

Qual è l'ultimo thriller che avete letto?

Kala

Esordio dell'autore irlandese Colin Walsh pubblicato da Fazi editore, "Kala" è il titolo perfetto per l'estate per chi non associa i mesi caldi a letture superficiali, ma desidera storie che tengano incollati alle pagine.

Nella cittadina di Kinlough, un gruppo di amici trascorre insieme l'adolescenza, tra innamoramenti, passione per la musica, dialoghi infiniti e speranza di un futuro più vasto di quella provincia. Sono Helen, Mush, Joe, Aoife, Aidan e Kala. Quindici anni più tardi, uno di loro si è tolto la vita, mentre Kala è scomparsa senza lasciare traccia; quando i suoi resti vengono ritrovati nel folto del bosco, con essi emergono segreti di famiglia e di reti di corruzione e criminalità destinati ad avere gravi conseguenze sulle vite di tutti i sopravvissuti.

C'è chi è rimasto, ed è stato sempre fedele a se stesso; chi si è rifugiato nella fama che gli è stata costruita intorno, utilizzandola come una corazza; chi si è trasferita in un altro continente, utilizzando la distanza come un arma. Ognuno di loro ha una voce (anche se ogni tanto lo stile di scrittura tende ad essere un po' troppo simile), ognuno di loro ha delle ragioni, e sono protagonisti tridimensionali per i quali si parteggia, per i quali ci si preoccupa.

Ingrana con calma il romanzo di Walsh, che alterna le tre voci narranti di Mush, Helen e Joe, spaziando tra i tanti flashback dell'adolescenza (in cui è inevitabile riconoscersi e riportare alla mente le emozioni tipiche di quell'età, con le amicizie che ci segnano per sempre) e la cronaca del presente, in cui le loro solitudini devono trovare una via d'uscita dall'orrore che prende piede loro intorno. Il ritmo diventa più serrato nella seconda metà, che si legge tutta d'un fiato fino alla conclusione.

Ho acquistato questo libro curiosa di partecipare alla presentazione con l'autore, e si è rivelata davvero un'ottima decisione!

Qual è l'ultimo titolo che avete aggiunto alla vostra collezione?