giovedì 30 gennaio 2025

Il processo

Avrei mai trovato il coraggio per leggere da sola "Il processo" di Franz Kafka? Forse no, forse non mi sarei mai sentita all'altezza. Grazie però al gruppo di lettura #GliAmbasciatoriDeiLibri e all'incontro del mese di gennaio, introdotto da Ermanno Cavazzoni, ho rispolverato dalla libreria la mia edizione della Biblioteca di Repubblica, ormai diventata maggiorenne sullo scaffale.

Questo testo nasce da un'occasione biografica: il matrimonio con Felice Bauer che nel 1914 decide di mandare a monte, in quanto contrario alla sua vocazione solitaria di scrittore. "Il processo" si può dunque interpretare come una sorta di memoriale difensivo per provare la propria innocenza, per giustificare la sua esistenza, addirittura. 

Simile al racconto di un sogno, dove fatti a dir poco assurdi e impossibili vengono considerati del tutto naturali e ragionevoli, con Kafka si entra nel romanzo moderno che indaga l'interiorità, fino alla conclusione tragica del sacrificio, in quanto il protagonista/scrittore non ha saputo creare abbastanza -anche questo, come tutti i romanzi di Kafka, è incompleto.

Le interpretazioni per questo testo sono molteplici (una critica sprezzante e ricca di momenti comici alla burocrazia, la progressione di una paranoia persecutoria, oppure la rappresentazione della scrittura come unico mezzo possibile per difendersi), e molti sono anche i testi critici con cui lo si potrebbe approfondire: "Kafka" di Pietro Citati, "Processi - Su Franz Kafka" di Elias Canetti", "K." di Roberto Calasso, e naturalmente i Diari del suo stesso autore. 

Al termine della lettura de "Il processo" ho sentito di essere soltanto all'inizio di un percorso, stimolata ad una quantità di altre letture e approfondimenti, come solo una lettura di quelle che mi accompagneranno per anni sanno fare: e ancora una volta mi stupisco di quanto i gruppi di lettura, anche se a volte ci mettono alla prova, sappiano arricchirci.

Qual è l'ultimo classico della letteratura che avete letto?

Ninfa dormiente

Secondo volume dedicato ai casi di Teresa Battaglia, la commissario verso la quale avevo provato un vero e proprio colpo di fulmine in "Fiori sopra l’inferno", "Ninfa dormiente" di Ilaria Tuti, sempre pubblicato da Longanesi, è stata un’altra lettura che ho affrontato con estremo coinvolgimento e piacere.

Ci troviamo questa volta in Val Resia, un luogo affascinante per le sue radici storiche e culturali che la rendono un vero e proprio territorio a sé, in cui gli abitanti condividono anche un peculiare patrimonio genetico, oltre che tradizioni millenarie preziose e suggestive.

Come nel precedente volume, anche qui il presente si intreccia alla storia. in particolare alla resistenza e ad un episodio della seconda guerra mondiale in cui un pittore dipinse con il sangue la propria amata Aniza, la "ninfa dormiente" del titolo.

Solo molti anni più tardi il mistero dell’opera d’arte viene a galla e Teresa con la sua squadra si trova a far luce su di esso: sulla scomparsa di Aniza, ma anche su molti misteri che circondano la valle e i suoi abitanti, come il silenzio ostinato del pittore anziano, ma ancora vivo, ritenuto dai più colpevole della morte della giovane donna [di cui in realtà era stata responsabile la sua stessa nipote, la cui nipote giovane donna, a sua volta nel presente, sembra far germogliare in sé le radici potenti e malvagie di quella nonna].

"Ninfa dormiente" è un romanzo sul femminile, sulla divinità di Iside, sulle levatrici sciamane della Val Resia, sul significato del termine maternità, che non è soltanto procreazione ma anche accoglienza degli inermi, come nel rapporto tenero ed intenso fra Teresa e Massimo che la donna vuole ostinatamente liberare dai suoi demoni per renderlo un uomo aperto al futuro.

Ho apprezzato moltissimo l’alternanza tra il passato e il presente, insieme all'ambientazione in un luogo particolare di cui non sapevo nulla prima di questa lettura. L’autrice calibra alla perfezione le pagine dedicate all’indagine, sempre appassionante e ricca di tensione, e quelle in cui ritorna al passato dei suoi protagonisti ricorrenti, che non diventa mai prevaricante, nonostante i traumi del passato di Teresa e di Massimo potrebbero facilmente sfuggire di mano e farla da padrone.

Insomma, il secondo volume di questa saga mi è piaciuto ancor più del primo e non sono affatto pentita di aver già fatto scorta di tutti i successivi! Ora non mi resta che dedicarmi alla visione della serie TV che per quanto riguarda "Ninfa dormiente" è già stata trasmessa.

Qual è l’ultima serie di gialli che avete cominciato?

giovedì 23 gennaio 2025

Yellowface

Ho ricevuto "Yellowface" di Rebecca F. Kuang, pubblicato da Mondadori nella collana Oscar Vault, tra i regali a sorpresa per il mio compleanno: ed è stato molto gradito!

Juniper e Athena hanno studiato alla stessa università, hanno condiviso lo stesso sogno di diventare scrittrici: Athena però lo ha realizzato, raggiungendo l'agognata popolarità, mentre il romanzo d'esordio di June è caduto presto nell'oblio.

Tutto cambia però all'inizio di questa storia, quando Athena muore all'improvviso mentre si trova in compagnia di June, che non resiste alla tentazione di rubare il manoscritto dell'ultima creazione della talentuosa, invidiata amica -e naturalmente ne farà il proprio primo best seller.

"Yellowface" è, come scrive la sua stessa autrice, una storia dell'orrore: una satira tagliente e amara sulle logiche più spietate del mondo dell'editoria, dove gli esordienti sono disposti a tutto per una pubblicazione, dove la questione razziale e quella d'immagine non sono poi così in secondo piano rispetto a forma e contenuto.

Seguiamo con un misto di amaro divertimento e angoscia i passi di June, tra guadagni e accuse di plagio, tra candidature a premi prestigiosi e persecuzione sui social media, prevedendo come ogni sua mossa potrebbe andare storta e rimanendo spesso sorpresi dai suoi esiti, in una spirale discendente che per un lettore estraneo alle dinamiche trattate è coinvolgente e godibile. 

Se siete alla ricerca di un romanzo di intrattenimento ambientato nel mondo della narrativa, questo potrebbe essere un'ottima scelta!

Avete letto "Yellowface"?

Qual è l'ultimo libro che avete ricevuto in regalo?

mercoledì 22 gennaio 2025

La casa dei Gunner

Il mio primo acquisto dell’anno è stato "La casa dei Gunner" di Rebecca Kauffman, pubblicato da SUR, e non avrei potuto scegliere un titolo migliore, nonostante o forse proprio perché quando ho letto l’ultima pagina ero in lacrime.

Questo è un libro sull’amicizia: un argomento che mi tocca particolarmente da vicino da quando ho perso pochi anni fa la mia migliore amica. Qui abbiamo un gruppo di bambini che crescono insieme e che restano in contatto anno dopo anno, nonostante a 16 anni una di loro, Sally, abbia preso improvvisamente le distanze da tutti gli altri. Proprio con la morte di Sally si apre questa lettura, e i suoi amici che ormai hanno raggiunto la trentina si riuniscono in occasione del suo funerale, riscoprendosi fondamentali l’uno per l’altro e soprattutto convinti ognuno a modo proprio di essere responsabili di quell’allontanamento che non hanno mai saputo spiegarsi.

"La casa dei Gunner" è un romanzo pieno di segreti, e non tutti potranno essere svelati, perché nonostante siano sempre stati così amici, ognuno dei protagonisti ha celato qualcosa di sé o degli altri, trovando solo molti anni dopo il coraggio di confessarlo -che sia un orientamento sessuale, la ragione del proprio divorzio, l’identità di un genitore oppure proprio che cosa sono convinti di aver fatto a Sally, causandone così l’insanabile distanza dal gruppo.

"La casa dei Gunner" è un romanzo sull’amicizia e su come ci salvi la vita, su come si possa aver bisogno degli altri e non per questo essere deboli. È un romanzo sul ritrovarsi, sul comprendere chi ci è stato vicino per tutta la vita e non ha mai saputo trovare le parole per esprimere il proprio amore.

Stilisticamente qualche piccolo difetto c’è, ho trovato molta enfasi sulle caratteristiche fisiche dei personaggi che è un aspetto che non mi fa impazzire, ma da subito mi sono affezionata istintivamente ai personaggi di questa storia, Mikey per primo. Ho seguito i loro passi sperando sempre per il meglio e trovandomi alla fine con una sensazione simile a quella che avevo provato con il club dei perdenti di "It" di Stephen King: far parte di un nuovo gruppo di amici che mi sono rimasti nel cuore e mi hanno profondamente emozionata.

Nonostante il mio proposito di controllare gli ingressi in libreria quest’anno, è inutile dirvi che ho già inserito in lista desideri tutti gli altri romanzi di questa autrice!

Qual è stato il vostro primo acquisto del 2025?

mercoledì 15 gennaio 2025

All'ombra del fico

 “All’ombra del fico” di Goran Vojnovic, pubblicato da Keller editore, è esattamente il tipo di romanzo di cui non mi stanco mai: una storia familiare che attraversa le generazioni e la storia, in questo caso fino alla dissoluzione della Jugoslavia.

Il narratore è Jadran, nipote di Aleksandar e Jana, figlio di Vesna e Safet: cuce insieme i suoi ricordi, colmandoli con l’immaginazione per dar loro una direzione, un senso in positivo, mentre nella realtà tanti sono stati i silenzi nella sua famiglia.

Discendente di uomini che se ne sono andati (Aleksandar in Egitto per lavoro, facendo riscoprire alla moglie il gusto per la libertà, Safet in Bosnia appena prima che la guerra rendesse impercorribili i confini) Jadran sta stretto nel suo ruolo di padre di Marko e compagno di Anja, prova più spesso risentimento che amore, e la sua compagna ne è ben consapevole; alla morte del nonno ripercorre le proprie memorie e i percorsi di vita dei suoi familiari, consegnandoceli in un testo che è spesso un flusso di coscienza, che è ricco di dialoghi tradotti da lingue diverse, intessuti di dialetto e di cultura balcanica, di domande lasciate senza risposte.

Ci sono pagine piene di incomunicabilità in questo libro, di riflessioni su cosa significhi far parte di una coppia ma essere ugualmente soli: perché Jadran e Anja non si parlano davvero, perché Jana perde la memoria e Aleksandar resta l’unico a conservare la traccia di ciò che erano stati insieme (la guerra in Jugoslava narrata attraverso la dissoluzione dei ricordi di lei è uno dei passaggi più memorabili).

È un romanzo toccante, coinvolgente, che mi ha ricordato “Origini” di Saša Stanisic, perché seppure in modo meno sperimentale sa essere letterario e ricercato, mentre il ritrovare se stessi passa per i frutti dell’albero di fico che sembra l’unico essere vivente risparmiato dall’instabilità del tempo.

Ancora una volta entusiasta del catalogo Keller, vi consiglio davvero di recuperarlo se amate le storie familiari dell’Europa orientale!

Qual è il vostro titolo Keller preferito?

venerdì 10 gennaio 2025

Lucertola

Avevo interrotto da un po' la mia lettura dei titoli di Banana Yoshimoto, che nel corso degli ultimi anni ho ripreso in ordine cronologico; ora è arrivato il turno di "Lucertola", pubblicato in Italia da Feltrinelli nel 1995 e due anni prima in Giappone. 

Si tratta di una breve raccolta di sei racconti, che hanno in comune il momento vissuto dai protagonisti: un periodo in bilico delle proprie vite, in cui si trovano a fare i conti con traumi, ricordi o rimossi del loro passato per poter proseguire con la propria esistenza in modo più sereno e soddisfacente.

In "Giovani sposi" incontriamo un ragazzo su un treno della metropolitana, che riflette su quale piega prenderà il proprio matrimonio quando sarà passato il primo periodo, aiutato da una misteriosa creatura in grado di passare dallo stato di senzatetto a donna attraente. 

In "Lucertola", che è tra quelli che ho preferito, una ragazza con doti di guaritrice rivela al giovane che comincia a frequentare il trauma della sua infanzia quando sua madre fu aggredita (e lei è convinta di aver ucciso poi il colpevole con una maledizione), scoprendo che anche il passato di lui è caratterizzato da una tragedia -il suicidio della madre biologica.

In "Spirale" uno scrittore e la sua innamorata confrontano i propri ricordi della loro relazione, mentre lui prende coscienza della differenza tra i loro modi di amare.

In "Sogno con Kimchee" una giovane donna trascorre un periodo di convivenza con la sorella con cui è profondamente a proprio agio, prima di trovare il coraggio di andare ad abitare con il marito (con cui aveva avuto precedentemente una relazione extraconiugale, fino al divorzio di lui).

In "Sangue e acqua" una ragazza che ha vissuto per lungo tempo in campagna all'interno di una setta con i propri genitori, da cui poi ha preso le distanze trasferendosi a Tokyo, riallaccia i contatti con il proprio padre trovando così una nuova serenità e consapevolezza.

In "Strana storia sulla sponda del fiume" una giovane donna che sta per sposarsi con un ragazzo facoltoso, conosciuto al funerale del padre di lui, deve fare i conti con il proprio passato in cui della sessualità aveva fatto un mestiere e con un trauma rimosso della propria infanzia in cui la madre, afflitta da depressione post partum e tradita dal marito, l'aveva gettata neonata nelle acque di un fiume -ma da lì la famiglia aveva trovato nuova pace. 

I testi che mi hanno convinta di più sono anche quelli che occupano qualche pagina in più: "Strana storia sulla sponda del fiume" e "Lucertola", che dà il titolo alla raccolta. Come sempre la lettura dei testi di Banana Yoshimoto sa trasmettermi una grande serenità, anche se non metterò in cima alle mie preferenze questa raccolta di racconti, fin troppo evanescenti per i miei gusti.

Quali titoli dell'autrice avete letto?

giovedì 9 gennaio 2025

Le chiavi di casa

Ormai più di quindici mesi fa è iniziato il genocidio della popolazione della Striscia di Gaza: non mi nascondo chiamandolo in altro modo, non fingiamo di chiamarla guerra quando lo sterminio è a senso unico -e dopo tutto questo tempo, questa distruzione, queste morti, non c'è più spazio per attribuirne ad Hamas la responsabilità.

In "Le chiavi di casa" (che io ho acquistato in edicola, ma che trovate in libreria nella collana Strade Blu di Mondadori) il giornalista Sami Al-Ajrami scrive un diario dei primi sei mesi a Gaza dopo il sette ottobre 2023: gli ordini arbitrari di evacuazione, le bombe che distruggono le case, l'essere tagliati fuori dalle comunicazioni, privati del carburante necessario per far circolare le ambulanze, per estrarre i feriti dalle macerie, per alimentare i generatori degli ospedali, le terapie intensive, le incubatrici dei neonati prematuri.

Racconta la separazione dai propri familiari bloccati in altre zone della Striscia rimaste ancora più isolate, il peregrinare da un luogo all'altro sperando che possa essere considerato sicuro (e scoprendo ogni volta che no, non lo era), la perdita degli amici, dei parenti, il terrore delle proprie figlie che non riescono più a dormire, la fame, quando i camion degli aiuti umanitari non vengono lasciati transitare dal valico di Rafah, quando il poco cibo prodotto non basta più, quando per accaparrarsi una cassa paracadutata dalla Giordania o dall'Egitto si è disposti a uccidere.

Al-Ajrami ora vive in Egitto, grazie ad un crowdfunding è riuscito a far uscire prima di sé le sue due ragazze, ora rifugiate all'estero. Cinquemila dollari per salvarsi la vita, per una popolazione in larghissima parte disoccupata, per una popolazione allo stremo, che non possiede più nulla, che non ha da tempo accesso al contante: nel silenzio della comunità internazionale, che acconsente a un genocidio, che non mette fine a questo orrore.

Non si giudica un'opera quando si legge il diario di Al-Ajrami, che è necessario, perché la verità è sotto i nostri occhi, e non abbiamo scuse, non potremo dire che ne siamo stati all'oscuro. Ho dovuto prendermi diverse pause nel corso di questa lettura, che è straziante, dolorosissima, a volte insopportabile, eppure non mi viene in mente un altro titolo che vorrei altrettanto che in questo momento leggessero tutti. 

Avete già scelto il primo testo palestinese del 2025?

Le creature del buio

Pubblicato nel 1987, dopo due capolavori come "It" e "Misery", "Le creature del buio" di Stephen King non è esattamente all'altezza di chi lo precede: scritto in un periodo di dipendenza da sostanze dell'autore, è lui stesso a non dare pareri generosi sulla propria opera.

Degli elementi interessanti ci sono: la cornice fantascientifica di un disco volante sprofondato in un bosco, lo spettro di Chernobyl nel timore delle radiazioni, la lotta contro l'alcolismo di Gard, uno dei protagonisti -lui che sente il bisogno d'aiuto della sua amica Bobby e si ritrova coinvolto in un incubo che mai avrebbe immaginato.

Non manca l'orrore in questo voluminoso romanzo, la spaventosa mutazione a cui va incontro la comunità di Haven, la misteriosa natura aliena che sembra soggiogarne la volontà e annientarne i corpi; c'è sangue, ci sono denti che cadono, vittime di tortura per generare energia, una scena subìta anche dal cane Peter che inevitabilmente non ho gradito.

Per i lettori più affezionati, qualche irresistibile riferimento ai precedenti romanzi di King attende tra le pagine di essere scoperto: io ho notato Jack del Talismano all'hotel Alhambra, la Bottega dell'Incendiaria, il pagliaccio di It e l'esplicita citazione al film di Shining.

Ci sono però anche dei difetti, per me piuttosto ingombranti: personaggi secondari molto numerosi e poco significativi, un'abbondanza di pagine non del tutto giustificata dal contenuto, che a volte diventa un po' confuso e ripetitivo. Sarà anche che l'elemento alieno non rientra propriamente nei miei gusti...

È tornato a conquistarmi con un dolce momento conclusivo [il fratellino scomparso di Hilly Browne, rimasto in una sorta di limbo su "Altair 4" per colpa delle forze aliene, riappare grazie al sacrificio di Gard che ha liberato Peter, il nonno dei bambini e la sorella di Bobby, prigionieri per alimentare la possessione, e si ricongiunge al fratello maggiore che della sua scomparsa si era sentito responsabile], tuttavia nel complesso non rientrerà tra i miei preferiti dell'autore! A breve toccherà a "La metà oscura", con cui concluderò i titoli degli anni '80.

Qual è l'ultimo romanzo di King che avete letto?

mercoledì 8 gennaio 2025

Città di vetro - Il gigante

Dopo aver letto "Trilogia di New York" di Paul Auster, pubblicato da Einaudi, mi sono ricordata di possedere da tempo immemore la versione a fumetti del primo volume del romanzo, "Città di vetro", adattato da Paul Karasik e David Mazzucchelli, illustrato da quest'ultimo e nato da un'idea di niente meno che Art Spiegelman.

È una versione molto fedele all'opera di Auster: ne riprende alcuni brani in forma integrale, ne rievoca l'ambientazione newyorkese seguendo i passi di Stillman lungo le strade a comporre forme dell'alfabeto, rappresenta la discesa nella confusione e nella follia di Quinn, dal vicolo dove si nasconde come un senza tetto fino all'isolamento in cui riempie le fitte pagine del taccuino rosso, il tutto in tavole in bianco e nero, ricche di balloon, divise in riquadri regolari, a volte perfino tre file di tre dalle identiche dimensioni.

Non avevo provato un colpo di fulmine nei confronti del romanzo di Auster, e il suo adattamento a fumetti non ha cambiato la mia sensazione di tiepido coinvolgimento emotivo e al tempo stesso di ammirazione verso la complessità e l'ambiguità del testo rappresentato; ho vissuto questa lettura come un completamento dell'esperienza precedente, e me ne sono sentita arricchita per quanto non abbia stravolto la mia opinione a riguardo.

L'edizione che possiedo, uscita in edicola con La Repubblica, è corredata anche di un'opera precedente di Mazzucchelli, intitolata "Il gigante", che nella bicromia e nella forma potrebbe sembrare quasi preparatoria -lo trovate pubblicato da Coconino Press con il titolo "Big Man". Si tratta di un racconto toccante, che mi ha fatto pensare a "Uomini e topi" di Steinbeck e a "Il miglio verde" di Stephen King, in cui senza spiegazione alcuna un gigante approda in una piccola comunità di campagna, e la sua diversità viene temuta pur senza averne altre ragioni che non siano apparenti, con le tragiche conseguenze che ci si possono aspettare. Le sequenze sono spesso mute e la presenza espressiva di una bambina, anche lei in qualche modo differente dagli altri e per questo ancor di più in sintonia con il Gigante, è riuscita a commuovermi. Credo che cercherò di approfondire questo autore che non conoscevo!

Avete letto fumetti nell'ultimo periodo?


venerdì 3 gennaio 2025

Finché non aprirai quel libro

Ho iniziato l'anno con un'iniezione di positività, leggendo un romanzo giapponese che mi era stato regalato quando era ancora una novità e poi era rimasto ad attendermi: "Finché non aprirai quel libro" di Michiko Aoyama, pubblicato da Garzanti editore.

Già dal titolo ci rendiamo conto del parallelismo con la popolare serie ambientata nel caffè dove si viaggia nel tempo, di Toshikazu Kawaguchi, e anche la struttura si è rivelata piuttosto simile: si tratta infatti di cinque storie indipendenti, collegate dalla cornice della community house di quartiere e dalla sua biblioteca (e bibliotecaria), con le strade dei protagonisti che ogni tanto si sfiorano.

I cinque personaggi che impareremo a conoscere sono diversi per età, professione e momento che stanno attraversando, ma accomunati dalle difficoltà che vivono, dal disagio che provano dal quale non sanno uscire: abbiamo una giovane commessa, un contabile che sogna di aprire un negozio di antiquariato, una donna appena diventata madre che a causa di ciò è stata demansionata, un ragazzo disoccupato che sognava di diventare un artista e un uomo appena andato in pensione che non si sente più utile alla società.

Tutti loro si recheranno, per ragioni diverse, nella biblioteca del quartiere e qui incontreranno la signora Komachi: una bibliotecaria che realizza piccoli oggetti in lana cardata, che elargisce come "supplemento" alle letture che consiglia a chi si rivolge a lei, lasciando che le pagine e il messaggio contenuto in quei doni cambino le vite di chi ne sente la necessità.

Inutile dirvelo: non troverete un capolavoro della letteratura tra queste pagine. Incontrerete però chi impara a prendersi di nuovo cura di sé cucinando un pandispagna, chi trova l'ispirazione per riscoprire la propria arte o chi decide di fare un mestiere della propria passione per le antichità, chi scopre la poesia e l'importanza del tempo libero, chi trova la pace nel proprio ruolo di madre e di donna lavoratrice nel mondo dell'editoria cambiando luogo di lavoro. 

Insomma, se avete bisogno di una lettura che vi ispiri a prendere in mano la vostra vita, che vi ricordi che avete davanti tutte le possibilità che desiderate se solo vi concedete di crederci, questo è davvero una scelta perfetta: e io l'ho trovato terapeutico e di ispirazione.

Qual è l'ultima lettura che vi ha fatti sentire bene?

Trilogia di New York

Il mio primo incontro con Paul Auster, avvenuto leggendo "Nel paese delle ultime cose", non mi aveva convinta: il punto di vista della protagonista femminile non mi era sembrato convincente, anzi lo avevo trovato irritante e forzato, troppo mediato dallo sguardo maschile dell'autore.

Grazie al gruppo di lettura #Loveyourshelf organizzato da @manumomelibri ho fatto un altro tentativo con "Trilogia di New York", sempre pubblicato da Einaudi, che avevo acquistato anni fa al mercatino dell'usato. Non posso dire che sia entrato tra i miei romanzi del cuore, ma è andata decisamente meglio!

Si tratta di un insieme di tre racconti, indipendenti ma ricchi di richiami interni: il riferimento nel terzo brano ai cognomi utilizzati nel secondo, Quinn e Stillman protagonisti del primo ritornano nell'ultimo. 

In comune hanno poi l'elemento dei protagonisti incaricati di compiti di sorveglianza e risoluzione di un mistero: in Città di vetro Quinn segue le tracce del padre di Stillman, la cui moglie gli ha commissionato l'incarico; in Fantasmi Blue sorveglia Black per conto di White, mentre in La stanza chiusa il protagonista cerca per conto della moglie, inspiegabilmente lasciata, un suo amico d'infanzia di nome Fanshawe.

Anche la presenza degli scrittori e della scrittura, anche rappresentata da un taccuino rosso che compare più volte, è costante: scrive Quinn, ma scrivono anche Black nella sua stanza e Blue che stila rapporti su di lui, Fanshawe ha scritto numerose opere e il protagonista del terzo racconto si trova a scrivere di lui.

"Trilogia di New York" è un'opera complessa e ricca di digressioni su storia e letteratura americana, riflessioni sulla natura delle parole e sull'incomunicabilità, addirittura un elemento di citazione dello stesso Auster e della moglie Siri. Si tratta di tutt'altro che di indagini classiche, composte da indizi, ricerca e risoluzione. Non è stato un colpo di fulmine per me, ma è stata comunque una lettura coinvolgente e stimolante, che sono contenta di aver affrontato!

Quali titoli dell'autore mi consigliate di scoprire?

Signor Malaussène

Quarto volume della saga di Daniel Pennac iniziata con "Il paradiso degli orchi", "Signor Malaussène", sempre pubblicato da Feltrinelli, non deluderà affatto gli estimatori dei volumi precedenti.

Insieme a Benjamin e alla sua numerosa ed eccentrica famiglia torniamo tra i colori, i profumi e i sapori di Belleville, senza farci mancare il giallo: questa volta ruota attorno alle prostitute che suor Gervaise ha allontanato dalla vita di strada, ma che diventano vittime di un killer interessato ad appropriarsi dei tatuaggi a soggetto religioso che lei stessa ha realizzato per coprirne di precedenti.

Ritroviamo Benjamin e Julie in un momento particolarmente importante delle loro vite, in attesa del loro primo bambino: inutile dire che non tutto andrà liscio, come non mancheranno di segnalare le crisi epilettiche del cane Julius, mentre Jéremy mette in scena la storia della famiglia al cinema Zebre e un illusionista torna dal passato di Julie a seminare il panico nel quartiere. 

Difficile riassumere le trame di Pennac, che non sono in fondo l'elemento più importante: quella che spicca è la creatività, il mosaico di personaggi e di avventure, delle improbabili soluzioni trovate per disguidi ancora più surreali. Anche questa volta ho provato il puro piacere della lettura, di un intrattenimento mai noioso, dove la sospensione dell'incredulità viene naturale e si prova per i protagonisti l'affetto che si sente per gli amici. 

Questo avrebbe potuto essere il capitolo conclusivo del ciclo Malaussène, che invece si è popolata poi di diversi altri volumi: non mi resta che scoprire cosa mi aspetta ancora!

A quale volume della serie siete arrivati?