lunedì 8 giugno 2020

Misery

Che Stephen King sia uno dei miei autori preferiti ormai non è un mistero per chi frequenta questo blog. Molti anni fa, quando ero al liceo, lessi "Misery" e poi commisi l'imprudenza di prestare la mia copia -non ricordo a quale compagna di classe- che non me la restituì mai più. Avendo ormai perso le speranze di riaverla, quest'anno ho deciso di ricomprare "Misery" -e di rileggerlo.



Titolo: Misery
Autore: Stephen King
Anno della prima edizione:
Casa editrice:
Traduttore:
Pagine: 




LA STORIA


Paul Sheldon è un affermato scrittore, famoso soprattutto per la sua serie di romanzi rosa dedicati al personaggio di Misery -a cui ha deciso di porre fine con la morte della protagonista.
Tra le ammiratrici di Paul c’è Annie Wilkes; il caso vuole che una notte, alterato dall’alcool, Paul abbia un incidente lungo una strada poco battuta del Colorado e sia proprio Annie a trovarlo. Tuttavia, invece di portarlo in ospedale, Annie lo sequestra in casa sua… costringendolo tutt’altro che con le buone a riportare in vita Misery.


COSA NE PENSO


Stephen King scrisse Misery nei primi anni Ottanta, in un periodo di profonda dipendenza dall'alcol e dalle droghe; trovò l'ispirazione in un sogno che fece in aereo mentre con la moglie si recava a Londra, e lo scrisse di getto, nella notte, ad una scrivania nella hall dell'albergo -la stessa a cui pare fosse morto Kipling.
Allora, benché fossi quasi costantemente imbottito di droghe e annegato nell'alcol, a scrivere quel romanzo me la sono spassata un mondo. (Stephen King, On Writing)

In Misery, l’orrore a cui Stephen King ci ha abituato non ha alcuna componente soprannaturale: non ci sono creature fantastiche come ne “Le notti di Salem”, non ci sono poteri paranormali come in “Carrie”, non ci sono cadaveri riportati in vita come in “Pet Sematary”. In “Misery” l’orrore è del tutto umano, e sta nella brutalità con cui Annie si accanisce sulla psiche e sul corpo di Paul, nella tensione che pervade il romanzo, nella cattività in cui Paul è costretto a subire violenze inimmaginabili. 


Come in “Pet Sematary” King ha saputo raccontare l’esperienza del lutto e della sua necessaria ma dolorosa elaborazione, in“Misery” racconta la malattia mentale attraverso il personaggio di Annie. Questa ex infermiera ha un passato complesso, una vita segnata dalle crisi di cui è vittima e che non sa controllare; nel suo isolamento Annie perde il contatto con la realtà, preda di allucinazioni e manie persecutorie, al punto di concepire la morte come una liberazione -perlomeno quella altrui. 
Annie Wilkes, l'infermiera che tiene prigioniero Paul Sheldon in Misery, può sembrare una psicopatica a noi, ma è importante ricordare che lei si vede perfettamente equilibrata e razionale; è, anzi, una donna minacciata che cerca di sopravvivere a un mondo ostile pieno di burbe e caccolicchi. La vediamo passare attraverso pericolosi cambi di umore, ma ho cercato di non scrivere mai frasi esplicite come: «Quel giorno Annie era depressa, forse con inclinazioni suicide», oppure: «Quel giorno Annie sembrava particolarmente felice». Se sono io a dovervelo dire, ho perso. Se viceversa vi presento una donna taciturna e dai capelli sporchi che fagocita dolci con accanimento, spingendovi a concludere che Annie è nella fase depressiva di un ciclo maniaco-depressivo, vinco. E se sono capace, anche per breve tempo, di offrirvi uno scorcio del mondo attraverso gli occhi di Annie Wilkes, se riesco a farvi comprendere la sua follia, allora forse faccio di lei un personaggio con il quale simpatizzare o nel quale persino identificarsi. (Stephen King, On Writing)

L’intero romanzo ruota attorno a Paul e Annie: nonostante i protagonisti non siano ragazzi -e sappiamo dalla lettura di “It” che nel caratterizzare i più giovani il talento di King è pressocché insuperabile- ci troviamo davanti a due personaggi ben costruiti, il cui contrasto dà vita a una relazione carceriere-vittima del tutto credibile.
L’ambientazione è il microcosmo costituito dalla stanza in cui lPaul è tenuto prigioniero; raramente si allarga all’intero piano dell’abitazione, e non ne oltrepassa mai i confini. Il lettore vi è confinato quanto Paul, l’angoscia e una sensazione di claustrofobica oppressione sono palpabili pagina dopo pagina.
Scoprì tre cose quasi simultaneamente, dieci giorni circa dopo essere uscito dalla nube scura. La prima era che Annie Wilkes aveva un'ingente scorta di Novril (nonché di molti altri medicinali di vario genere). La seconda era che lui aveva sviluppato dipendenza dal Novril. La terza, che Annie Wilkes era pericolosamente pazza.

“Misery” non è però solamente un romanzo sulla prigionia, bensì è anche un romanzo sulla scrittura: fa parte una lunga serie di testi di King in cui i suoi protagonisti sono scrittori come lui, e proprio al potere dello scrivere dà voce attraverso il punto di vista di Paul -l’unico a cui il narratore, in terza persona ma onnisciente, dia voce.
Sarebbe lecito domandarsi, immagino, se il Paul Sheldon diMisery sono io. Di certo sono io in alcune parti... ma credo che scoprireste, continuando a scrivere, che ogni personaggio che create è in parte voi. (Stephen King, On writing)

La scrittura infatti tiene in vita Paul ben più delle pillole per il dolore da cui diviene in breve tempo dipendente; sebbene ridare vita al personaggio di Misery sia all’inizio un obbligo impostogli da Annie, pagina dopo pagina diventa il senso delle sue giornate, il fulcro a cui la sua sopravvivenza ruota attorno nonostante le sofferenze a cui è sottoposto -oltre al desiderio di vendetta nei confronti della sua carceriera, che si mescola al terrore che prova nei suoi confronti.
Perché gli scrittori ricordano tutto, Paul. Specialmente quello che fa male. Denuda uno scrittore, indicagli tutte le sue cicatrici e saprà raccontarti la storia di ciascuna di esse, anche della più piccola. E dalle più grandi avrai romanzi, non amnesie. Un briciolo di talento è un buon sostegno, se si vuol diventare scrittori, ma l'unico autentico requisito è la capacità di ricordare la storia di ciascuna cicatrice.  

“Misery” è più di tutto un romanzo che appassiona: impossibile posarlo, impossibile non provare una bruciante curiosità nei confronti del destino del povero Paul. In “Misery” ci sono momenti in cui la tensione arriva al punto di far avvertire la necessità di interrompere la lettura per riprendere fiato, per ritornare alla confortevole realtà e ricordarsi di non essere prigionieri di Annie Wilkes in una fattoria del Colorado: proprio per questo “Misery” è un romanzo potente e davvero riuscito
Se amate i romanzi di Stephen King, non potete perdervelo; se invece dovete ancora avvicinarvi a questo autore, potrebbe essere un ottimo modo per cominciare! 

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