Nel 2019, rispetto agli anni precedenti, ho scelto le mie letture con maggiore attenzione -anche se nel 2020 ho intenzione di impegnarmi ancora di più nella selezione. Il risultato di queste scelte più ponderate è stato l'aver letto moltissimi libri che mi hanno colpita, emozionata, soddisfatta: e la diretta conseguenza di ciò è stata l'estrema difficoltà di selezionare dieci per questa sorta di classifica dei preferiti dell'anno.
Inizio con due titoli italiani che sono stati tra le più grandi sorprese del 2019. Il primo è "Resto qui" di Marco Balzano, un romanzo intenso, con una protagonista femminile davvero ben costruita, che racconta una pagina di storia di cui non conoscevo nulla se non il campanile al centro del lago di Resia: la storia di Curon e della costruzione di una diga che ha finito per cancellare paesi interi.
Il secondo titolo italiano è "Carnaio" di Giulio Cavalli, finalista al Premio Campiello di quest'anno, che ha saputo raccontare le migrazioni contemporanee in una chiave molto diversa da quelle a cui siamo già abituati. Attraverso un racconto che assume le tinte dell'orrore Cavalli racconta gli abissi di cui l'umanità è capace, e non si discosta poi così tanto dalla realtà...
Il terzo libro assolutamente imperdibile è opera di un autore che anche nel 2018 avevo inserito tra le migliori letture dell'anno: si tratta dello statunitense Kent Haruf, che ambientava le proprie opere a Holt, nello stato del Colorado. Mentre l'anno scorso mi ero innamorata della sua Trilogia della pianura, in particolare di "Canto della pianura", ad avermi rubato il cuore nel 2019 è stato "Le nostre anime di notte": un romanzo poetico e delicato, dove l'intensità dei sentimenti è così forte da sentirsi parte della storia insieme ai suoi protagonisti.
Due romanzi della lista hanno poi qualcosa in comune: il tema del razzismo negli Stati Uniti, in particolare nell'epoca in cui la schiavitù non era ancora stata abolita o la sua abolizione era un fenomeno estremamente recente.
Sono infatti afroamericani i protagonisti di "Amatissima" di Toni Morrison, capolavoro dell'autrice premio Nobel recentemente scomparsa, e di "Canta, spirito, canta" di Jesmyn Ward, secondo volume della Trilogia di Bois Savage -preceduto da "Salvare le ossa", titolo che avevo inserito tra i migliori del 2018.
In comune questi due romanzi non hanno soltanto l'etnia dei protagonisti e l'argomento della questione razziale, ma anche il realismo magico che fa coesistere personaggi vivi e vegeti ad altri da tempo scomparsi, che però non abbandonano le loro vite e si mettono in qualche modo in comunicazione con loro.
Il tema del razzismo è presente anche nel sesto romanzo di questo articolo (che non è in alcun modo una classifica), "Metà di un sole giallo" dell'autrice nigeriana Chimamanda Ngozi Adichie. Oltre a raccontare le storie di una famiglia, in particolare di due sorelle molto diverse tra loro, il grande pregio di questo romanzo è saper dare voce alla lotta per l'indipendenza del Biafra ed alla carestia con cui la Nigeria sterminò la sua popolazione per costringerla alla resa. Chimamanda Ngozi Adichie è un'autrice di cui ho già letto e apprezzato diverse opere (trovate qui la recensione del suo romanzo d'esordio, "L'ibisco viola", e qui quella del breve saggio "Dovremmo essere tutti femministi"), ma "Metà di un sole giallo" è di certo quella che mi ha convinta di più.
Decisamente meno impegnativo per quanto riguarda la tematica è "L'ombra del vento" di Carlos Ruiz Zafón, che non ho letto per la prima volta quest'anno ma ho riletto in occasione di un viaggio a Barcellona. Diversi anni fa, in occasione della sua uscita, lo avevo acquistato al supermercato e lo avevo letto in pochissimo tempo; questa rilettura che ha accompagnato la mia vacanza però lo ha reso più magico, di certo grazie alla vista della città che nel romanzo di Zafón è quasi un ulteriore personaggio, più che un semplice sfondo dove ambientare le vicende. In più il Cimitero dei libri dimenticati è il sogno di ogni lettore... anche se non credo avrei saputo limitarmi alla scelta di un volume soltanto!
In contrasto alla mole piuttosto voluminosa de "L'ombra del vento", ottavo romanzo preferito del 2019 è il brevissimo "Destinatario sconosciuto": un racconto lungo che risale agli anni '30 del Novecento, scritto durante l'ascesa del Nazismo in Germania. In pochissime pagine l'autrice Katherine Kressman Taylor racconta attraverso le lettere di Martin e Max come l'ideologia nazista era in grado di infiltrarsi nei rapporti umani e rovinare anche le amicizie più solide e di lunga data. Non aspettatevi però soltanto un romanzo epistolare: ciò che rende memorabile questo sottile libriccino è il colpo di scena con cui la scrittrice lo chiude magistralmente, lasciando il lettore a dir poco senza parole. Comprendete da voi che non posso aggiungere nulla, o vi rovinerei irrimediabilmente la lettura...
Gli ultimi due titoli di questo elenco non sono romanzi. Il nono è infatti una raccolta di
racconti, dalla penna di quello che è stato il mio autore del cuore quando ero adolescente e che ho provato il desiderio di riscoprire da adulta: J.D. Salinger.
Nel 2018 vi avevo consigliato tra i migliori fumetti dell'anno "Il mio Salinger", che aveva risvegliato in me l'urgenza di recuperare l'opera omnia dello scrittore; quest'anno eccoci qui con i "Nove racconti", una prova di incredibile talento che dà voce ad una varietà di personaggi, spesso bambini o giovani adulti. Compaiono qui per la prima volta alcuni membri della famiglia Glass, che saranno approfonditi in lavori successivi; ma soprattutto emerge la capacità di caratterizzare protagonisti e storie con poche, impeccabili frasi.
Ultimo ma non per importanza "Dimmi come va a finire" di Valeria Luiselli, autrice di origine messicana che ha riscosso nel 2019 grande attenzione con il suo ultimo romanzo "Archivio dei bambini perduti" (di cui vi parlerò a breve).
In questa opera breve ed incisiva la scrittrice ed interprete rielabora il questionario composto da quaranta domande che nel suo incarico al tribunale deve porre ai minori non accompagnati che varcano la frontiera tra Messico e Stati Uniti. Crea così un libro che non è soltanto letterario, ma è lo spunto per riflettere sulle politiche statunitensi e sulle assurdità che ricadono sui migranti più indifesi. È difficile trovare le parole per commentare questo saggio sui generis, che ad ogni pagina è un vero e proprio pugno allo stomaco: per gli amanti dei libri che si occupano dell'attualità, ma anche per tutti i semplici cittadini del mondo questa è davvero una lettura necessaria.
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